di Cristina CONTI
Redazione
Un aiuto concreto per i poveri che vivono per la strada e non hanno da mangiare. La mensa “Opera pane di Sant’Antonio” di piazza Velasquez si trova proprio accanto al convento dei frati e ospita ogni giorno, alle 11.30, 140-150 persone, tranne il sabato in cui non viene effettuato il servizio.
Uomo, tra i 40 e i 50 anni: questo l’identikit di chi viene qui in cerca di un pasto caldo. Ma non ci sono solo stranieri. «Se in passato abbiamo avuto un alto numero di nordafricani, in prevalenza marocchini, e poi per qualche anno si sono visti solo albanesi, oggi invece il 50% proviene dai Paesi dell’Est, e l’altro 50% è costituito da italiani», spiega fra Giampaolo Gavossi, responsabile della mensa, che è impegnato in questa attività da 13 anni. Tra gli immigrati ci sono anche moltissimi giovani, venuti in Italia in cerca di un futuro migliore.
Persone con disagi familiari, alcolisti, tossicodipendenti, malati di mente, pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Ma anche e soprattutto divorziati, che non riescono ad andare avanti con un solo stipendio e cadono in depressione. «Si vede subito chi sono quelli che si sono separati da poco – aggiunge -. I primi giorni si presentano con il colletto della camicia bianco. Pian piano è macchiato. La barba diventa incolta. Perdono il lavoro. Senza più uno scopo nella vita, si abbandonano a se stessi. Negli ultimi anni sono davvero aumentati, complice anche la crisi economica».
Oltre alla mensa qui, inoltre, c’è a disposizione un servizio di guardaroba. Gli indumenti dismessi vengono raccolti, divisi tra uomo, donna e bambino, per taglie e messi in ordine. Sono gli stessi volontari che si fanno carico di questa attività, portandoli a casa, lavandoli e rammendandoli. I vestiti sono poi distribuiti a chi ne ha bisogno. Non vengono qui solo uomini, ma il mercoledì e il venerdì mattina alle 9, anche donne, bambini e famiglie. Uno strumento prezioso, soprattutto nel periodo invernale, che permette a chi non ha nulla e vive per strada di non morire di freddo. «A occuparsi di tutto questo lungo lavoro sono persone volontarie, come per la mensa – sottolinea fra Gavossi -. Ma per me chi si occupa del guardaroba è particolarmente prezioso, perché svolge la sua attività dietro le quinte, senza che nessuno li veda o che si fermi per ringraziarli: insomma, un lavoro nel nascondimento».
Qui è a disposizione anche un Centro d’ascolto, per aiutare chi si trova in difficoltà con il lavoro o la casa in affitto, o semplicemente per dare una mano a orientarsi tra le pratiche burocratiche. «Sono davvero tanti coloro che si rivolgono a noi per questi motivi. Sia italiani sia stranieri, senza distinzioni. E la crisi di questi anni sta sicuramente aggravando la situazione. Ci piacerebbe aiutarli tutti – precisa fra Gavossi -. Purtroppo molti di coloro che vengono da noi non hanno nemmeno il permesso di soggiorno. È molto difficile dare una mano. Non possiamo risolvere tutto noi da soli». Un aiuto concreto per i poveri che vivono per la strada e non hanno da mangiare. La mensa “Opera pane di Sant’Antonio” di piazza Velasquez si trova proprio accanto al convento dei frati e ospita ogni giorno, alle 11.30, 140-150 persone, tranne il sabato in cui non viene effettuato il servizio.Uomo, tra i 40 e i 50 anni: questo l’identikit di chi viene qui in cerca di un pasto caldo. Ma non ci sono solo stranieri. «Se in passato abbiamo avuto un alto numero di nordafricani, in prevalenza marocchini, e poi per qualche anno si sono visti solo albanesi, oggi invece il 50% proviene dai Paesi dell’Est, e l’altro 50% è costituito da italiani», spiega fra Giampaolo Gavossi, responsabile della mensa, che è impegnato in questa attività da 13 anni. Tra gli immigrati ci sono anche moltissimi giovani, venuti in Italia in cerca di un futuro migliore.Persone con disagi familiari, alcolisti, tossicodipendenti, malati di mente, pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Ma anche e soprattutto divorziati, che non riescono ad andare avanti con un solo stipendio e cadono in depressione. «Si vede subito chi sono quelli che si sono separati da poco – aggiunge -. I primi giorni si presentano con il colletto della camicia bianco. Pian piano è macchiato. La barba diventa incolta. Perdono il lavoro. Senza più uno scopo nella vita, si abbandonano a se stessi. Negli ultimi anni sono davvero aumentati, complice anche la crisi economica».Oltre alla mensa qui, inoltre, c’è a disposizione un servizio di guardaroba. Gli indumenti dismessi vengono raccolti, divisi tra uomo, donna e bambino, per taglie e messi in ordine. Sono gli stessi volontari che si fanno carico di questa attività, portandoli a casa, lavandoli e rammendandoli. I vestiti sono poi distribuiti a chi ne ha bisogno. Non vengono qui solo uomini, ma il mercoledì e il venerdì mattina alle 9, anche donne, bambini e famiglie. Uno strumento prezioso, soprattutto nel periodo invernale, che permette a chi non ha nulla e vive per strada di non morire di freddo. «A occuparsi di tutto questo lungo lavoro sono persone volontarie, come per la mensa – sottolinea fra Gavossi -. Ma per me chi si occupa del guardaroba è particolarmente prezioso, perché svolge la sua attività dietro le quinte, senza che nessuno li veda o che si fermi per ringraziarli: insomma, un lavoro nel nascondimento».Qui è a disposizione anche un Centro d’ascolto, per aiutare chi si trova in difficoltà con il lavoro o la casa in affitto, o semplicemente per dare una mano a orientarsi tra le pratiche burocratiche. «Sono davvero tanti coloro che si rivolgono a noi per questi motivi. Sia italiani sia stranieri, senza distinzioni. E la crisi di questi anni sta sicuramente aggravando la situazione. Ci piacerebbe aiutarli tutti – precisa fra Gavossi -. Purtroppo molti di coloro che vengono da noi non hanno nemmeno il permesso di soggiorno. È molto difficile dare una mano. Non possiamo risolvere tutto noi da soli».