L'arrivo del caldo peggiorerà ulteriormente la convivenza già resa precaria dal sovraffollamento. La Caritas Ambrosiana auspica che il decreto Alfano si sblocchi, anche se la riforma significativa e risolutiva sarebbe quella di prevedere un nuovo sistema sanzionatorio, basato sulla giustizia ripartiva
Redazione
Dall’inizio dell’anno 32 detenuti si sono tolti la vita e 96 agenti penitenziari sono stati aggrediti e feriti. Questi numeri raccontano la situazione drammatica delle carceri italiane, effetto di una popolazione detenuta che nella storia dell’Italia repubblicana non è mai stata così numerosa: 67 mila presenze circa, oltre una volta e mezza il numero degli ospiti consentiti dalle norme.
Il sovraffollamento rende la vita impossibile a tutti: ai detenuti, ai poliziotti, agli operatori sociali. La conseguenza è che il sistema carcerario sta diventando solo un luogo di afflizione, un posto ingiusto e insensato, sempre più lontano dagli scopi di rieducazione e reinserimento sociale previsti dalla Costituzione.
Con l’avvicinarsi del caldo estivo, la situazione diventerà esplosiva. Le proteste dei detenuti che in questi giorni stanno montando negli istituti della Lombardia e del resto d’Italia sono segnali inequivocabili. Persino il mondo del volontariato carcerario, una presenza preziosa che ha sempre garantito la propria collaborazione, è arrivato al punto di annunciare attraverso l’organismo che lo rappresenta – la Conferenza Nazionale del Volontariato e della Giustizia – l’autosospensione dal servizio.
Purtroppo il governo, nonostante i continui annunci, sta ancora discutendo sulle misure da adottare. Il decreto Alfano è imbrigliato nella burocrazia legislativa e nei veti incrociati dei partiti. La vera riforma, significativa e risolutiva, sarebbe quella di prevedere un nuovo sistema sanzionatorio, basato sulla giustizia ripartiva. È noto che coloro che hanno usufruito di pene alternative alla detenzione hanno un tasso di recidiva del 5%, mentre chi ha scontato tutta la pena torna a delinquere 2 volte su tre (66%). Questi dati dovrebbero portarci a concludere che il carcere non può essere la sola soluzione. Ne va dei diritti dei detenuti e della sicurezza dei cittadini.
La Chiesa ambrosiana è da sempre vicina al mondo del carcere. Sono 500 i volontari che offrono assistenza ai detenuti e ai loro familiari attraverso visite periodiche e l’affiancamento degli operatori sociali nelle sette case circondariali e di reclusione presenti nella diocesi. Un aiuto prezioso senza il quale non sarebbe possibile svolgere molte attività rieducative.
In particolare Caritas Ambrosiana gestisce a Milano uno sportello di ascolto e orientamento per problemi legati alla casa, al lavoro a questioni giudiziarie. Nel 2009 lo sportello ha seguito 192 persone. Inoltre l’ente ecclesiale è in grado, attraverso l’attività delle cooperative e associazioni del progetto “Un tetto per tutti”, di mettere a disposizione 27 posti letto a Milano per le persone che escono dal carcere e non hanno un alloggio. Fondamentale, infine, è l’azione di sensibilizzazione attraverso percorsi di formazione nelle scuole e l’annuale visita dei detenuti con i cappellani delle carceri. Un’iniziativa realizzata in collaborazione con la Pastorale giovanile che in 9 anni ha coinvolto circa 1500 ragazzi. Dall’inizio dell’anno 32 detenuti si sono tolti la vita e 96 agenti penitenziari sono stati aggrediti e feriti. Questi numeri raccontano la situazione drammatica delle carceri italiane, effetto di una popolazione detenuta che nella storia dell’Italia repubblicana non è mai stata così numerosa: 67 mila presenze circa, oltre una volta e mezza il numero degli ospiti consentiti dalle norme.Il sovraffollamento rende la vita impossibile a tutti: ai detenuti, ai poliziotti, agli operatori sociali. La conseguenza è che il sistema carcerario sta diventando solo un luogo di afflizione, un posto ingiusto e insensato, sempre più lontano dagli scopi di rieducazione e reinserimento sociale previsti dalla Costituzione.Con l’avvicinarsi del caldo estivo, la situazione diventerà esplosiva. Le proteste dei detenuti che in questi giorni stanno montando negli istituti della Lombardia e del resto d’Italia sono segnali inequivocabili. Persino il mondo del volontariato carcerario, una presenza preziosa che ha sempre garantito la propria collaborazione, è arrivato al punto di annunciare attraverso l’organismo che lo rappresenta – la Conferenza Nazionale del Volontariato e della Giustizia – l’autosospensione dal servizio.Purtroppo il governo, nonostante i continui annunci, sta ancora discutendo sulle misure da adottare. Il decreto Alfano è imbrigliato nella burocrazia legislativa e nei veti incrociati dei partiti. La vera riforma, significativa e risolutiva, sarebbe quella di prevedere un nuovo sistema sanzionatorio, basato sulla giustizia ripartiva. È noto che coloro che hanno usufruito di pene alternative alla detenzione hanno un tasso di recidiva del 5%, mentre chi ha scontato tutta la pena torna a delinquere 2 volte su tre (66%). Questi dati dovrebbero portarci a concludere che il carcere non può essere la sola soluzione. Ne va dei diritti dei detenuti e della sicurezza dei cittadini.La Chiesa ambrosiana è da sempre vicina al mondo del carcere. Sono 500 i volontari che offrono assistenza ai detenuti e ai loro familiari attraverso visite periodiche e l’affiancamento degli operatori sociali nelle sette case circondariali e di reclusione presenti nella diocesi. Un aiuto prezioso senza il quale non sarebbe possibile svolgere molte attività rieducative.In particolare Caritas Ambrosiana gestisce a Milano uno sportello di ascolto e orientamento per problemi legati alla casa, al lavoro a questioni giudiziarie. Nel 2009 lo sportello ha seguito 192 persone. Inoltre l’ente ecclesiale è in grado, attraverso l’attività delle cooperative e associazioni del progetto “Un tetto per tutti”, di mettere a disposizione 27 posti letto a Milano per le persone che escono dal carcere e non hanno un alloggio. Fondamentale, infine, è l’azione di sensibilizzazione attraverso percorsi di formazione nelle scuole e l’annuale visita dei detenuti con i cappellani delle carceri. Un’iniziativa realizzata in collaborazione con la Pastorale giovanile che in 9 anni ha coinvolto circa 1500 ragazzi.