Nel giorno dell'Epifania, in Duomo la Messa dei popoli. Parla don Giancarlo Quadri: «Non possiamo discriminare. Il cristiano è uomo di buona volontà, cerca ciò che unisce. In Cristo ci riconosciamo fratelli»
di Pino NARDI
Redazione
«Una sola famiglia umana»: Benedetto XVI offre alla riflessione un passaggio chiaro, «un legame profondo con l’altro differente da me, basato sul semplice fatto di essere uomini». E questo sarà il filo conduttore dell’Epifania 2011: appuntamento giovedì 6 gennaio alle 17.30 in Duomo, con la Messa dei Popoli presieduta dal cardinal Tettamanzi.
Don Giancarlo Quadri è il responsabile diocesano della Pastorale dei migranti: ha accolto con entusiasmo le parole del Papa, perché colgono il nucleo della testimonianza del Vangelo, che supera diversità, paure, etichette, polemiche strumentali, per vedere nell’immigrato una persona.
Don Quadri, «una sola famiglia umana» è il messaggio dell’Epifania di quest’anno. Perché lo avete scelto?
Abbiamo preso la frase dalla Lettera del Papa per la Giornata nazionale migranti che si celebrerà il 16 gennaio. Questa affermazione e la prima parte del suo messaggio, secondo me, sono fantastiche. Esiste una familiarità con i migranti, che è nata prima di tutto dalla nostra natura umana. Questo è molto importante e a volte lo stiamo dimenticando anche noi. Tutta l’umanità è una. Come purtroppo avviene molto spesso, non possiamo discriminare, distinguere: questi sono ucraini, africani, sudamericani, rom… No, non è possibile, perché il cristiano è un uomo di buona volontà, cerca ciò che unisce. Credo che sia questo il contenuto profondo della celebrazione dell’Epifania che vogliamo fare insieme: Cristo è venuto a mostrarci la profondità della natura umana e noi in Cristo ci riconosciamo fratelli.
Eppure, ancora oggi, spesso i segnali non sono positivi verso gli immigrati…
Infatti, salta immediatamente agli occhi quando vediamo le discriminazioni di fatto. Purtroppo nei Paesi europei di immigrazione recente, le discriminazioni si stanno approfondendo anziché diminuire, cioè stiamo camminando verso divisioni e non verso l’unità. Non dobbiamo dimenticare che si fa ancora molta fatica ad accettare il diverso, l’immigrato che viene qui nella povertà, ma anche nella diversità. Non è solo la povertà che discrimina, è proprio la semplice diversità.
Allora occorre puntare sulle nuove generazioni di immigrati?
Sì, l’idea su cui vogliamo puntare in questa Epifania è proprio di approfondire e migliorare i nostri progetti di integrazione, di vita insieme, ciascuno con le proprie diversità. Ci sono elementi che fanno riflettere come l’aumento esponenziale della presenza di minori stranieri tra di noi. Quando si parla dei bambini, dei giovani, è ridicolo però attaccare la parola “straniero”: cos’ha un bimbo nato in Italia per essere considerato straniero? Dobbiamo alimentare la nostra fantasia e approfondire i progetti di integrazione soprattutto sui bambini, sugli adolescenti e sui giovani e per le loro famiglie.
L’Incontro mondiale del 2012 può rappresentare un’occasione positiva in questo senso?
Il Cardinale ci ha affidato il compito di preparare l’Incontro delle famiglie del 2012 a Milano con una riflessione sull’essere famiglia immigrata con tutti i problemi dell’immigrazione. Sono tanti ormai i temi che pone soprattutto all’Italia, ma anche a tutta l’Europa, la presenza del migrante come facente ormai parte della famiglia europea e italiana. Credo che la separazione, la divisione, la discriminazione oggi non abbia più veramente senso e dipenderà molto dal mostrare la positività della presenza degli immigrati, dei loro progetti, del modo di vivere qui nella nuova nazione.
C’è un’evoluzione positiva nella comunità cristiana oppure si fa fatica, come nella società, ad accettare questa presenza?
Partiamo dal positivo. Credo che ci sia davvero un’evoluzione, per esempio, nella scelta dei prossimi Consigli pastorali parrocchiali a ottobre. Abbiamo già presente un’infinita schiera di nomi che potrebbero essere eletti. Con le comunità filippine e non solo, abbiamo preparato un numero abbastanza alto di catechisti, che magari lo erano già nel loro Paese e che adesso potrebbero essere impegnati nelle nostre parrocchie oppure come facilitatori del tempo libero negli oratori. La comunità cristiana, le stesse famiglie e i gruppi familiari di moltissime parrocchie potrebbero entrare in contatto con i nuclei familiari immigrati. Sono tutte opportunità che abbiamo pronte, esaminato e approfondito in questi anni. Cosa manca? Manca anche un po’ l’accettazione dall’altra parte: questo bisogna dirlo e anche ovviamente nella massa poi c’è sempre la pecorella nera, ma se ci fermiamo a queste allora siamo finiti. Dal 2011 è il momento di accogliere in modo molto propositivo migranti che possono prendere il loro posto nelle realtà parrocchiali.
Come Pastorale dei migranti quest’anno state portando avanti un progetto, in particolare nella zona di Melegnano. In cosa consiste?
Abbiamo già incontrato tutti i sacerdoti nei diversi decanati e nei gruppi, lasciando a loro l’idea di come procedere. Da dopo Natale fino a Pasqua cercheremo di incontrare i Consigli pastorali soprattutto decanali, ma anche quelli parrocchiali che ci chiameranno: con un nostro gruppetto di persone possiamo andare il sabato sera per una conferenza e la domenica per la celebrazione della Messa in modo da sensibilizzare la comunità cristiana. Ovviamente dopo Pasqua cercheremo di organizzare la Festa delle Genti in un luogo che ancora non abbiamo definito.
È stato lanciato il nuovo bando di “Immicreando”: la cultura come forma di integrazione e valorizzazione delle tradizioni di queste persone?
È veramente una bella iniziativa. È appena uscito il libro che raccoglie gli elaborati degli ultimi quattro anni. Vedo che il concorso di “Immicreando”, come le scuole di italiano per stranieri e le diverse espressioni culturali sono utilissimi alle necessità dell’integrazione e del vivere insieme. «Una sola famiglia umana»: Benedetto XVI offre alla riflessione un passaggio chiaro, «un legame profondo con l’altro differente da me, basato sul semplice fatto di essere uomini». E questo sarà il filo conduttore dell’Epifania 2011: appuntamento giovedì 6 gennaio alle 17.30 in Duomo, con la Messa dei Popoli presieduta dal cardinal Tettamanzi.Don Giancarlo Quadri è il responsabile diocesano della Pastorale dei migranti: ha accolto con entusiasmo le parole del Papa, perché colgono il nucleo della testimonianza del Vangelo, che supera diversità, paure, etichette, polemiche strumentali, per vedere nell’immigrato una persona.Don Quadri, «una sola famiglia umana» è il messaggio dell’Epifania di quest’anno. Perché lo avete scelto?Abbiamo preso la frase dalla Lettera del Papa per la Giornata nazionale migranti che si celebrerà il 16 gennaio. Questa affermazione e la prima parte del suo messaggio, secondo me, sono fantastiche. Esiste una familiarità con i migranti, che è nata prima di tutto dalla nostra natura umana. Questo è molto importante e a volte lo stiamo dimenticando anche noi. Tutta l’umanità è una. Come purtroppo avviene molto spesso, non possiamo discriminare, distinguere: questi sono ucraini, africani, sudamericani, rom… No, non è possibile, perché il cristiano è un uomo di buona volontà, cerca ciò che unisce. Credo che sia questo il contenuto profondo della celebrazione dell’Epifania che vogliamo fare insieme: Cristo è venuto a mostrarci la profondità della natura umana e noi in Cristo ci riconosciamo fratelli.Eppure, ancora oggi, spesso i segnali non sono positivi verso gli immigrati…Infatti, salta immediatamente agli occhi quando vediamo le discriminazioni di fatto. Purtroppo nei Paesi europei di immigrazione recente, le discriminazioni si stanno approfondendo anziché diminuire, cioè stiamo camminando verso divisioni e non verso l’unità. Non dobbiamo dimenticare che si fa ancora molta fatica ad accettare il diverso, l’immigrato che viene qui nella povertà, ma anche nella diversità. Non è solo la povertà che discrimina, è proprio la semplice diversità.Allora occorre puntare sulle nuove generazioni di immigrati?Sì, l’idea su cui vogliamo puntare in questa Epifania è proprio di approfondire e migliorare i nostri progetti di integrazione, di vita insieme, ciascuno con le proprie diversità. Ci sono elementi che fanno riflettere come l’aumento esponenziale della presenza di minori stranieri tra di noi. Quando si parla dei bambini, dei giovani, è ridicolo però attaccare la parola “straniero”: cos’ha un bimbo nato in Italia per essere considerato straniero? Dobbiamo alimentare la nostra fantasia e approfondire i progetti di integrazione soprattutto sui bambini, sugli adolescenti e sui giovani e per le loro famiglie.L’Incontro mondiale del 2012 può rappresentare un’occasione positiva in questo senso?Il Cardinale ci ha affidato il compito di preparare l’Incontro delle famiglie del 2012 a Milano con una riflessione sull’essere famiglia immigrata con tutti i problemi dell’immigrazione. Sono tanti ormai i temi che pone soprattutto all’Italia, ma anche a tutta l’Europa, la presenza del migrante come facente ormai parte della famiglia europea e italiana. Credo che la separazione, la divisione, la discriminazione oggi non abbia più veramente senso e dipenderà molto dal mostrare la positività della presenza degli immigrati, dei loro progetti, del modo di vivere qui nella nuova nazione.C’è un’evoluzione positiva nella comunità cristiana oppure si fa fatica, come nella società, ad accettare questa presenza?Partiamo dal positivo. Credo che ci sia davvero un’evoluzione, per esempio, nella scelta dei prossimi Consigli pastorali parrocchiali a ottobre. Abbiamo già presente un’infinita schiera di nomi che potrebbero essere eletti. Con le comunità filippine e non solo, abbiamo preparato un numero abbastanza alto di catechisti, che magari lo erano già nel loro Paese e che adesso potrebbero essere impegnati nelle nostre parrocchie oppure come facilitatori del tempo libero negli oratori. La comunità cristiana, le stesse famiglie e i gruppi familiari di moltissime parrocchie potrebbero entrare in contatto con i nuclei familiari immigrati. Sono tutte opportunità che abbiamo pronte, esaminato e approfondito in questi anni. Cosa manca? Manca anche un po’ l’accettazione dall’altra parte: questo bisogna dirlo e anche ovviamente nella massa poi c’è sempre la pecorella nera, ma se ci fermiamo a queste allora siamo finiti. Dal 2011 è il momento di accogliere in modo molto propositivo migranti che possono prendere il loro posto nelle realtà parrocchiali.Come Pastorale dei migranti quest’anno state portando avanti un progetto, in particolare nella zona di Melegnano. In cosa consiste?Abbiamo già incontrato tutti i sacerdoti nei diversi decanati e nei gruppi, lasciando a loro l’idea di come procedere. Da dopo Natale fino a Pasqua cercheremo di incontrare i Consigli pastorali soprattutto decanali, ma anche quelli parrocchiali che ci chiameranno: con un nostro gruppetto di persone possiamo andare il sabato sera per una conferenza e la domenica per la celebrazione della Messa in modo da sensibilizzare la comunità cristiana. Ovviamente dopo Pasqua cercheremo di organizzare la Festa delle Genti in un luogo che ancora non abbiamo definito.È stato lanciato il nuovo bando di “Immicreando”: la cultura come forma di integrazione e valorizzazione delle tradizioni di queste persone?È veramente una bella iniziativa. È appena uscito il libro che raccoglie gli elaborati degli ultimi quattro anni. Vedo che il concorso di “Immicreando”, come le scuole di italiano per stranieri e le diverse espressioni culturali sono utilissimi alle necessità dell’integrazione e del vivere insieme. – – Il manifesto (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2010/Manifesto_11.pdf) – Il libro/1: punti di vista per riflettere – Il libro/2: la vita in un racconto