Il presidente del Movimento per la vita Carlo Casini commenta il Rapporto sull'attuazione della legge 40 in materia di procreazione medicalmente assistita a tre anni dal varo�
Luigi CRIMELLA
Redazione
«Prima della modifica da parte della Corte Costituzionale, la legge 40 rappresenta il massimo di conciliazione possibile nel tentativo di superare da un lato le difficoltà a concepire e dall’altro a tutelare comunque la vita del concepito. Ci opporremo a ogni tentativo di allargare le maglie della legge, perché per noi vale sempre il comandamento del “non uccidere” e gli embrioni sono esseri umani allo stadio iniziale»: lo dice il presidente del Movimento per la vita italiano Carlo Casini, a commento del “2° Rapporto sullo stato di attuazione della legge 40/2004” sulle norme in materia di procreazione medicalmente assistita.
«La sentenza della Corte Costituzionale ha tolto il limite dei tre embrioni. Allora ci chiediamo: che si fa di quelli non utilizzati?». Casini aggiunge che «la legge 40 è stata sottoposta a un referendum popolare che ha avuto risultati plebiscitari, sancendo che soltanto il 20% dei cittadini era per la sua abrogazione, mentre la grande maggioranza la difendeva. Noi ribadiamo che l’embrione è vita umana a pieno titolo ed esiste quindi il dovere morale di difenderlo e tutelarlo, indipendentemente da come è stato procreato».
«La vita del concepito in provetta è in grave pericolo anche quando esso viene destinato alla nascita mediante trasferimento in utero: soltanto 1 su 10 arriva al parto e l’ombra di morte si estende quando vengono trasferiti embrioni scongelati. In questo ultimo caso solo un concepito su 20 giunge al parto”: così Casini entra nel merito dell’attuazione della legge 40. «Nel triennio 2005-2007, su 196.399 embrioni trasferiti, ha potuto essere provata la nascita di solo 16.185 bambini». Casini sottolinea anche che «l’effetto più benefico della legge è stato quello di aver evitato nel solo triennio 2005-2006-2007 la possibile formazione soprannumeraria e la conseguente possibile distruzione, diretta o per congelamento, di altri 120 mila embrioni». Nel periodo 2003-2007 sono comunque stati 5.349 gli embrioni morti per effetto dello scongelamento.
«Il rispetto dei limiti posti a tutela del diritto alla vita hanno meglio garantito la salute della donna e non hanno diminuito la percentuale del successo», considera ancora Casini, che precisa: «Sono diminuite le sindromi da iper-ovulazione (0,44% nel 2007 contro l’1,02% della media europea), perché una pluralità di stimolazioni dolci è meno pericolosa delle stimolazioni severe, possibili quando non sia posto un limite alla generazione di embrioni e quindi al prelievo di ovociti». Risultati desunti dal confronto con i dati di altri Paesi europei: «La probabilità che una donna richiedente la procreazione medicalmente assistita debba più volte sottoporsi a trattamento iper-ovulatorio e prelievo è andata calando, passando dal 30,5% dei cicli e dal 14,3% dei prelievi del 2003 al 20,6% dei cicli e al 7% dei prelievi nel 2007, in netta controtendenza con quanto accade nella inseminazione semplice, dove la stimolazione plurima è andata crescendo (29,4% nel 2005 – 34,7% nel 2007)».
Casini quindi evidenzia come dai dati del Rapporto emerga che «l’aspettativa di avere un figlio per una coppia nella quale è presente una donna di età superiore ai 35 anni è ridotta del 50% rispetto alle coppie nelle quali le donne hanno una età inferiore». Perciò, ha concluso, «non è giusto valutare insufficienti i risultati della procreazione medicalmente assistita in Italia perché inferiori a quelli di alcuni Paesi stranieri, senza tener conto delle differenze di età. L’Italia detiene il primato delle donne ultratrentacinquenni che ricorrono a tali tecniche». «Prima della modifica da parte della Corte Costituzionale, la legge 40 rappresenta il massimo di conciliazione possibile nel tentativo di superare da un lato le difficoltà a concepire e dall’altro a tutelare comunque la vita del concepito. Ci opporremo a ogni tentativo di allargare le maglie della legge, perché per noi vale sempre il comandamento del “non uccidere” e gli embrioni sono esseri umani allo stadio iniziale»: lo dice il presidente del Movimento per la vita italiano Carlo Casini, a commento del “2° Rapporto sullo stato di attuazione della legge 40/2004” sulle norme in materia di procreazione medicalmente assistita.«La sentenza della Corte Costituzionale ha tolto il limite dei tre embrioni. Allora ci chiediamo: che si fa di quelli non utilizzati?». Casini aggiunge che «la legge 40 è stata sottoposta a un referendum popolare che ha avuto risultati plebiscitari, sancendo che soltanto il 20% dei cittadini era per la sua abrogazione, mentre la grande maggioranza la difendeva. Noi ribadiamo che l’embrione è vita umana a pieno titolo ed esiste quindi il dovere morale di difenderlo e tutelarlo, indipendentemente da come è stato procreato».«La vita del concepito in provetta è in grave pericolo anche quando esso viene destinato alla nascita mediante trasferimento in utero: soltanto 1 su 10 arriva al parto e l’ombra di morte si estende quando vengono trasferiti embrioni scongelati. In questo ultimo caso solo un concepito su 20 giunge al parto”: così Casini entra nel merito dell’attuazione della legge 40. «Nel triennio 2005-2007, su 196.399 embrioni trasferiti, ha potuto essere provata la nascita di solo 16.185 bambini». Casini sottolinea anche che «l’effetto più benefico della legge è stato quello di aver evitato nel solo triennio 2005-2006-2007 la possibile formazione soprannumeraria e la conseguente possibile distruzione, diretta o per congelamento, di altri 120 mila embrioni». Nel periodo 2003-2007 sono comunque stati 5.349 gli embrioni morti per effetto dello scongelamento.«Il rispetto dei limiti posti a tutela del diritto alla vita hanno meglio garantito la salute della donna e non hanno diminuito la percentuale del successo», considera ancora Casini, che precisa: «Sono diminuite le sindromi da iper-ovulazione (0,44% nel 2007 contro l’1,02% della media europea), perché una pluralità di stimolazioni dolci è meno pericolosa delle stimolazioni severe, possibili quando non sia posto un limite alla generazione di embrioni e quindi al prelievo di ovociti». Risultati desunti dal confronto con i dati di altri Paesi europei: «La probabilità che una donna richiedente la procreazione medicalmente assistita debba più volte sottoporsi a trattamento iper-ovulatorio e prelievo è andata calando, passando dal 30,5% dei cicli e dal 14,3% dei prelievi del 2003 al 20,6% dei cicli e al 7% dei prelievi nel 2007, in netta controtendenza con quanto accade nella inseminazione semplice, dove la stimolazione plurima è andata crescendo (29,4% nel 2005 – 34,7% nel 2007)».Casini quindi evidenzia come dai dati del Rapporto emerga che «l’aspettativa di avere un figlio per una coppia nella quale è presente una donna di età superiore ai 35 anni è ridotta del 50% rispetto alle coppie nelle quali le donne hanno una età inferiore». Perciò, ha concluso, «non è giusto valutare insufficienti i risultati della procreazione medicalmente assistita in Italia perché inferiori a quelli di alcuni Paesi stranieri, senza tener conto delle differenze di età. L’Italia detiene il primato delle donne ultratrentacinquenni che ricorrono a tali tecniche».