Il "Centro per la famiglia" segue adolescenti per "disturbi dell'umore"
Redazione
16/04/2008
di Luisa BOVE
Il “Centro per la famiglia” di Sesto San Giovanni è uno dei 35 Consultori familiari di ispirazione cristiana attivi in diocesi. Nato nel 1995 come spazio psicologico, è stato accreditato dalla Regione Lombardia nel 2001. Questo ha consentito, l’anno successivo, di stipulare una convenzione con l’Asl e ricevere rimborsi per le prestazioni erogate.
Ma al Consultorio di Sesto – ci tiene a dire Annamaria Franco, vicedirettore, psicologa e psicoterapeuta – hanno sempre lavorato figure professionali, pur prestando un servizio volontario. Oggi tra professionisti, specialisti e volontari, operano al Centro circa 60 persone. Il Consultorio di via Fogagnolo 104 è aperto tutti i giorni, dal lunedì al venerdì (h 9-12 e 15-19) ed eccezionalmente anche il sabato mattina.
«Nel 2007 le persone trattate sono state 1265 – dice la dottoressa Franco -, per un totale di 4580 prestazioni». A queste cifre vanno poi aggiunte quasi 800 persone, che hanno partecipato a iniziative promosse dall’équipe o richieste dal territorio su genitorialità, affettività, relazionalità e sul ruolo dei nonni in famiglia.
Il 38% degli utenti erano di sesso maschile, un dato significativo dovuto al fatto che il consultorio non si rivolge a un pubblico esclusivamente femminile. L’anno scorso si sono rivolti al Centro anche una cinquantina di ragazzi di età compresa tra i 13 e i 18 anni, 16 tra i 18 e i 20, 76 tra i 20 e i 24, ma gli interventi più numerosi sono andati alla fascia che va dai 35 ai 45 anni.
«Per migliorare il servizio – spiega il vicedirettore – oltre alle 5 figure classiche dei consultori (ginecologa, ostetrica, infermiere professionale, psicologo e assistente sociale), abbiamo introdotto anche un consulente familiare, un pedagogista, uno psichiatra e alcuni legali».
L’aspetto a cui tengono molto è «l’integrità della persona», considerando «la complessità del contesto in cui si trova». Avere quindi diversi esperti permette al Consultorio di dare risposte più adeguate. Senza volersi sostituire ai servizi del territorio il “Centro della famiglia” si trova spesso a intervenire su «un’area scoperta», quella «psicologica più lieve».
Se infatti le persone con patologie gravi sono seguite dai Cps, quelle che presentano per esempio “disturbi dell’umore” non sanno dove andare. «Si tratta soprattutto di adolescenti e giovani (tra i 15 e i 17 anni sono gli stessi genitori a inviarli, ndr) che hanno difficoltà a diventare grandi». Queste “fatiche” legate all’età evolutiva possono degenerare in disagio, tuttavia l’attuale sistema sanitario non prevede servizi ad hoc.
«Nessuno si occupa di questi disagi lievi – dice Franco -, spesso legati alle difficoltà di distacco dalla famiglia di origine». Se da una parte i giovani hanno l’esigenza di una vita adulta, dall’altra vivono ancora in un contesto familiare che impedisce loro l’autonomia.