Non si agisca in base ad approcci emotivi e strumentali, ma considerando anzitutto il valore della vita e la dignità della persona


Redazione

09/07/2008

L’amore per i più piccoli e poveri ci porta a guardare con particolare attenzione a coloro che, come Eluana, dipendono in tutto, perfino nel cibo e nell’acqua, dalla cura altrui, sicuri, in tal modo, di attuare concretamente il comando evangelico di “dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati”.

Davanti alla condizione di Eluana (la cui famiglia abita a Lecco, nella Diocesi di Milano) che l’Arcivescovo ha già avuto modo di visitare, è possibile proporre, con rispetto, alcune immediate considerazioni.

Non entriamo nel merito dei sentimenti altrui, né esprimiamo giudizi sulle persone, che spettano ultimamente a Dio. Eluana è una persona viva; non dipende da nessuna macchina, né riceve cure straordinarie. Ha soltanto necessità di alcuni aiuti per alimentarsi ed essere accudita. Ne danno testimonianza silenziosa e amorevole, da ormai quattordici anni, le Suore Misericordine e il personale sanitario della Clinica “Talamoni” di Lecco.

Eluana, quindi, non va guardata come un “caso clinico” su cui discutere, né tanto meno va strumentalizzata per finalità del tutto estranee alla sua vicenda umana.

La situazione di Eluana, che richiede di essere rispettata nella sua singolarità, suscita, tra gli altri, due ordini di interrogativi. Il primo, di carattere etico, richiede di tenere in considerazione anzitutto la fondamentale distinzione tra l’accanimento terapeutico, chiaramente non presente in questa circostanza, e il dovere di alimentazione. Eluana, come ognuno di noi, ha bisogno di acqua, cibo e cura della persona. L’altro interrogativo, di carattere giuridico, non presenta per ora elementi sufficienti per essere adeguatamente valutato. Ci auguriamo che si reagisca non in base ad approcci emotivi e strumentali, ma considerando in modo pacato e ponderato i molteplici elementi in gioco, anzitutto la vita e la dignità della persona.

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