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Redazione
«Infortuni zero deve essere l’obiettivo di tutta l’impresa lombarda». È molto esplicito il neo-segretario regionale della Cisl, Gigi Petteni (nella foto). «Ci sono aziende che hanno posto questo obiettivo e lo stanno realizzando, anche se sono troppo poche. Però è la conferma che è possibile. Allora occorre un sistema che penalizzi chi non sta nelle norme e sia incentivante verso coloro che invece investono».
Quanto conta la sicurezza sul lavoro?
Sicuramente è un tema centrale, perché i dati che sono emersi in questi ultimi tempi non sono casuali. Sono la spia d’allarme di un sistema economico che si è frastagliato e ha creato condizioni in cui il governo dei processi dell’organizzazione del lavoro non consente più alle parti sociali di esercitare un ruolo importante. Decentramenti produttivi, frammentazione dei processi, outsourcing aziendale hanno determinato la condizione di avere meno controlli. Molti decentramenti hanno fatto pagare i prezzi ai soggetti più deboli che sono i lavoratori, quelli più precari, indifesi, molte volte anche non legalizzati e non tutelati come l’area dell’immigrazione. I numeri che guardiamo non sono fatti casuali, sono frutti di un processo che bisogna tornare a governare. Per far ciò sono indispensabili regole applicate con durezza, altrimenti c’è chi sta bene a fronte di chi sta male e perde la vita.
Come valuta il provvedimento del ministro Sacconi: è migliorativo sui controlli?
Credo ci sia un finto tentativo di andare incontro alle esigenze delle aziende per rendere più concrete e applicabili le norme. Come Cisl pensiamo che chi è a posto non si deve preoccupare di norme severe. Se c’è preoccupazione vuol dire che dietro c’è altro. Non vanno annebbiate le norme in questo momento, ci vuole durezza. Certo sappiamo che non servono solo queste, che occorre costruire una cultura della responsabilità. Così si fa ricostruzione sociale e di un’etica del lavoro. Bisogna intervenire, perché intanto troppi pagano.
La sicurezza viene vista come un costo e non come una risorsa…
Le imprese serie devono sapere che chi non fa questo, oltre a provocare un danno irreparabile a quelli che noi rappresentiamo, alla fine diventa un elemento di scorrettezza, di competizione non leale, che rischia di creare la cultura che chi salta l’ostacolo è più competitivo.
E’ una distorsione del mercato…
Esatto. Contro questo occorre un lavoro bilaterale, un rapporto forte tra sindacato e impresa: dobbiamo avere aziende competitive non perché evadono le norme della sicurezza, ma perché hanno una propria capacità sul mercato.
Esiste anche il problema di dare un futuro a chi si è infortunato…
Infatti. Tanti anche in Lombardia fanno fatiche enormi a reinserirsi nel mercato del lavoro. Occorre un livello di responsabilità più forte per dare risposte positive. (p.n.)