Giovedì all'Auditorium Teresa Pomodoro appuntamento con uno spettacolo del laboratorio di teatro della Casa della Carità ispirato a "Le città invisibili" di Italo Calvino
“Da Zemrude alla bellezza”. È questo il titolo dello spettacolo del laboratorio di teatro del progetto MigrArte della Casa della Carità, ispirato a “Le città invisibili” di Italo Calvino, che andrà in scena giovedì 15 giugno alle 18.30 nell’auditorium della Fondazione in via Francesco Brambilla, 10. Ingresso libero.
Protagonisti del laboratorio teatrale sono alcuni ospiti della Casa della Carità e persone fragili seguite dai servizi diurni e territoriali della Fondazione, guidati da Alberto Pluda – operatore del servizio di custodia sociale, teatro terapeuta e docente di teatro presso la Banca del Tempo negli spazi di Artepassante – affiancato da Serena Pagani – coordinatrice del progetto Migrarte, i laboratori creativi e di socializzazione della Casa della Carità – e dagli operatori sociali Marta Boniardi e Michel Sanfratello.
«Nel nostro laboratorio ci serviamo del teatro per arrivare altrove. Mediante il lavoro su respiro, attenzione, concentrazione, sui sensi, l’ascolto di voci e suoni di un gruppo che si muove come un corpo unico, abbiamo creato un nuovo spazio per i nostri ospiti dove raccontarsi, offrendo loro un modo diverso per esprimersi e comunicare. Vorremmo che il teatro, le arti e la cultura diventassero parti integranti di un pensiero di accoglienza e cura, il modello di una città possibile», spiega Alberto Pluda, che ha ideato e conduce il laboratorio teatrale.
E a proposito del tema scelto per la rappresentazione del 15 giugno, dice Pluda: «“Le città invisibili” sono state l’ultima tappa del nostro viaggio di quest’anno. Attraverso la dimensione del gioco le abbiamo scomposte, sognate, interpretate, facendo germogliare una nuova ricerca di bellezza espressa mediante narrazioni, disegni, corpi che danzano e raccontano. È stato un percorso maieutico per far emergere la bellezza di ognuno di noi traducendola in visioni e provando a rendere visibile l’invisibile. Pensiamo che questa sia l’essenza del nostro lavoro e che la poesia e il surrealismo di Calvino possano essere una luce che apre a nuove possibilità in questi tempi complessi».
Afferma Paola, una delle protagoniste del laboratorio: «Non c’è nulla di buono o cattivo di per sé, tutto dipende dagli occhi con cui si guarda: puoi vedere le meraviglie della città o solo sporcizia, scarti e il brutto della realtà. La grandezza di Calvino sta nel rendere visibile la realtà soggettiva. Se la persona è esasperata e vive un inferno, una lisca di pesce è l’ennesimo colpo per la sua psiche e vede rifiuti che abbassano ulteriormente l’umore impedendogli di alzare il capo. La realtà viene trasformata dalla nostra visione della realtà».
Il percorso del laboratorio teatrale della Casa della Carità, che si richiama al teatro povero di Jerzy Grotowski e a quello della crudeltà di Antonin Artaud, è nato a febbraio 2021 dal confronto con l’esperienza del Teatro Utile dell’etnopsichiatria dell’ospedale Niguarda.