Su fondo azzurro una nave sul cui albero centrale spicca la croce: è la Chiesa, che può resistere alle tempeste della storia solo affidandosi alla grazia di Cristo. Ma Cristo è anche guida, luce e mèta. Nel richiamo allo stemma di Milano,la volontà del cardinale Scola di inserirsi nella realtà non solo ecclesiale, ma anche civile, culturale e sociale della Diocesi
di Marco NAVONI
Dottore della Biblioteca ambrosiana
L’araldica è una scienza di carattere storico che studia l’interpretazione degli stemmi: e questo vale a maggior ragione per l’araldica ecclesiastica, dal momento che soprattutto gli stemmi dei vescovi sono spesso ricchi di simboli che, correttamente interpretati, possono offrire, attraverso il linguaggio delle immagini, messaggi di alto valore dottrinale e spirituale.
Nel caso dello stemma del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, spicca su fondo azzurro l’immagine di una nave. Già nell’iconografia paleocristiana la nave è uno dei simboli più ricorrenti, perché rimanda ad alcuni episodi biblici di grande rilevanza. Basti pensare all’arca di Noè, simbolo della salvezza dalle acque del diluvio; o ancora alla barca di Pietro che, pur nelle tempeste del mare, non è squassata, proprio perché in essa è presente Cristo Signore e Salvatore: è per questo che nell’antica iconografia cristiana la barca o la nave diventa simbolo della Chiesa, e la presenza di Cristo viene esplicitata dal fatto che l’albero maestro è spesso sostituito dalla croce. Proprio come nello stemma del cardinale Scola, dove in alto, sull’albero centrale della nave, campeggia la croce di Cristo. Sant’Ambrogio, commentando il miracolo della tempesta sedata, afferma: «Se è presente Cristo, la nave non viene travolta dai flutti!». Ma ciò è riferito da Ambrogio soprattutto alla Chiesa, di cui la barca di Pietro è simbolo: se essa riesce a resistere alle tempeste della storia, è per la grazia salvifica di Cristo che sempre in essa è vivo, presente e operante. «Sufficit gratia tua», dice il motto del nuovo arcivescovo di Milano: è la grazia di Cristo la ragione sufficiente e necessaria perché la navicella della Chiesa non affondi, ma anzi raggiunga la meta.
E la meta è in qualche modo rappresentata dalla stella d’oro che affianca la nave. La stella, nell’iconografia cristiana, richiama immediatamente Maria: «Stella mattutina» siamo abituati a dire nelle litanie mariane, invocando la Vergine. E dunque è consolante pensare che la Chiesa, nel suo navigare nel mare della storia, può contare sulla presenza materna e protettrice di Maria.
Ma la stella, oltre a essere un simbolo mariano, è forse più profondamente un simbolo cristologico: nel libro dell’Apocalisse infatti è Cristo risorto a essere definito la “lucente stella del mattino”, Colui che è per noi fonte di luce, Colui che illumina la strada di ogni cristiano e soprattutto la rotta che la nave della Chiesa è chiamata a percorrere nella storia dell’umanità. Né va ritenuto un fatto casuale che nello stemma la stella che compare è a otto punte: otto quante sono del beatitudini secondo Matteo, sintesi mirabile dell’intero Vangelo di Cristo. Cristo dunque è presente sulla nave della Chiesa (il simbolo della croce sull’albero maestro), Cristo è la stella che fa da guida con la sua grazia (il motto episcopale) e la sua luce (le otto beatitudini, come sintesi dell’intera “via del Vangelo”); e infine Cristo risorto, «stella lucente del mattino», è la meta verso cui la Chiesa e l’intera umanità è chiamata a pervenire.
La piccola parte superiore dello stemma in araldica è chiamata tecnicamente “capo”: nel caso dello stemma del Cardinale Scola troviamo il cosiddetto “capo di Milano”, formato dalla croce di colore rosso su campo d’argento. Praticamente è la “miniaturizzazione” dello stemma di Milano, ed è un segno evidente della volontà del nuovo arcivescovo di inserirsi nella realtà non solo ecclesiale, ma anche civile, culturale e sociale della Diocesi che gli è stata affidata.
Ma non dimentichiamo che questo stemma (la croce di colore rosso in campo argento) ha la sua origine nella nascita del libero comune di epoca medioevale, nella lotta per le libertà civili, politiche e religiose di Milano: un’epoca nella quale grandi arcivescovi, come Ariberto di Intimiano prima e san Galdino poi, seppero, in momenti difficili, unificare l’intera società attorno a valori e a tradizioni profondamente condivisi. Anche da questo punto di vista, il cosiddetto “capo di Milano” nello stemma di un arcivescovo ci offre un messaggio di importante significato e rilievo.