Avviata una raccolta di offerte per portare soccorso alle popolazioni sfuggite alla violenza delle ultime settimane: servono beni di prima necessità e sostegno psicologico. I rifugiati sono circa 250 mila: «In passato i kenyani hanno ospitato migliaia di persone costrette a fuggire dai propri Paesi, ora faremo il possibile per aiutare loro», ha dichiarato il vice Alto Commissario Onu per i Rifugiati. Padre Kizito Sesana: «Non si può negare l'aspetto etnico, ma la responsabilità è dei leaders politici»


Redazione

Avviata una raccolta di offerte per rispondere all’invito della Caritas
e dei Vescovi locali: servono beni di prima necessità e sostegno
psicologico. I rifugiati sono circa 250 mila: «In passato i kenyani
hanno ospitato migliaia di persone costrette a fuggire dai propri
Paesi, ora faremo il possibile per aiutare loro», ha dichiarato
il vice Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Padre Kizito Sesana: «Non si può negare l’aspetto etnico,
ma la responsabilità di questa violenza è dei leaders politici»

08/01/2008

Un appello a reperire beni di prima necessità e a offrire sostegno psicologico alla popolazioni del Kenya in balia delle violenze scoppiate dopo le recenti elezioni, lanciato dai responsabili della Caritas locale, e’ stato accolto e diffuso dalla Caritas Ambrosiana, che ha lanciato una campagna di offerte pro “Emergenza Kenya 2008”.

La Caritas Ambrosiana si è associata anche all’appello dei Vescovi del Paese africano: mettere da parte la violenza e promuovere giustizia, pace e solidarietà attraverso una richiesta ai leader politici di chiarire ogni controversia con il confronto e il dialogo.

Nei giorni scorsi circa 250 mila persone in Kenya sono fuggite dalle loro case a causa dei violenti scontri. «Forniremo assistenza immediata a circa 100 mila persone, come parte integrante dello sforzo congiunto messo in atto dalle varie agenzie Onu – ha dichiarato il vice Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, L. Craig Johnstone -. Abbiamo scorte per 50 mila persone nei nostri magazzini a Nairobi e faremo arrivare altre forniture dalle riserve d’emergenza immagazzinate a Dubai e in Tanzania». L’operazione si rivolgerà agli sfollati della Rift Valley e a quelli che si trovano nelle zone intorno a Nairobi.

Al momento il Kenya ospita più di 270 mila rifugiati di altri Paesi, per lo più somali e sudanesi. «Nel corso degli anni – ha aggiunto Johnstone -, il Kenya ha dimostrato una enorme generosità nell’aiutare migliaia di persone costrette a fuggire dai Paesi circostanti. Colpisce in maniera particolare vedere come siano ora i keniani stessi a fuggire e faremo il possibile per cercare di alleviare le loro sofferenze».

«I quasi duecento morti accertati che abbiamo visto in questi giorni sulle strade del Kenya sono il risultato di una politica malata, fondata sull’idolatria del potere e dei soldi, una religione che è stata alimentata dagli uomini politici keniani fin dall’indipendenza», ha rilevato nei giorni scorsi sul suo blob padre Kizito Renato Sesana, missionario comboniano in Kenya dal 1988, che ha anche ammesso «che l’aspetto etnico sia diventato centrale non lo si può negare». Sottolineando però che «questa etnicizzazione della politica è responsabilità esclusiva dei leaders» e che «la rivalità tribale è sfuggita probabilmente anche al controllo di chi l’ha scatenata».

Per sbloccare la situazione l’intervento internazionale è necessario, ma – ha aggiunto padre Kizito – «la pace non può venire dal di fuori, deve nascere dal di dentro, per poter superare definitivamente le difficoltà e gli odi seminati negli ultimi mesi e nelle ultime settimane». (m.c.)

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