Nei messaggi per la Pasqua del patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah e dei leader cristiani, un appello alle parti in guerra per deporre le armi e avviare un serio dialogo e un forte monito ai leader politici israeliani e palestinesi a scegliere «tra pace ed estremismo»
Redazione
18/03/2008
«Israeliani e palestinesi, dopo oltre un secolo di violenza, devono capire che con le armi non possono più difendere i loro popoli, li espongono al contrario a maggiore violenza, paura, insicurezza. Ètempo che gli Stati e i responsabili politici accettino la loro vocazione, costruire le società e non distruggerle».
Nel suo ultimo messaggio per la Pasqua, il patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah – che il 19 marzo compie 75 anni – si appella ai leader politici israeliani e palestinesi per la fine della violenza. «Abbiamo bisogno di leader capaci di fare la pace – scrive -, poiché è l’unica via per imporre un limite all’estremismo e cominciare una vera azione a favore della sicurezza».
«Dire che la pace è un rischio che non si può correre – prosegue il patriarca – equivale a dire che si resterà nella violenza e nella morte. Spetta ai capi scegliere tra pace ed estremismo. Abbiamo bisogno di capi pronti a pagare con la loro vita il prezzo della pace e non di leader che ordinano di uccidere e di assassinare».
Nel messaggio Sabbah ricorda anche la morte dell’arcivescovo di Mosul, monsignor Rahho, e «la vita di tutti gli iracheni», definita una «tragedia permanente», ribadendo che alla fine del suo mandato resterà a Gerusalemme per adoperarsi «per la pace e la giustizia in questa Terra».
«Penitenza e perdono» sono invece le strade privilegiate per giungere alla «pace e alla sicurezza», indicate dai capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme nel loro messaggio per la Pasqua. Tra i firmatari lo stesso Sabbah e anche il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa.
«I metodi usati finora per ottenere la sicurezza vanno cambiati se non si vuole vivere in un costante ciclo di violenza», affermano i rappresentanti cristiani, rivolgendosi in particolari ai leader di Israele e Palestina, esortati, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, a «fare penitenza e ad ammettere il proprio coinvolgimento nel peccato del mondo, così da essere perdonati».
Da parte loro i cristiani sono chiamati a «essere testimoni del Risorto», collaborando a «rimuovere il fardello che pesa sulla vita della gente causato dell’occupazione, dallo spargimento di sangue, dalla violenza e dall’odio reciproco». A tutti coloro che, sparsi nel mondo, aspirano alla pace in Terra Santa, i leader cristiani chiedono di «pregare perché la paura, principale ostacolo alla pace, possa svanire, le persone possano accettarsi gli uni gli altri e questa Terra diventare terra della Resurrezione».