Il Cardinale scrive ai malati: «Non pensate che il Signore smetta di volervi bene»

di Pino NARDI
Redazione

«Forse in questi giorni – lo speriamo, e lo chiediamo al Signore – i tuoi familiari, i tuoi amici e conoscenti ti saranno particolarmente vicini, entreranno nella tua stanza e si siederanno accanto a te per un momento di vera compagnia. Sii per loro come l’eco della parola del Signore che ricorda proprio attraverso di te ciò che conta veramente nella vita, che soltanto il bene compiuto resta per sempre, che la carità, l’amore rimane in eterno. E se per la sofferenza non riesci a nascondere la tua debolezza, se la malattia ti rende a volte impaziente, non pensare che in quel momento il Signore smetta di volerti bene. Guardandoti egli vede anzitutto Gesù che è presente in te, vede il bambino di Betlemme che ha bisogno di tutto e l’uomo che sulla croce si dona interamente, e non può non amarti».
Conclude così la Lettera agli ammalati per il Santo Natale 2010 dal titolo Il Signore vede il Bambino in te, che il cardinale Tettamanzi ha voluto scrivere per restare accanto a chi soffre. «Rinasce vivo in me, in occasione del Natale, il desiderio di incontrarti, di ascoltarti e di parlarti, di condividere la tua sofferenza e di ringraziare il Signore per la tua fede. Quest’anno il desiderio diventa ancora più vivo e profondo perché sollecitato dall’esempio di san Carlo, il grande modello a cui guardiamo, tutti insieme, nel nuovo anno pastorale. Egli ha sempre voluto stare in mezzo alla sua gente, conoscere personalmente i suoi fedeli, in particolare proprio i malati, anche a rischio della sua stessa vita: in occasione della peste del 1576, mentre altri si affrettavano a lasciare Milano, egli si recò personalmente da tanti appestati, abbandonati da tutti, per conoscere le loro sofferenze e portare il sollievo che la carità e la fede possono offrire anche nei momenti più tragici».
L’Arcivescovo ha scelto di essere vicino a tutti con il cartoncino della Lettera: «Ho inserito in questa mia lettera una rappresentazione della nascita del bambino Gesù perché tu possa contemplarla nei tuoi momenti di preghiera. Noterai che questo quadro ha una particolarità: la mangiatoia è in realtà un sepolcro. È il modo con cui il pittore ha voluto dirci che il bambino che nasce a Betlemme è l’Emmanuele, il Dio che rimane con noi fino alla fine, fino al dono della vita. Non dimenticarlo, soprattutto nei momenti in cui la sofferenza è più intensa. Colui che ci ha amato fino ad accettare di morire in croce per amor nostro non può che volere il nostro bene. Di lui ci possiamo fidare».
Tettamanzi si china con rispetto sugli ammalati: «Una delle pene più profonde che derivano dalla malattia è quella causata dal sentirci impotenti, incapaci di fare quello che abbiamo sempre fatto, costretti a dipendere continuamente dagli altri. Impotenti come un bambino, come il Bambino, e come Gesù che muore sulla croce e viene deposto nel sepolcro. In realtà è proprio così che il Signore ha dimostrato la sua onnipotente capacità di amare; attraverso questa impotenza egli ha salvato il mondo. In alto, sulla sinistra del quadro che puoi contemplare, c’è un piccolo essere alato di colore rosso. Si tratta, probabilmente, del simbolo del male cacciato dal mondo proprio dalla presenza di quel bambino così fragile e bisognoso di tutto. Non c’è nulla di più prezioso, agli occhi di Dio, di questa sofferta impotenza accettata con amore». E conclude: «Sono giunto al termine di questa mia lettera, ma non voglio certo lasciarti. Rimaniamo uniti nella preghiera, in questi giorni di Natale e in ogni altro giorno che il Signore ci concederà, perché egli non smetta mai di renderci una cosa sola in lui». «Forse in questi giorni – lo speriamo, e lo chiediamo al Signore – i tuoi familiari, i tuoi amici e conoscenti ti saranno particolarmente vicini, entreranno nella tua stanza e si siederanno accanto a te per un momento di vera compagnia. Sii per loro come l’eco della parola del Signore che ricorda proprio attraverso di te ciò che conta veramente nella vita, che soltanto il bene compiuto resta per sempre, che la carità, l’amore rimane in eterno. E se per la sofferenza non riesci a nascondere la tua debolezza, se la malattia ti rende a volte impaziente, non pensare che in quel momento il Signore smetta di volerti bene. Guardandoti egli vede anzitutto Gesù che è presente in te, vede il bambino di Betlemme che ha bisogno di tutto e l’uomo che sulla croce si dona interamente, e non può non amarti».Conclude così la Lettera agli ammalati per il Santo Natale 2010 dal titolo Il Signore vede il Bambino in te, che il cardinale Tettamanzi ha voluto scrivere per restare accanto a chi soffre. «Rinasce vivo in me, in occasione del Natale, il desiderio di incontrarti, di ascoltarti e di parlarti, di condividere la tua sofferenza e di ringraziare il Signore per la tua fede. Quest’anno il desiderio diventa ancora più vivo e profondo perché sollecitato dall’esempio di san Carlo, il grande modello a cui guardiamo, tutti insieme, nel nuovo anno pastorale. Egli ha sempre voluto stare in mezzo alla sua gente, conoscere personalmente i suoi fedeli, in particolare proprio i malati, anche a rischio della sua stessa vita: in occasione della peste del 1576, mentre altri si affrettavano a lasciare Milano, egli si recò personalmente da tanti appestati, abbandonati da tutti, per conoscere le loro sofferenze e portare il sollievo che la carità e la fede possono offrire anche nei momenti più tragici».L’Arcivescovo ha scelto di essere vicino a tutti con il cartoncino della Lettera: «Ho inserito in questa mia lettera una rappresentazione della nascita del bambino Gesù perché tu possa contemplarla nei tuoi momenti di preghiera. Noterai che questo quadro ha una particolarità: la mangiatoia è in realtà un sepolcro. È il modo con cui il pittore ha voluto dirci che il bambino che nasce a Betlemme è l’Emmanuele, il Dio che rimane con noi fino alla fine, fino al dono della vita. Non dimenticarlo, soprattutto nei momenti in cui la sofferenza è più intensa. Colui che ci ha amato fino ad accettare di morire in croce per amor nostro non può che volere il nostro bene. Di lui ci possiamo fidare».Tettamanzi si china con rispetto sugli ammalati: «Una delle pene più profonde che derivano dalla malattia è quella causata dal sentirci impotenti, incapaci di fare quello che abbiamo sempre fatto, costretti a dipendere continuamente dagli altri. Impotenti come un bambino, come il Bambino, e come Gesù che muore sulla croce e viene deposto nel sepolcro. In realtà è proprio così che il Signore ha dimostrato la sua onnipotente capacità di amare; attraverso questa impotenza egli ha salvato il mondo. In alto, sulla sinistra del quadro che puoi contemplare, c’è un piccolo essere alato di colore rosso. Si tratta, probabilmente, del simbolo del male cacciato dal mondo proprio dalla presenza di quel bambino così fragile e bisognoso di tutto. Non c’è nulla di più prezioso, agli occhi di Dio, di questa sofferta impotenza accettata con amore». E conclude: «Sono giunto al termine di questa mia lettera, ma non voglio certo lasciarti. Rimaniamo uniti nella preghiera, in questi giorni di Natale e in ogni altro giorno che il Signore ci concederà, perché egli non smetta mai di renderci una cosa sola in lui».

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