Redazione
In attesa dello sviluppo delle indagini che riguardano il Guardasigilli, resta irrisolto il nodo dei rapporti
tra magistratura e politica. Un confronto che deve liberarsi da preconcetti e sospetti, da entrambe le parti. E’ giusto che i giudici facciano il loro mestiere senza guardare in faccia a nessuno. Ma se i comportamenti
dei politici – per quanto discutibili – non risultassero penalmente rilevanti, le scuse sarebbero sufficienti?
18/01/2008
di Antonio AIRÒ
Romano Prodi ha assunto l’interim del Ministero della Giustizia dopo le dimissioni presentate da Clemente Mastella, al centro di indagini da parte della magistratura di Santa Maria Capua Vetere, che hanno portato la moglie del leader dell’Udeur (presidente del Consiglio regionale della Campania) e altri dirigenti del partito agli arresti domiciliari e ad altri provvedimenti restrittivi.
Con una sensibilità che gli fa onore e che tutte le forze politiche hanno apprezzato, l’ex ministro ha ritenuto opportuno rinunciare al suo incarico per meglio difendersi e dimostrare la sua innocenza dalle accuse che gli sono state rivolte. Naturalmente le dimissioni di Mastella hanno reso ancora più fragile la vita del Governo, anche se il leader dell’Udeur ha assicurato l’appoggio esterno del suo partito, pur chiarendo che non si sente più vincolato alle scelte della maggioranza.
Al di là della vicenda personale e umana di Mastella, resta irrisolto il nodo dei rapporti tra magistratura e politica che da troppi anni agita il nostro sistema democratico. In attesa che si concludano le indagini – che ci auguriamo per una volta rapide -, ci sembra di avvertire una sorta di incomunicabilità che non si risolve in modo semplicistico con una rivendicazione, talvolta acritica e fatta di slogan, sull’autonomia e sul senso di responsabilità dei giudici (come ha fatto anche in questa occasione il ministro Di Pietro), o con le accuse generiche e strumentali a frange più o meno estese della magistratura di ordire complotti nei confronti della politica e di alcuni politici e partiti in particolare. Ieri del centro destra e oggi del centro sinistra.
Occorre che il confronto si liberi da preconcetti o da sospetti, innanzitutto da parte delle forze politiche. Un avviso di garanzia e anche un rinvio a giudizio non sono una condanna, anche se il sistema esteso delle intercettazioni finite sempre sui mass media (che fanno il loro mestiere) sempre più spesso mette alla gogna cittadini e politici chiamati in causa prima di alcuna sentenza.
E un giudizio critico, anche molto severo, sul comportamento dei giudici non deve essere letto come un attacco alla loro credibilità. Nelle indagini della magistratura campana sembra emergere una sorta di messa sotto accusa dell’occupazione del potere che sempre più diffusamente viene compiuta da questa o quella forza politica (in questo caso l’Udeur di Mastella) per acquisire visibilità e consenso. Ma questo comportamento, che può sollevare non pochi problemi etici, è penalmente rilevante e deve essere quindi sanzionato? I giudici di Santa Maria Capua Vetere ritengono di si. Di qui la chiamata in causa di Mastella.
E’ giusto – e il discorso va oltre questa vicenda – che i giudici facciano il loro mestiere senza guardare in faccia a nessuno, men che meno ai potenti di turno. Ma se dovesse risultare che le indagini hanno sbagliato bersaglio, che gli accusati sono innocenti e che non hanno commesso qualcosa di penalmente rilevante anche se hanno operato con metodi discutibili, i giudici possono cavarsela con qualche scusa e l’indicazione di un risarcimento che spesso non arriva mai? In tutto il dibattito tra le colpe della politica e quelle dei magistrati non abbiamo finora sentito nulla in proposito. Forse sarebbe opportuna qualche riflessione in questa direzione.