Promosse a Milano e Monza due esperienze pilota di gruppi di auto mutuo aiuto per famiglie con un anziano a carico. «La persona in difficoltà è portatrice non solo di un problema, ma anche di risorse», ha detto Luciano Gualzetti nel convegno "Anziani, un aiuto a chi aiuta. Come sostenere i caregiver"

di Francesco CHIAVARINI
Redazione

In Italia, due famiglie su tre provvedono da sole a prestare le cure agli anziani non autosufficienti. Una scelta, a volte obbligata dalla carenza di servizi; in ogni caso faticosa, anche quando invece è volontaria. Soprattutto se si tiene conto che in un terzo dei casi, l’onere dell’assistenza ricade sulle spalle di una persona a sua volta anziana. Il cosiddetto caregiver (cioè chi si prende cura) ha, infatti, mediamente 70 anni, in genere è una donna e nelle situazioni più gravi può dedicare all’altro componente della famiglia (spesso il marito) fino a 17 ore al giorno.
L’impegno può essere talmente gravoso da confinare chi ha il compito di sostenere il familiare più debole in uno stato di isolamento che pregiudica anche la sua capacità di offrire aiuto. Una forma di sollievo a queste situazioni può venire dai gruppi di auto mutuo aiuto, come è stato illustrato nel corso del convegno “Anziani, un aiuto a chi aiuta. Come sostenere i caregiver”, organizzato ieri a Milano da Caritas Ambrosiana.
Nati in Inghilterra e nel Nord Europa i gruppi di self help si stanno rapidamente diffondendo anche in Italia, basti pensare che sebbene restino esperienze ancora limitate rispetto ai Paesi di tradizione anglosassone, nell’ultimo decennio sono raddoppiati, passando 1603 a 3256.
«Ne fanno parte persone accomunate da un problema specifico: l’alcolismo, il tabagismo. Più recentemente le nuove dipendenze: quella da gioco, da cibo, da sostanze psicotrope – ha spiegato Patrizia Taccani, autrice del libro Lavoro di cura e auto mutuo aiuto. Gruppi per caregiver di anziani non autosufficienti edito da Franco Angeli -. Ultimamente questo approccio sta contaminando anche l’’ambito dell’assistenza agli anziani, finora almeno in Italia piuttosto refrattaria per ragioni culturali. Chi si prende cura di un familiare finalmente si è reso conto di non potersene fare carico da solo e cerca nell’incontro con altri un sostegno».
Nell’ambito dell’assistenza agli anziani, il fenomeno del self help è tuttavia ancora embrionale. Si contano in tutta Italia solo alcune decine di gruppi, ma spesso legati a patologie specifiche, come sono per esempio i gruppi frequentati dai familiari di ammalati di Alzheimer.
Per famiglie con anziani a carico Caritas ha promosso la nascita di due gruppi di auto mutuo aiuto: uno nel quartiere Forlanini a Milano, un altro a Monza. A Monza, in particolare, il gruppo si è costituito nel 2007 nell’ambito di un progetto più vasto, realizzato dalla Caritas locale con il Comune e volto al sostegno agli anziani. Uno psicologo e un operatore coordinano gli incontri che si tengono periodicamente una volta ogni tre settimane, in orario serale, nei locali messi a disposizione dalla parrocchia. In questi tre anni d’attività, il gruppo è stato frequentato, continuativamente, da una media di 15 persone: metà uomini e metà donne, tra i 50 e i 55 anni, che si fanno carico di un familiare anziano spesso malato.
«La persona in difficoltà non è soltanto portatrice di un problema, ma spesso ha in sé le risorse per poterlo affrontare e superare – ha spiegato il vicedirettore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti -. Ciò non significa che, pilatescamente, la comunità se ne deve lavare le mani, ma piuttosto che può offrire un sostegno più utile e intelligente se saprà mettere la persona in difficoltà nelle condizioni di potere esprimere al meglio la propria capacità aiutarsi. I gruppi di auto mutuo aiuto che stiamo promuovendo anche nell’ambito dell’assistenza agli anziani rispondono esattamente a questa esigenza. Chi ha in casa un genitore anziano ammalato, spesso vuole potersene prendere cura. Bisogna metterlo nella condizione di poterlo fare senza rimanere schiacciato da questo compito, offrendo servizi certamente, ma anche luoghi in cui può trovare sollievo. E per raggiungere questo obiettivo spesso è più utile metterlo in contatto con qualcun altro, nella stessa situazione, con cui può condividere il problema». In Italia, due famiglie su tre provvedono da sole a prestare le cure agli anziani non autosufficienti. Una scelta, a volte obbligata dalla carenza di servizi; in ogni caso faticosa, anche quando invece è volontaria. Soprattutto se si tiene conto che in un terzo dei casi, l’onere dell’assistenza ricade sulle spalle di una persona a sua volta anziana. Il cosiddetto caregiver (cioè chi si prende cura) ha, infatti, mediamente 70 anni, in genere è una donna e nelle situazioni più gravi può dedicare all’altro componente della famiglia (spesso il marito) fino a 17 ore al giorno.L’impegno può essere talmente gravoso da confinare chi ha il compito di sostenere il familiare più debole in uno stato di isolamento che pregiudica anche la sua capacità di offrire aiuto. Una forma di sollievo a queste situazioni può venire dai gruppi di auto mutuo aiuto, come è stato illustrato nel corso del convegno “Anziani, un aiuto a chi aiuta. Come sostenere i caregiver”, organizzato ieri a Milano da Caritas Ambrosiana.Nati in Inghilterra e nel Nord Europa i gruppi di self help si stanno rapidamente diffondendo anche in Italia, basti pensare che sebbene restino esperienze ancora limitate rispetto ai Paesi di tradizione anglosassone, nell’ultimo decennio sono raddoppiati, passando 1603 a 3256.«Ne fanno parte persone accomunate da un problema specifico: l’alcolismo, il tabagismo. Più recentemente le nuove dipendenze: quella da gioco, da cibo, da sostanze psicotrope – ha spiegato Patrizia Taccani, autrice del libro Lavoro di cura e auto mutuo aiuto. Gruppi per caregiver di anziani non autosufficienti edito da Franco Angeli -. Ultimamente questo approccio sta contaminando anche l’’ambito dell’assistenza agli anziani, finora almeno in Italia piuttosto refrattaria per ragioni culturali. Chi si prende cura di un familiare finalmente si è reso conto di non potersene fare carico da solo e cerca nell’incontro con altri un sostegno».Nell’ambito dell’assistenza agli anziani, il fenomeno del self help è tuttavia ancora embrionale. Si contano in tutta Italia solo alcune decine di gruppi, ma spesso legati a patologie specifiche, come sono per esempio i gruppi frequentati dai familiari di ammalati di Alzheimer.Per famiglie con anziani a carico Caritas ha promosso la nascita di due gruppi di auto mutuo aiuto: uno nel quartiere Forlanini a Milano, un altro a Monza. A Monza, in particolare, il gruppo si è costituito nel 2007 nell’ambito di un progetto più vasto, realizzato dalla Caritas locale con il Comune e volto al sostegno agli anziani. Uno psicologo e un operatore coordinano gli incontri che si tengono periodicamente una volta ogni tre settimane, in orario serale, nei locali messi a disposizione dalla parrocchia. In questi tre anni d’attività, il gruppo è stato frequentato, continuativamente, da una media di 15 persone: metà uomini e metà donne, tra i 50 e i 55 anni, che si fanno carico di un familiare anziano spesso malato.«La persona in difficoltà non è soltanto portatrice di un problema, ma spesso ha in sé le risorse per poterlo affrontare e superare – ha spiegato il vicedirettore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti -. Ciò non significa che, pilatescamente, la comunità se ne deve lavare le mani, ma piuttosto che può offrire un sostegno più utile e intelligente se saprà mettere la persona in difficoltà nelle condizioni di potere esprimere al meglio la propria capacità aiutarsi. I gruppi di auto mutuo aiuto che stiamo promuovendo anche nell’ambito dell’assistenza agli anziani rispondono esattamente a questa esigenza. Chi ha in casa un genitore anziano ammalato, spesso vuole potersene prendere cura. Bisogna metterlo nella condizione di poterlo fare senza rimanere schiacciato da questo compito, offrendo servizi certamente, ma anche luoghi in cui può trovare sollievo. E per raggiungere questo obiettivo spesso è più utile metterlo in contatto con qualcun altro, nella stessa situazione, con cui può condividere il problema».

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