Presentati a Milano i risultati del progetto realizzato grazie all'ex Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
Redazione
Si chiama AIDa (aiuto integrazione donna e altro) il progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato da Caritas Ambrosiana attraverso la sua rete di servizi, le cooperative Farsi Prossimo e L’Arcobaleno, la Fondazione San Carlo. I risultati sono stati illustrati al convegno “Donne immigrate. La via per l’integrazione”, tenutosi ieri alla Casa delle culture del mondo a Milano.
Il progetto prevedeva un piano articolato di interventi della durata di 18 mesi destinati a donne extracomunitarie regolari. Grazie a questo progetto, in particolare 520 donne hanno ottenuto assistenza sociale, psicologica e sanitaria, 433 tutela legale. Non solo: 27, e tra queste alcune giovani madri, sono state accolte negli appartamenti sociali della Caritas distribuiti tra Milano e Lecco, e sono state affiancate dagli operatori sociali nella ricerca di soluzioni abitative autonome; 16 ora vivono un appartamento in affitto; 46 hanno seguito i 5 corsi di italiano attivati, 24 i corsi di formazione professionale, dividendosi equamente tra i due previsti, quello come cameriera d’albergo e quello come assistente nelle imprese di ristorazione; 18 hanno avuto anche l’opportunità di seguire un periodo di tirocinio in azienda che in quattro casi si è concluso con un’assunzione.
«La popolazione femminile sempre di più rappresenta una presenza consistente e certamente significativa nella dinamica dei processi migratori – ha detto Luciano Gualzetti, vicedirettore di Caritas Ambrosiana -. In Lombardia le donne straniere oggi rappresentano il 48,1% della popolazione immigrata e nella diocesi di Milano in particolare la loro percentuale è anche un po’ più alta. Sono spesso loro i soggetti più deboli ma anche il vero motore dell’integrazione. Sono le donne sudamericane, ad esempio, che dopo avere trovato un impiego, effettuano i ricongiungimenti familiari. Quelle che non lavorano, le donne arabe in genere, seguono i figli e sono un punto di riferimento imprescindibile per l’educazione e la crescita. E in generale sono le donne straniere a farsi carico dei problemi materiali della famiglia . Aiutare loro significa, dunque, favorire spesso l’inserimento sociale di un intero nucleo familiare, unico efficace antidoto ai fenomeni di devianza e criminalità».
«Nonostante la crisi economica, i risultati del progetto Aida dimostrano che l’integrazione è possibile – aggiunge Giovanni Carrara, presidente della cooperativa Frasi Prossimo, capofila del Progetto -. Le storie delle donne che abbiamo incontrato sono la prova che a volte è sufficiente offrire un’opportunità per suscitare nelle persone percorsi virtuosi. Certamente Aida ha dato buoni frutti perché ha potuto innestarsi su una pianta solida costituta da una rete collaudata di soggetti che da anni lavorano con gli stranieri: i servizi Caritas specializzati nell’ascolto e nell’accompagnamento sociale e legale, le cooperative collegate a essa attive nell’accoglienza, la Fondazione San Carlo impegnata nei percorsi di formazione professionale. Ora questa rete, continuerà ad esistere e ad operare, sebbene con la chiusura del progetto, alcune delle azioni che avevamo potuto realizzare, necessariamente verranno meno». Si chiama AIDa (aiuto integrazione donna e altro) il progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato da Caritas Ambrosiana attraverso la sua rete di servizi, le cooperative Farsi Prossimo e L’Arcobaleno, la Fondazione San Carlo. I risultati sono stati illustrati al convegno “Donne immigrate. La via per l’integrazione”, tenutosi ieri alla Casa delle culture del mondo a Milano.Il progetto prevedeva un piano articolato di interventi della durata di 18 mesi destinati a donne extracomunitarie regolari. Grazie a questo progetto, in particolare 520 donne hanno ottenuto assistenza sociale, psicologica e sanitaria, 433 tutela legale. Non solo: 27, e tra queste alcune giovani madri, sono state accolte negli appartamenti sociali della Caritas distribuiti tra Milano e Lecco, e sono state affiancate dagli operatori sociali nella ricerca di soluzioni abitative autonome; 16 ora vivono un appartamento in affitto; 46 hanno seguito i 5 corsi di italiano attivati, 24 i corsi di formazione professionale, dividendosi equamente tra i due previsti, quello come cameriera d’albergo e quello come assistente nelle imprese di ristorazione; 18 hanno avuto anche l’opportunità di seguire un periodo di tirocinio in azienda che in quattro casi si è concluso con un’assunzione.«La popolazione femminile sempre di più rappresenta una presenza consistente e certamente significativa nella dinamica dei processi migratori – ha detto Luciano Gualzetti, vicedirettore di Caritas Ambrosiana -. In Lombardia le donne straniere oggi rappresentano il 48,1% della popolazione immigrata e nella diocesi di Milano in particolare la loro percentuale è anche un po’ più alta. Sono spesso loro i soggetti più deboli ma anche il vero motore dell’integrazione. Sono le donne sudamericane, ad esempio, che dopo avere trovato un impiego, effettuano i ricongiungimenti familiari. Quelle che non lavorano, le donne arabe in genere, seguono i figli e sono un punto di riferimento imprescindibile per l’educazione e la crescita. E in generale sono le donne straniere a farsi carico dei problemi materiali della famiglia . Aiutare loro significa, dunque, favorire spesso l’inserimento sociale di un intero nucleo familiare, unico efficace antidoto ai fenomeni di devianza e criminalità».«Nonostante la crisi economica, i risultati del progetto Aida dimostrano che l’integrazione è possibile – aggiunge Giovanni Carrara, presidente della cooperativa Frasi Prossimo, capofila del Progetto -. Le storie delle donne che abbiamo incontrato sono la prova che a volte è sufficiente offrire un’opportunità per suscitare nelle persone percorsi virtuosi. Certamente Aida ha dato buoni frutti perché ha potuto innestarsi su una pianta solida costituta da una rete collaudata di soggetti che da anni lavorano con gli stranieri: i servizi Caritas specializzati nell’ascolto e nell’accompagnamento sociale e legale, le cooperative collegate a essa attive nell’accoglienza, la Fondazione San Carlo impegnata nei percorsi di formazione professionale. Ora questa rete, continuerà ad esistere e ad operare, sebbene con la chiusura del progetto, alcune delle azioni che avevamo potuto realizzare, necessariamente verranno meno».