Erogati i contributi per far fronte alle spese necessarie. Ma la crisi si affronta anche riflettendo sugli stili di vita. Parlano il responsabile della Caritas zonale don Ettore Dubini e il segretario generale del Fondo Luciano Gualzetti
di Marcello VILLANI
La crisi economica colpisce duramente anche le famiglie lecchesi. Ben 475.580 gli euro erogati per soddisfare 199 richieste approvate dal Fondo Famiglia-Lavoro su 266 richieste in totale provenienti dalla Zona pastorale III (che comprende anche i decanati di Erba, Asso e il Porlezzese). I soldi erogati sono stati indirizzati a spese necessarie, imprescindibili: affitto, rate di mutuo, bollette e spesa quotidiana. A far richiesta non sono soltanto famiglie immigrate, ma anche italiane. Queste ultime sono pari circa a un terzo delle domande a Lecco.
«La situazione è drammatica – spiega don Ettore Dubini, responsabile della Caritas zonale -, ma il territorio davanti a questa emergenza non si è tirato indietro, si è messo in gioco in prima persona con la sua Chiesa. Un servizio che ha due facce: avere risorse economiche donate da gente della Diocesi ed essere dotati di una rete, che passa attraverso i parroci e i tanti volontari, per distribuire tali aiuti a chi ne è bisognoso e ha i requisiti. Tutta la Chiesa locale si gioca in questa operazione». Il futuro? «Coinvolgere il territorio per rimpinguare questo Fondo, visto che oltre 4 milioni su 5 a livello diocesano sono già stati spesi, costringendo a rivedere ulteriormente le elargizioni dei contributi a favore, soprattutto, di famiglie con minori. L’altra operazione è, però, far fronte a una seconda tranche di domande».
Dignità e solidarietà
Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas Ambrosiana e segretario generale del Fondo, invece sottolinea: «La Diocesi si è spesa su tutto il territorio e ha risposto a un bisogno concreto di famiglie che hanno perso il lavoro a causa di questa crisi. Un bisogno soprattutto di dignità e di solidarietà. La riflessione sulle cause della crisi non deve essere secondaria, ma portare a rivedere gli stili di vita. Questa crisi deriva da un trentennio dove ci si era illusi di potersi indebitare se non ce la si fa da soli. Una mentalità che è crollata sotto i colpi del mercato e ora lo stile di vita deve riprendere un concetto di sobrietà. Operatori Caritas e Acli fanno riflettere su questo non lasciando da sole famiglie che rischiavano di rassegnarsi o isolarsi». Non è solo l’aiuto economico a essere importante. «Il Welfare – conclude Gualzetti – è totalmente inadeguato, non esiste, è stato smantellato e noi siamo una goccia nel mare del bisogno. Non possiamo contrastare la crisi che sta travolgendo le famiglie, ma stiamo facendo la nostra parte e attivando le comunità cristiane». A luglio, infatti, ben 54 parroci della Zona pastorale di Lecco hanno ricevuto da parte della Diocesi il contributo (in una parrocchia dell’Oggionese ci sono stati aiuti per 77 mila euro) e incontrato le famiglie bisognose che hanno ricevuto l’assegno. Ma gli operatori non incontrano le famiglie solo per valutare se rientrano nei requisiti: «Le incontrano – spiega Gualzetti – soprattutto se non possono entrare nel Fondo: nessuno è stato lasciato solo». Anche chi non ha subito lo tsunami della crisi è invitato a riflettere: «Speriamo che chi abbia risparmi oltre a quelli necessari al fabbisogno familiare possa contribuire al Fondo attraverso un aumento della sobrietà del suo stile di vita. Le risposte cominciano già ad arrivare in tal senso: conosciamo gruppi di famiglie che si autotassano per aiutare una data famiglia oppure, per esempio, per tenere i bambini che una famiglia non può più permettersi di mandare all’asilo».