L'ammonimento dell'Onu richiama responsabilità nazionali ed europee

Carlo ROSSI
Redazione

I migranti non possono essere respinti senza controllare se si tratta di profughi. È l’ammonimento arrivato il 14 settembre da parte dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che ha condannato chi respinge quanti tentano di sfuggire spesso dalla guerra e dalla fame per raggiungere altri Paesi dove vivere una vita più tranquilla. Pillay ha citato il recente caso del gommone di eritrei rimasto senza soccorsi tra Italia, Libia e Malta: «In molti casi, le autorità respingono questi migranti e li lasciano affrontare stenti e pericoli, se non la morte, come se stessero respingendo barche cariche di rifiuti pericolosi», ha affermato.
Alle parole di Pillay non si è fatta attendere la risposta del Ministero degli Esteri italiano che, in una nota, ha sottolineato che «non possiamo che condividere la giusta preoccupazione, relativa al rispetto della sacralità della vita umana. Tanto la condividiamo che l’Italia è il Paese che ha salvato il maggior numero di vite umane nel Mediterraneo, e per questo motivo il richiamo alle violazioni del diritto internazionale non è evidentemente rivolto all’Italia». Secondo la Farnesina, le regole del diritto internazionale costituiscono «il caposaldo dell’azione del Governo italiano, che promuove e auspica un impegno comune affinché vengano da tutti rispettate e tutti facciano la loro parte», ribadendo che l’Italia «ha fatto e continuerà a fare la sua parte». I migranti non possono essere respinti senza controllare se si tratta di profughi. È l’ammonimento arrivato il 14 settembre da parte dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che ha condannato chi respinge quanti tentano di sfuggire spesso dalla guerra e dalla fame per raggiungere altri Paesi dove vivere una vita più tranquilla. Pillay ha citato il recente caso del gommone di eritrei rimasto senza soccorsi tra Italia, Libia e Malta: «In molti casi, le autorità respingono questi migranti e li lasciano affrontare stenti e pericoli, se non la morte, come se stessero respingendo barche cariche di rifiuti pericolosi», ha affermato.Alle parole di Pillay non si è fatta attendere la risposta del Ministero degli Esteri italiano che, in una nota, ha sottolineato che «non possiamo che condividere la giusta preoccupazione, relativa al rispetto della sacralità della vita umana. Tanto la condividiamo che l’Italia è il Paese che ha salvato il maggior numero di vite umane nel Mediterraneo, e per questo motivo il richiamo alle violazioni del diritto internazionale non è evidentemente rivolto all’Italia». Secondo la Farnesina, le regole del diritto internazionale costituiscono «il caposaldo dell’azione del Governo italiano, che promuove e auspica un impegno comune affinché vengano da tutti rispettate e tutti facciano la loro parte», ribadendo che l’Italia «ha fatto e continuerà a fare la sua parte». Regole e solidarietà «C’è bisogno di una strategia europea per affrontare le migrazioni, perché esse riguardano tutti gli Stati membri, non solo quelli che hanno confini esterni all’Ue», ha affermato Jacques Barrot, commissario alla Giustizia, Libertà e Sicurezza dell’Ue, intervenendo nell’emiciclo di Strasburgo sulla necessità del «rispetto delle regole», «così come del principio di solidarietà». Secondo Barrot, è «necessaria una cooperazione fra tutti i Paesi che avvenga su base volontaria. Ma che sia comunque reale ed efficace». Il rappresentante Ue ha quindi ribadito che «le regole comunitarie vietano il respingimento alle frontiere o sulle coste, negando soccorso a chi ne ha bisogno e l’eventuale diritto di asilo a chi ne può fare richiesta». «Occorre dare protezione ai profughi e a quelle persone che nel loro Paese potrebbero essere sottoposte a misure coercitive contrarie ai diritti umani», ha poi aggiunto, specificando di aver inviato una lettera alle autorità italiane a luglio sui respingimenti: «Ora abbiamo ricevuto una risposta ufficiale che stiamo attentamente studiando».Naturalmente le questioni connesse a immigrazione illegale, respingimenti, soccorso in mare devono essere affrontate in un’ampia prospettiva, che tenga conto del quadro normativo di riferimento, in cui sono ricomprese anche le fonti di altri ordinamenti. Costituisce necessaria premessa la Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 (Unclos), fonte primaria del diritto internazionale del mare, in base alla quale ogni Stato obbliga i comandanti delle proprie navi a prestare assistenza a naufraghi trovati in mare. Tutti gli Stati provvisti di litorale marittimo sono inoltre tenuti a creare e mantenere un servizio di ricerca e salvataggio, intervenendo «senza tener conto della nazionalità o della condizione giuridica» e portando le persone soccorse in un «porto sicuro», che non è necessariamente quello più vicino.Caposaldo della protezione internazionale dei rifugiati è il principio di non-respingimento affermato all’art. 33 della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, che vieta agli Stati contraenti di espellere o respingere un rifugiato verso le frontiere dei luoghi in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad una determinata categoria sociale, opinioni politiche. Il divieto di respingimento verso una situazione di pericolo di persecuzione si riferisce non solo al ritorno nel Paese d’origine o, nel caso di una persona apolide, nel Paese di precedente residenza abituale, ma anche a qualsiasi altro luogo in cui una persona abbia motivo di temere minacce per la propria vita o libertà, in riferimento a una o più delle fattispecie elencate nella Convenzione del 1951, o dal quale rischi di essere inviata verso un simile pericolo.

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