È quanto emerge dal sesto Rapporto sugli indici di integrazione presentato nei giorni scorsi al Cnel. Trieste la provincia più "accogliente", dopo diversi anni il nord ovest supera il nord est

Rita SALERNO
Redazione

E’ l’Emilia Romagna la regione italiana al primo posto per la maggiore integrazione socio-occupazionale degli immigrati. Nella classifica, contenuta nel sesto Rapporto sugli indici di integrazione realizzato in collaborazione con il dossier statistico Immigrazione Caritas-Migrantes e presentato al Cnel nei giorni scorsi, l’Emilia Romagna supera Trentino Alto Adige (quinto) e Veneto (settimo) per la capacità di attrarre e trattenere quanta più popolazione immigrata presente a livello nazionale. In ambito provinciale, al primo posto si piazza Trieste, seguita da Reggio Emilia, Piacenza e Parma. Ben cinque delle nove province dell’Emilia Romagna si collocano tra le prime quattordici, confermando così il primato raggiunto nel 2005 e nel 2006. All’ultimo posto si trova Vibo Valentia con 291 punti, un potenziale di integrazione più che dimezzato rispetto a quello di Trieste (617).
Dall’indagine, sul piano delle grandi aree spicca il nord ovest, che si colloca al vertice sottraendo il primato detenuto dal nord est negli anni precedenti. Il sorpasso dell’Italia nord occidentale è da attribuire – secondo Luca Di Sciullo, coordinatore del rapporto – «esclusivamente al ruolo giocato dalle due grandi regioni dell’area, Lombardia e Piemonte, collocate rispettivamente al quarto e al terzo posto». Il nord ovest primeggia con un potenziale di integrazione quasi tre volte superiore a quello del sud: 630 contro 223. E’ l’Emilia Romagna la regione italiana al primo posto per la maggiore integrazione socio-occupazionale degli immigrati. Nella classifica, contenuta nel sesto Rapporto sugli indici di integrazione realizzato in collaborazione con il dossier statistico Immigrazione Caritas-Migrantes e presentato al Cnel nei giorni scorsi, l’Emilia Romagna supera Trentino Alto Adige (quinto) e Veneto (settimo) per la capacità di attrarre e trattenere quanta più popolazione immigrata presente a livello nazionale. In ambito provinciale, al primo posto si piazza Trieste, seguita da Reggio Emilia, Piacenza e Parma. Ben cinque delle nove province dell’Emilia Romagna si collocano tra le prime quattordici, confermando così il primato raggiunto nel 2005 e nel 2006. All’ultimo posto si trova Vibo Valentia con 291 punti, un potenziale di integrazione più che dimezzato rispetto a quello di Trieste (617).Dall’indagine, sul piano delle grandi aree spicca il nord ovest, che si colloca al vertice sottraendo il primato detenuto dal nord est negli anni precedenti. Il sorpasso dell’Italia nord occidentale è da attribuire – secondo Luca Di Sciullo, coordinatore del rapporto – «esclusivamente al ruolo giocato dalle due grandi regioni dell’area, Lombardia e Piemonte, collocate rispettivamente al quarto e al terzo posto». Il nord ovest primeggia con un potenziale di integrazione quasi tre volte superiore a quello del sud: 630 contro 223. Le potenzialità del sud Il primato dell’Emilia Romagna nell’indice finale assoluto si deve a un piazzamento elevato sia nell’indice di inserimento occupazionale, sia nell’inserimento sociale, dove occupa la terza posizione. Nel primo caso è superata solo da Lombardia e Lazio, nel secondo da Marche e Abruzzo. Il primo posto nella graduatoria comparativa, cioè la regione a maggior potenziale integrativo degli immigrati rispetto allo standard di vita della popolazione locale, è della Sardegna. Seguono Marche, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Umbria, ovvero realtà medio-piccole che riescono a valorizzare relazioni umane e sociali. A conferma di questa tesi troviamo la Lombardia al diciottesimo posto e il Lazio all’ultimo. Cagliari è la provincia a massima integrazione, con Catanzaro al quinto posto, a conferma delle possibilità del Mezzogiorno. Secondo il Cnel, «è grazie allo sforzo delle regioni, delle autonomie locali e delle organizzazioni sociali che l’integrazione del flusso migratorio può farsi largo nel Paese”.Alla presentazione del Rapporto è intervenuto, tra gli altri, il presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha sostenuto la necessità di «una politica di cittadinanza sociale per gli immigrati in vista di quella riforma ormai necessaria per dare corso a una piena cittadinanza politica».

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