Con quasi 66 mila detenuti dietro le sbarre continua l'allarme sovraffollamento negli istituti di pena italiani. Nelle ultime settimane�il presidente Napolitano e il cardinale Tettamanzi hanno lanciato un appello richiamando il rispetto dei diritti fondamentali delle persone e la loro dignità
di Luisa BOVE
Redazione
Il 2010 è iniziato in carcere con i problemi di sempre: sovraffollamento, scarsità di agenti penitenziari, poche risorse… Con l’anno nuovo anche i suicidi dietro le sbarre non si sono fermati: nella prima settimana già 4 detenuti nei penitenziari italiani si sono tolti la vita (nel 2009 sono stati 72). «Siamo molto preoccupati», ha detto nei giorni scorsi mons. Giorgio Caniato ispettore generale dei cappellani in Italia, «si cerca di prevenire, fare in modo che gesti come questi non si verifichino e quando un detenuto si toglie la vita è sempre una sconfitta».
Eppure, ha detto Luca Massari, responsabile Area carcere della Caritas Ambrosiana, «una presenza forte del volontariato, della cooperazione sociale e di operatori specializzati, soprattutto nei primi giorni d’ingresso nei penitenziari, ha portato grandi benefici, anche sul benessere delle persone». Per questo, ha aggiunto, «chiediamo che venga aumentata la presenza dei volontari che operano in carcere». L’auspicio è che la pena detentiva sia l’estrema ratio per i reati gravi, mentre per chi commette furti o piccolo spaccio si eviti la prigione.
I detenuti in Italia sono quasi 66 mila (22.500 in più rispetto alla soglia prevista) e lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel tradizionale discorso di fine anno, parlando delle persone private dei diritti fondamentali ha detto: «Penso ai detenuti in carceri terribilmente affollate, nelle quali non si vive decentemente, si è esposti ad abusi e rischi, e di certo non si rieduca». E lo stesso Arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, visitando due giorni prima di Natale le celle di San Vittore ha detto: «Ho provato tanta pena, anzi, un vero e proprio sconcerto per quanto ho visto con i miei occhi». E a ha aggiunto: «Non posso dimenticare le parole di un detenuto; “Sì la giustizia deve fare il suo sacrosanto percorso e al colpevole la pena è dovuta, ma le condizioni abitative, nelle loro più elementari esigenze, non possono essere ingiustamente offensive della dignità personale di chiunque. In questo modo ci strappano via la nostra dignità umana”».
Di fronte al problema del sovraffollamento si torna a discutere del trasferimento della Casa Circondariale di San Vittore. Mentre si conferma l’ipotesi di costruire una “cittadella della giustizia” a Porto di Mare, la proposta avanzata nei giorni scorsi è di iniziare a lotti. L’idea è di partire con la realizzazione di un nuovo Istituto di pena per chiudere quello di piazza Filangieri, e solo in seconda battuta pensare alla costruzione di un nuovo Palazzo di giustizia sempre a Porto di Mare. È dagli anni ’70 che si parla del trasferimento di San Vittore, ma non è escluso che anche il 2010 passi con un nulla di fatto. Intanto c’è sempre chi sostiene che mantenere il carcere nel cuore di Milano è una “bella provocazione” perché siano sotto gli occhi di tutti i problemi della giustizia e della vita dietro le sbarre. Il 2010 è iniziato in carcere con i problemi di sempre: sovraffollamento, scarsità di agenti penitenziari, poche risorse… Con l’anno nuovo anche i suicidi dietro le sbarre non si sono fermati: nella prima settimana già 4 detenuti nei penitenziari italiani si sono tolti la vita (nel 2009 sono stati 72). «Siamo molto preoccupati», ha detto nei giorni scorsi mons. Giorgio Caniato ispettore generale dei cappellani in Italia, «si cerca di prevenire, fare in modo che gesti come questi non si verifichino e quando un detenuto si toglie la vita è sempre una sconfitta».Eppure, ha detto Luca Massari, responsabile Area carcere della Caritas Ambrosiana, «una presenza forte del volontariato, della cooperazione sociale e di operatori specializzati, soprattutto nei primi giorni d’ingresso nei penitenziari, ha portato grandi benefici, anche sul benessere delle persone». Per questo, ha aggiunto, «chiediamo che venga aumentata la presenza dei volontari che operano in carcere». L’auspicio è che la pena detentiva sia l’estrema ratio per i reati gravi, mentre per chi commette furti o piccolo spaccio si eviti la prigione.I detenuti in Italia sono quasi 66 mila (22.500 in più rispetto alla soglia prevista) e lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel tradizionale discorso di fine anno, parlando delle persone private dei diritti fondamentali ha detto: «Penso ai detenuti in carceri terribilmente affollate, nelle quali non si vive decentemente, si è esposti ad abusi e rischi, e di certo non si rieduca». E lo stesso Arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, visitando due giorni prima di Natale le celle di San Vittore ha detto: «Ho provato tanta pena, anzi, un vero e proprio sconcerto per quanto ho visto con i miei occhi». E a ha aggiunto: «Non posso dimenticare le parole di un detenuto; “Sì la giustizia deve fare il suo sacrosanto percorso e al colpevole la pena è dovuta, ma le condizioni abitative, nelle loro più elementari esigenze, non possono essere ingiustamente offensive della dignità personale di chiunque. In questo modo ci strappano via la nostra dignità umana”».Di fronte al problema del sovraffollamento si torna a discutere del trasferimento della Casa Circondariale di San Vittore. Mentre si conferma l’ipotesi di costruire una “cittadella della giustizia” a Porto di Mare, la proposta avanzata nei giorni scorsi è di iniziare a lotti. L’idea è di partire con la realizzazione di un nuovo Istituto di pena per chiudere quello di piazza Filangieri, e solo in seconda battuta pensare alla costruzione di un nuovo Palazzo di giustizia sempre a Porto di Mare. È dagli anni ’70 che si parla del trasferimento di San Vittore, ma non è escluso che anche il 2010 passi con un nulla di fatto. Intanto c’è sempre chi sostiene che mantenere il carcere nel cuore di Milano è una “bella provocazione” perché siano sotto gli occhi di tutti i problemi della giustizia e della vita dietro le sbarre. – – «Un colloquio può cambiare la vita» – «Chi esce ha molte difficoltà» – «Più percorsi alternativi» – «L’Arcivescovo stimola a migliorare» – A San Vittore il “miracolo” del Cardinale