Un diario dell'anima, quello di don Luigi Pozzoli oggi pubblicato da Ancora, che racconta la gioia, la fatica e l'entusiasmo di chi, giorno dopo giorno, affronta la missione di prete fra gli uomini.

Luca FRIGERIO
Redazione

Sette anni anni con don Luigi Pozzoli. Un nome noto, quello del sacerdote ambrosiano, non fosse altro che per i suoi studi e per le sue conferenze, dedicate soprattutto alla ricerca del sacro nella letteratura contemporanea. Sulla copertina di questo suo ultimo libro di « Pensieri vagabondi», edito dall’Ancora, la figura di un asinello, cavalcato da una civetta che ha per sella un grosso libro… Una simbologia eloquente e ironica, allo stesso tempo. Per il lettore, così, la compagnia con don Luigi inizia nel – lontano? – novembre del 1992, tra le gioie e le fatiche delle benedizioni natalizie. E continua, poi, con il ritmo delle stagioni e del calendario liturgico, fino alle soglie del nuovo millennio. Con l’alternarsi dell’affetto degli amici e dei bisogni dei suoi parrocchiani, e viceversa. Con le piccole, grandi esperienze dei giorni che si susseguono, sempre uguali, sempre diversi, con le loro amarezze, sorprese, felicità, malinconie, soddisfazioni, dubbi, emozioni, lutti… Anno dopo anno, pagina dopo pagina. E il lettore condivide tutto, con crescente partecipazione. Sette anni anni con don Luigi Pozzoli. Un nome noto, quello del sacerdote ambrosiano, non fosse altro che per i suoi studi e per le sue conferenze, dedicate soprattutto alla ricerca del sacro nella letteratura contemporanea. Sulla copertina di questo suo ultimo libro di « Pensieri vagabondi», edito dall’Ancora, la figura di un asinello, cavalcato da una civetta che ha per sella un grosso libro… Una simbologia eloquente e ironica, allo stesso tempo. Per il lettore, così, la compagnia con don Luigi inizia nel – lontano? – novembre del 1992, tra le gioie e le fatiche delle benedizioni natalizie. E continua, poi, con il ritmo delle stagioni e del calendario liturgico, fino alle soglie del nuovo millennio. Con l’alternarsi dell’affetto degli amici e dei bisogni dei suoi parrocchiani, e viceversa. Con le piccole, grandi esperienze dei giorni che si susseguono, sempre uguali, sempre diversi, con le loro amarezze, sorprese, felicità, malinconie, soddisfazioni, dubbi, emozioni, lutti… Anno dopo anno, pagina dopo pagina. E il lettore condivide tutto, con crescente partecipazione. Verità e com-passione Un diario, insomma. Un diario dell’anima che, cammin facendo, viene spontaneo accostare a quello del curato di campagna di Bernanos o a quello di Clemente Rebora. Non per trovarvi similitudini scontate, ma per reali, vibranti affinità di fondo… Lo stile è asciutto, essenziale, evocativo. Piacevole e incisivo, insomma. Tanto che non si sa, ad un certo punto, se correre per leggere ancora e di più, o se soffermarsi, per riflettere e interiorizzare. Eppure non è questo, dei pensieri vagabondi di don Pozzoli, che più colpisce. Piace soprattutto la schiettezza di un certo sguardo su fatti e persone, su situazioni e atteggiamenti. E, ancor più, se ne apprezza il pudore, fraternamente cristiano. Si gode, davvero, della sensibilità profonda di un uomo che si lascia incantare da una frase che ha letto, da un fiore che ha visto sbocciare, da una nuvola che passa in cielo. O da uno voce che ha ascoltato. Con il desiderio, infine, di fartene partecipe. Di Luigi Pozzoli si ammira poi la fragilità, e la forza di non nasconderla, né di vergognarsene. La gioia quasi infantile per un gesto d’amicizia ricevuto, a rompere la solitudine. L’impotenza davanti alla sofferenza del prossimo, così umana, ma da cui i preti si vorrebbero immuni. La visione chiara su tante questioni, sociali, famigliari, religiose, senza spiattellare sentenze, ma ribadendo la certezza che bisogna innanzitutto amare. E com-patire. Elogio dell’amicizia Il ricorrere di Santucci, poi, in queste pagine, che delizia. «Io sono un uomo natalizio», ci confidò una volta lo scrittore con dolcezza, in un’intervista di poco precedente la sua scomparsa. «Il presepio io lo terrei in casa tutto l’anno…». Un intimità, quella di Pozzoli con Santucci, che ritorna con padre Turoldo, le cui parole, le cui immagini, quasi perfino la voce riecheggia in tanti ricordi e in tanti passaggi di queste pagine. E così ancora Balducci, Quinzio, Fabretti… Amicizie pesanti, osserverà qualcuno. Scomode, perfino. Come scomode e fors’anche imbarazzanti, per taluni, potrebbero risultare certe annotazioni di Pozzoli sull’operato di una Chiesa non sempre memore dello spirito del Concilio Vaticano II, sulle gerarchie, sui meccanismi curiali, anche ambrosiani. Ma non è di elogi ipocriti che ha bisogno il nostro tempo. Nè di accomodanti pacche sulle spalle che necessita oggi la nostra fede.Luigi PozzoliPENSIERI VAGABONDI (1992-1999)Ancora (280 pagine, 14 euro)

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