Convegno nazionale del Cnv dal 3 al 5 gennaio
a cura di Luigi CRIMELLA
Redazione
«Quanti pani avete? Andate a vedere…» è il titolo del convegno nazionale promosso a Roma, dal 3 al 5 gennaio, dal Centro nazionale vocazioni (Cnv). Rivolto in particolare agli animatori vocazionali di diocesi, parrocchie, istituti, seminari, avrà – tra gli altri – come relatori i vescovi Francesco Lambiasi e Arturo Aiello, la biblista Rosanna Virgili, la teologa Stella Morra, il monaco Anselm Grun. In programma anche tavole rotonde e laboratori per seminaristi. Don Nico Dal Molin, direttore del Cnv, illustra il convegno e i suoi temi.
“Quanti pani avete? Andate a vedere…” è il titolo del convegno. Perché questa scelta?
Il tema del Convegno si identifica con lo slogan scelto dal Cnv per la celebrazione della 48ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il prossimo 15 maggio 2011. Benedetto XVI ci propone per la riflessione e la preghiera un tema quanto mai stimolante: “L’annuncio vocazionale nella Chiesa locale”. Ciò significa riscoprire la comunità cristiana come foyer, in cui la fiamma arde e dona luce e calore. La tematica che il convegno sviluppa, e lo slogan della Giornata, prendono spunto dal Vangelo secondo Marco 6,33-44, in cui si racconta il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Qual è il vostro modello o destinatario ideale?
Il nostro modello è un ragazzo senza nome e senza volto, che dona ciò che ha per vivere e innesca così la spirale prodigiosa della condivisione. Il vero problema del nostro mondo non è solo la povertà del pane (che comunque esiste), ma anche la povertà di quel lievito che possa essere reale fermento di Dio.
Nel “decennio dell’educazione” 2010-20 come si colloca la proposta vocazionale?
Credo che gli “Orientamenti pastorali” per il prossimo decennio possano essere un’ottima rampa di lancio, una specie di Cape Canaveral da cui lanciare in orbita la nostra navetta spaziale “vocazionale”, con le sue progettualità, le sue aspettative, le sue idealità. Il nostro obiettivo è la “crescita di una nuova cultura vocazionale”, che sola può essere il terreno fecondo in cui il Seminatore esce a seminare.
Come infondere maggiore consapevolezza vocazionale nella comunità cristiana?
Non è facile scalfire la resistenza che spesso permea le nostre comunità, di fronte a una maggiore sensibilità vocazionale. Jacques Le Goff ha scritto un saggio molto interessante dal titolo Dal tempo del campanile al tempo del mercante. Il tempo del campanile lo potremmo identificare quando le vocazioni maturavano quasi in maniera spontanea e immediata nelle nostre comunità. Si è passati poi, in maniera non sempre riflessa, al tempo del mercante, che ha un prodotto da mettere sul mercato, cercando di studiare le migliori strategie per fare della pastorale vocazionale un valido marketing. Credo sia giunto il momento che potremmo definire come il tempo del lampionaio: mi ritornano alla memoria i racconti dell’infanzia, come fotografie poetiche e sbiadite di quei lampionai che sul far della sera andavano per paesi e città ad accendere i lampioni a gas lungo le strade. È tempo di tornare a essere coloro che “accendono i cuori di passione e di speranza”.
Quale tipo di proposte vocazionali esprimono le associazioni e i movimenti?
Direi, in maniera molto semplice, che le proposte formative di associazioni e movimenti dovrebbero costituire il retroterra fecondo per una crescita umana e di fede su cui innestare l’annuncio e la proposta vocazionale. In realtà, in alcune situazioni, questo si traduce anche in appelli e scelte vocazionali molto concrete, che da una parte esprimono la vitalità di queste esperienze e dall’altra evidenziano il rischio che siano vocazioni che si giocano a beneficio del movimento, più che in una forma di servizio ecclesiale a 360 gradi. È quindi essenziale un accompagnamento e discernimento vocazionale saggi, discreti, ma soprattutto vissuti nella gratuità.
Esistono specifiche proposte di orientamento vocazionale rivolte alle famiglie, perché sappiano cogliere le predisposizioni e potenzialità presenti nei figli?
In questi ultimi due anni abbiamo lavorato molto insieme alla Pastorale familiare, per far maturare una sensibilità ecclesiale verso il grande “sì” d’amore che coinvolge sia la vita di coppia, sia la vita consacrata. La famiglia va riscoperta come reale scelta vocazionale; solo così essa può tornare a essere “grembo di vocazioni”, attenta nel favorirle e nell’accoglierle come una benedizione e non con la paura diffusa di vedere frantumate le proprie aspettative sui figli. «Quanti pani avete? Andate a vedere…» è il titolo del convegno nazionale promosso a Roma, dal 3 al 5 gennaio, dal Centro nazionale vocazioni (Cnv). Rivolto in particolare agli animatori vocazionali di diocesi, parrocchie, istituti, seminari, avrà – tra gli altri – come relatori i vescovi Francesco Lambiasi e Arturo Aiello, la biblista Rosanna Virgili, la teologa Stella Morra, il monaco Anselm Grun. In programma anche tavole rotonde e laboratori per seminaristi. Don Nico Dal Molin, direttore del Cnv, illustra il convegno e i suoi temi.“Quanti pani avete? Andate a vedere…” è il titolo del convegno. Perché questa scelta?Il tema del Convegno si identifica con lo slogan scelto dal Cnv per la celebrazione della 48ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il prossimo 15 maggio 2011. Benedetto XVI ci propone per la riflessione e la preghiera un tema quanto mai stimolante: “L’annuncio vocazionale nella Chiesa locale”. Ciò significa riscoprire la comunità cristiana come foyer, in cui la fiamma arde e dona luce e calore. La tematica che il convegno sviluppa, e lo slogan della Giornata, prendono spunto dal Vangelo secondo Marco 6,33-44, in cui si racconta il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.Qual è il vostro modello o destinatario ideale?Il nostro modello è un ragazzo senza nome e senza volto, che dona ciò che ha per vivere e innesca così la spirale prodigiosa della condivisione. Il vero problema del nostro mondo non è solo la povertà del pane (che comunque esiste), ma anche la povertà di quel lievito che possa essere reale fermento di Dio.Nel “decennio dell’educazione” 2010-20 come si colloca la proposta vocazionale?Credo che gli “Orientamenti pastorali” per il prossimo decennio possano essere un’ottima rampa di lancio, una specie di Cape Canaveral da cui lanciare in orbita la nostra navetta spaziale “vocazionale”, con le sue progettualità, le sue aspettative, le sue idealità. Il nostro obiettivo è la “crescita di una nuova cultura vocazionale”, che sola può essere il terreno fecondo in cui il Seminatore esce a seminare.Come infondere maggiore consapevolezza vocazionale nella comunità cristiana?Non è facile scalfire la resistenza che spesso permea le nostre comunità, di fronte a una maggiore sensibilità vocazionale. Jacques Le Goff ha scritto un saggio molto interessante dal titolo Dal tempo del campanile al tempo del mercante. Il tempo del campanile lo potremmo identificare quando le vocazioni maturavano quasi in maniera spontanea e immediata nelle nostre comunità. Si è passati poi, in maniera non sempre riflessa, al tempo del mercante, che ha un prodotto da mettere sul mercato, cercando di studiare le migliori strategie per fare della pastorale vocazionale un valido marketing. Credo sia giunto il momento che potremmo definire come il tempo del lampionaio: mi ritornano alla memoria i racconti dell’infanzia, come fotografie poetiche e sbiadite di quei lampionai che sul far della sera andavano per paesi e città ad accendere i lampioni a gas lungo le strade. È tempo di tornare a essere coloro che “accendono i cuori di passione e di speranza”.Quale tipo di proposte vocazionali esprimono le associazioni e i movimenti?Direi, in maniera molto semplice, che le proposte formative di associazioni e movimenti dovrebbero costituire il retroterra fecondo per una crescita umana e di fede su cui innestare l’annuncio e la proposta vocazionale. In realtà, in alcune situazioni, questo si traduce anche in appelli e scelte vocazionali molto concrete, che da una parte esprimono la vitalità di queste esperienze e dall’altra evidenziano il rischio che siano vocazioni che si giocano a beneficio del movimento, più che in una forma di servizio ecclesiale a 360 gradi. È quindi essenziale un accompagnamento e discernimento vocazionale saggi, discreti, ma soprattutto vissuti nella gratuità.Esistono specifiche proposte di orientamento vocazionale rivolte alle famiglie, perché sappiano cogliere le predisposizioni e potenzialità presenti nei figli?In questi ultimi due anni abbiamo lavorato molto insieme alla Pastorale familiare, per far maturare una sensibilità ecclesiale verso il grande “sì” d’amore che coinvolge sia la vita di coppia, sia la vita consacrata. La famiglia va riscoperta come reale scelta vocazionale; solo così essa può tornare a essere “grembo di vocazioni”, attenta nel favorirle e nell’accoglierle come una benedizione e non con la paura diffusa di vedere frantumate le proprie aspettative sui figli.