Nel giorno della beatificazione, l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi ricorda l'attualità della figura del cardinale inglese, la sua sintonia e i suoi legami con la Diocesi ambrosiana, soprattutto con i suoi patroni Ambrogio e Carlo

di Dionigi card. TETTAMANZI Arcivescovo di Milano
Redazione Diocesi

Lo scorso anno si è tenuto all’Università Cattolica del Sacro Cuore, nei giorni 26 e 27 marzo, il Convegno internazionale su John Henry Newman oggi: logos e dialogo. Mi è stato chiesto di concluderlo con una celebrazione eucaristica, nella cui omelia, prendendo spunto dal rimando evangelico ai momenti tragici della Pasqua del Signore, ho voluto presentare la vicenda biografica di Newman (1801-1890) come “un itinerario pasquale, un cammino difficile e insieme affascinante che lo conduce a raggiungere la luce della verità, la verità tutta intera”. Un cammino senza dubbio profondamente personale, ma insieme situato nell’ampio e incessante cammino della Chiesa come tale, e in questo senso un cammino “cattolico”. In realtà Newman sapeva entrare con passione nella storia della Chiesa, in concreto nella vita dei santi, nella loro vita interiore, e questo specialmente ponendosi alla scuola dei Padri della Chiesa. In questa prospettiva mi pareva di poter dire ai fedeli nell’omelia che Newman “lo sentiamo molto vicino a questo nostro tempo e veramente in sintonia con la Chiesa milanese”.
Un particolare, quest’ultimo, su cui vorrei sostare alla vigilia della beatificazione del cardinal Newman da parte di Papa Benedetto XVI. La gioia della Chiesa intera per questo evento non può non essere condivisa dalla Chiesa ambrosiana; vorrei però parlare di una gioia che ha alle sue sorgenti un titolo proprio: quello legato al soggiorno che Newman ebbe a Milano dal 20 settembre al 23 ottobre 1846, durante il suo viaggio verso Roma. È stato un soggiorno che, nel disegno provvidenziale di Dio, ha avuto un significato profondo nel cammino spirituale di Newman.

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