di Paola PESSINA Membro del Consiglio pastorale diocesano
Redazione
Ci siamo: si parte. E niente affatto da lontano, sia considerando l’itinerario già percorso nei tre precedenti anni pastorali, dedicati proprio alla famiglia, sia valutando la necessità – e la raccomandazione del Papa – di far sì che l’Incontro mondiale delle famiglie sia preparato da un cammino verso Milano 2012. La presa di coscienza è stata avviata in ciascuna delle sette Zone pastorali, che hanno innanzitutto consigliato di aprire – attrezzandosi ad accompagnarlo – un percorso di ricognizione e di sensibilizzazione delle realtà che già ora all’interno di ciascun Decanato operano sul fronte della pastorale familiare: i racconti di Milano 2012 non saranno infatti destinati alle famiglie, ma scambiati tra famiglie. Bisogna dunque imparare a raccontare il modo in cui da famiglie cristiane, immerse come ogni altra famiglia nel contesto dei nostri tempi e dei nostri ambienti di vita, conciliamo (o quasi) le dinamiche del lavoro e della festa. Le relazioni – la materia prima e costitutiva delle famiglie, il tessuto connettivo la cui qualità determina quella di tutte le altre strutture sociali – saranno infatti la chiave di volta, il contenuto e perciò anche lo stile dell’Incontro mondiale. L’obiettivo cui lavorare da subito è quello di mettere in rete quella molteplicità – di associazioni familiari, reti di mutuo aiuto familiare, gruppi familiari dei movimenti ecclesiali, comunità di famiglie, gruppi di acquisto familiare, gruppi di famiglie coinvolte nell’accoglienza e nell’affido, associazioni genitori, gruppi di ascolto, istituti religiosi, scuole cattoliche, ecc. – che già ora costituisce la straordinaria ricchezza della Chiesa ambrosiana, sul fronte della valorizzazione e del sostegno alle famiglie, rendendola protagonista nella costruzione di Milano 2012, in termini di riflessione, creatività, operatività. L’altro consiglio, visto il tema, è quello di affiancare già in partenza alle Commissioni famiglia gli organismi analoghi che animano la pastorale del lavoro. E poi, tutte le realtà proiettate verso la mondialità: in primo luogo dunque chi tiene rapporti con le Chiese lontane, in missione, nei gemellaggi, nelle adozioni a distanza. Occorre anche attivare le antenne per entrare in contatto con le famiglie e le comunità straniere che abitano le nostre stesse città: l’incontro è mondiale, e il desiderio di comunicarsi – a Milano – l’energia straordinaria che in ogni parte del globo le famiglie spendono per umanizzare la nostra convivenza globale spinge a mobilitare tutti i soggetti che avranno qualcosa da dire, accogliendoli e anche offrendo ospitalità, e sostegno, se necessario. Del resto, la scelta di Milano ha fatto conto proprio sulla capacità, culturale e organizzativa, della Diocesi più grande del mondo (Milano lo è, non in termini territoriali, ma di rete strutturale) di dar vita a un momento partecipato di grande respiro e impatto. Avendo ben presente – ed è il terzo consiglio – che i linguaggi dei racconti delle famiglie devono essere i meno stereotipati e i più comunicativi possibili: un’occasione unica per affidarci all’antiretorica, alla creatività, alla familiarità con i nuovi media che è caratteristica dei giovani delle nostre comunità locali. Raggiungerli e coinvolgerli, ascoltandoli in tema famiglia, lavoro e festa non è un obiettivo in più: è legare presente e futuro a una prospettiva di speranza. Ci siamo: si parte. E niente affatto da lontano, sia considerando l’itinerario già percorso nei tre precedenti anni pastorali, dedicati proprio alla famiglia, sia valutando la necessità – e la raccomandazione del Papa – di far sì che l’Incontro mondiale delle famiglie sia preparato da un cammino verso Milano 2012. La presa di coscienza è stata avviata in ciascuna delle sette Zone pastorali, che hanno innanzitutto consigliato di aprire – attrezzandosi ad accompagnarlo – un percorso di ricognizione e di sensibilizzazione delle realtà che già ora all’interno di ciascun Decanato operano sul fronte della pastorale familiare: i racconti di Milano 2012 non saranno infatti destinati alle famiglie, ma scambiati tra famiglie. Bisogna dunque imparare a raccontare il modo in cui da famiglie cristiane, immerse come ogni altra famiglia nel contesto dei nostri tempi e dei nostri ambienti di vita, conciliamo (o quasi) le dinamiche del lavoro e della festa. Le relazioni – la materia prima e costitutiva delle famiglie, il tessuto connettivo la cui qualità determina quella di tutte le altre strutture sociali – saranno infatti la chiave di volta, il contenuto e perciò anche lo stile dell’Incontro mondiale. L’obiettivo cui lavorare da subito è quello di mettere in rete quella molteplicità – di associazioni familiari, reti di mutuo aiuto familiare, gruppi familiari dei movimenti ecclesiali, comunità di famiglie, gruppi di acquisto familiare, gruppi di famiglie coinvolte nell’accoglienza e nell’affido, associazioni genitori, gruppi di ascolto, istituti religiosi, scuole cattoliche, ecc. – che già ora costituisce la straordinaria ricchezza della Chiesa ambrosiana, sul fronte della valorizzazione e del sostegno alle famiglie, rendendola protagonista nella costruzione di Milano 2012, in termini di riflessione, creatività, operatività. L’altro consiglio, visto il tema, è quello di affiancare già in partenza alle Commissioni famiglia gli organismi analoghi che animano la pastorale del lavoro. E poi, tutte le realtà proiettate verso la mondialità: in primo luogo dunque chi tiene rapporti con le Chiese lontane, in missione, nei gemellaggi, nelle adozioni a distanza. Occorre anche attivare le antenne per entrare in contatto con le famiglie e le comunità straniere che abitano le nostre stesse città: l’incontro è mondiale, e il desiderio di comunicarsi – a Milano – l’energia straordinaria che in ogni parte del globo le famiglie spendono per umanizzare la nostra convivenza globale spinge a mobilitare tutti i soggetti che avranno qualcosa da dire, accogliendoli e anche offrendo ospitalità, e sostegno, se necessario. Del resto, la scelta di Milano ha fatto conto proprio sulla capacità, culturale e organizzativa, della Diocesi più grande del mondo (Milano lo è, non in termini territoriali, ma di rete strutturale) di dar vita a un momento partecipato di grande respiro e impatto. Avendo ben presente – ed è il terzo consiglio – che i linguaggi dei racconti delle famiglie devono essere i meno stereotipati e i più comunicativi possibili: un’occasione unica per affidarci all’antiretorica, alla creatività, alla familiarità con i nuovi media che è caratteristica dei giovani delle nostre comunità locali. Raggiungerli e coinvolgerli, ascoltandoli in tema famiglia, lavoro e festa non è un obiettivo in più: è legare presente e futuro a una prospettiva di speranza.