Suor Albina Corti, responsabile della clinica "Monsignor Luigi Talamoni", racconta i 14 anni di assistenza prestata quotidianamente a Eluana Englaro: «Non è abbandonata»


Redazione

10/07/2008

di Paolo RAPPELLINO

La accudiscono «quasi come una figlia». Da 14 anni le Suore Misericordine vegliano Eluana Englaro nella Casa di cura “Monsignor Luigi Talamoni” di Lecco. «In tutto questo tempo non le abbiamo mai prestato nessuna particolare cura medica – spiega la responsabile della clinica suor Albina Corti -. Per noi è una persona e viene trattata come tale. È alimentata con il sondino naso-gastrico durante la notte ed è in buone condizioni di salute. Fisiologicamente ha tutte le funzioni sane.� È una ragazza bellissima».

La casa di Eluana da allora è una stanza singola nel reparto di riabilitazione da 14 posti letto della clinica, vicino alla basilica di San Nicolò a Lecco. Un ospedale privato, convenzionato con il sistema sanitario. Alle pareti le foto della vita prima dell’incidente di quel maledetto 18 gennaio 1992.

A farle da angelo custode suor Rosangela: «Lei – racconta quasi con pudore la consorella – oramai intuisce subito se ha mal di pancia o mal d’orecchio». Tutte le mattine la paziente viene alzata dal letto, lavata, messa in poltrona. Quotidianamente la portano in palestra, dove c’è un fisioterapista che le pratica la riabilitazione passiva; in stanza c’è spesso la radio accesa con la musica.

«Qualche volta muove gli occhi, soprattutto se le parla suor Rosangela – confida suor Albina -, non si riesce a capire se comprende, ma io penso di sì, anche se clinicamente dicono di no. Però non è in grado di compiere nessun movimento. In tutti questi anni non ha mai dato nessun segno».

«Èarrivata da noi nel 1994 – ricorda la religiosa misericordina -. Erano stati i genitori a cercarci, perché era nata qui e il padre diceva: “Desidero che chiuda gli occhi dove è venuta alla luce”. Quando ci fu chiesto di ricoverarla, nutrivamo delle riserve. Sapendo che la ragazza era in coma, pensavamo di non essere attrezzate sufficientemente per poterla accudire. Ma quando la nostra suora infermiera e un nostro medico sono andati a visitarla nel precedente ricovero, hanno capito subito che non necessitava di null’altro rispetto all’alimentazione con il sondino».

Eluana, seppure in stato vegetativo, non è stata mai lasciata sola, è inserita in una rete di relazioni: le fanno visita i famigliari, vengono anche alcuni conoscenti. «C’è una rete di relazioni intorno a lei, non è abbandonata. Spesso ad accompagnarla in giardino sulla carrozzina sono i genitori. Regolarmente vengono due amiche della ragazza», racconta suor Albina.

Ora le religiose della clinica “Talamoni” rimangono in attesa: «Per ora non ci hanno ancora comunicato nulla. Ovviamente noi non lasciamo entrare nessuno. Non sospenderemo mai l’alimentazione. Nel caso, venga il padre a prenderla: fino ad allora la ragazza starà qui. Anche se vorremmo dire al signor Englaro che se davvero la considera morta di lasciarla qui da noi. Eluana è parte anche della nostra famiglia».

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