L'affido condiviso e le coppie divise: un progetto del Servizio di psicologia per la coppia e la famiglia dell'Università Cattolica, dell'Alta Scuola di Psicologia "A. Gemelli" e del Centro di ateneo Studi e ricerche sulla famiglia
di Giovanna PASQUALIN TRAVERSA
Redazione
In Italia è entrata recentemente in vigore una legge sull’affido condiviso, volta a tutelare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori. Rinnovando l’art. 155 del Codice civile, la nuova legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 dispone che «anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale» (art.1, comma 1).
Nell’ambito del suo impegno a sostegno delle famiglie divise, il Servizio di psicologia per la coppia e la famiglia dell’Università Cattolica di Milano, l’Alta Scuola di Psicologia “A. Gemelli” e il Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia hanno presentato nei giorni scorsi il progetto “Mediazione familiare e consulenza tecnica d’ufficio nei procedimenti di separazione e divorzio”, sugli effetti della nuova legge. Per l’occasione, un’équipe di ricercatori ha illustrato gli esiti preliminari di un’indagine. In Italia è entrata recentemente in vigore una legge sull’affido condiviso, volta a tutelare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori. Rinnovando l’art. 155 del Codice civile, la nuova legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 dispone che «anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale» (art.1, comma 1).Nell’ambito del suo impegno a sostegno delle famiglie divise, il Servizio di psicologia per la coppia e la famiglia dell’Università Cattolica di Milano, l’Alta Scuola di Psicologia “A. Gemelli” e il Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia hanno presentato nei giorni scorsi il progetto “Mediazione familiare e consulenza tecnica d’ufficio nei procedimenti di separazione e divorzio”, sugli effetti della nuova legge. Per l’occasione, un’équipe di ricercatori ha illustrato gli esiti preliminari di un’indagine. Un’indagine in tre fasi Lo studio, spiega Ettore De Angeli, uno dei ricercatori, si focalizza «non tanto su coloro che vivono la separazione e il divorzio (gli ex coniugi), sui protagonisti dell’affido (i figli) o sul sistema familiare, quanto piuttosto sugli operatori giuridici e psicosociali che lavorano quotidianamente nell’ambito della separazione, del divorzio e dell’affido».La raccolta dati è avvenuta in tre fasi. Anzitutto presso l’Ufficio sentenze IX sezione, T.O. Milano (18 mesi prima dell’entrata in vigore della L. 54/06 e 24 mesi dopo l’entrata in vigore, tramite la lettura di 312 sentenze senza allegati). Quindi attraverso un questionario sottoposto a 218 professionisti del settore: 35 magistrati e avvocati (16,3% del campione), 52 assistenti sociali (24,2%), 89 psicologi (41,4%), 18 psicoterapeuti (8,4%), e 21 altri professionisti che coprono il 9,8% dei soggetti (tra psichiatri, pedagogisti, medici e sociologi). In riferimento alla città di provenienza, il 23,4% dei soggetti viene da Agrigento, il 20,6% da Milano, il 16,5% da Torino, il 6,0% da Brescia, il 4,1% da Vercelli e il restante 29,4% da altre città di tutta Italia. La terza fase ha previsto un’intervista e un questionario a 30 clienti che hanno utilizzato la consulenza tecnica d’ufficio (Ctu) o la mediazione familiare (Mf). Genitorialità “relazionale” Dal questionario rivolto agli operatori del settore, prosegue De Angeli, emerge anzitutto «la rappresentazione culturale di una genitorialità relazionale: da soli non si può essere genitore», tuttavia «il campione preferisce pensare l’affido condiviso come traduzione giuridica del principio di bi-genitorialità», piuttosto che «come traduzione giuridica del principio di coesione genitoriale». «In questo frangente – osservano i curatori dell’indagine – la legge 54/06 ha quindi la funzione, nella rappresentazione del campione, di equiparare le posizioni dei due genitori invece che di integrarle». «La Ctu a orientamento familiare – spiega ancora De Angeli – è uno spazio-tempo in cui accogliere le modalità con le quali la famiglia mette in scena il suo dolore; svelare le attese delle parti in causa; valutare e sostenere le risorse del familiare (prendersi cura delle relazioni genitori-figli)».Tale consulenza si propone di «rimettere in movimento l’azione familiare e operare per una ri-assunzione delle responsabilità genitoriali, accompagnare la transizione familiare e adempiere al mandato del giudice». Dalla contrapposizione al dialogo Sedici i genitori intervistati (10 padri e 6 madri) a conclusione di un percorso di Ctu (da uno a tre anni) in prospettiva dell’affido condiviso. Dopo una situazione di partenza conflittuale «all’insegna dell’aggressione verbale e a volte anche fisica nel rapporto di coppia, e all’insegna della carenza o quasi assoluta mancanza di accesso ai figli da parte di un genitore», si giunge a una «maggiore consapevolezza individuale e a maggior equilibrio nella vicenda separativa individuale e di coppia». Di qui lo sguardo al futuro, «con il precisarsi di una struttura organizzativa familiare e di un progetto che avvia una fase di vita successiva». Strategico, sottolineano i ricercatori, il passaggio «dai contenuti relativi al contrasto e alla contrapposizione a quelli del dialogo e della capacità di seguire le regole per collaborare», «il passaggio dai sentimenti di odio e disperazione al riconoscimento di risorse positive quali un bel rapporto con il figlio» e quello «da una genitorialità esclusiva (mio figlio) a una cogenitorialità (nostro figlio)».Il prossimo 4 novembre ripartirà anche la settima edizione dei “Gruppi di parola” per i figli dei genitori separati, promossa dall’Università Cattolica. Con oltre 20 sperimentazioni nel Nord Italia dal 2006 a oggi e più di 80 ragazzi tra i 6 e i 12 anni, questa iniziativa (quattro incontri il 4, 11, 18 e 25 novembre) intende offrire a questi bambini una rete di sostegno per aiutarli a superare inquietudini e paure.