Sant'Isidoro, vescovo
La tradizione che risale ad antichi breviari afferma che la sua famiglia proveniva da Cartagena e da nobile progenie ispano-romana. Isidoro nacque probabilmente tra il 560 e il 570 a Siviglia e alla morte dei genitori, quando era ancora bambino, fu cresciuto sotto la paterna cura del fratello san Leandro, poi vescovo di Siviglia e della sorella santa Fiorentina, che abbracciò la vita monastica. Isidoro, l’autore più letto ed ammirato nell’alto Medioevo, è l’erede di una tradizione letteraria, fiorita nel sud della Spagna, fin dall’epoca pagana. Egli perciò è più conosciuto attraverso i suoi scritti che dai fatti della sua vita. L’Europa di allora lo riconobbe come maestro; ovunque si trascrivevano le sue opere, per cui è giunta a noi una raccolta di codici molto abbondante. Gli studi più recenti sugli scritti di sant’Isidoro tendono a rivalorizzare il significato e il metodo del suo lavoro, la cui originalità era stata negata da molti studiosi. Non abbiamo dati concreti sulla sua attività pastorale, benché nelle sue opere parli spesso dei doveri di un vescovo e della sua sollecita cura del gregge con abnegazione di sé, umiltà e integrità di vita. Presiedette il II concilio provinciale di Siviglia e il IV nazionale di Toledo nel 633, cui diede l’impronta della sua spiritualità e della sua scienza. Di esso si ricordano il simbolo della fede e il canone in cui si dichiara l’unità liturgica di tutto il regno di Spagna. Della morte di sant’Isidoro abbiamo testimonianza diretta da un discepolo e diacono della Chiesa sivigliana, il quale ne stese un’accurata relazione. Sant’Isidoro ebbe il presentimento della morte vicina − aveva circa ottant’anni − e cercò di prepararsi con opere di carità e con una struggente celebrazione penitenziale pubblica. Morì il 4 aprile 636. La scienza di sant’Isidoro superò per fama la sua santità, cui, dopo la morte, si aggiunse anche quella di taumaturgo. Nel Medioevo pellegrini e fedeli da tutta Europa affluivano ogni giorno al suo sepolcro situato nel tragitto del pellegrinaggio a Compostela. Il 4 aprile del 1968, nella cittadina statunitense di Memphis viene assassinato Martin Luther King, pastore battista e leader non violento dei neri americani. Si compirà così una vita totalmente spesa a servizio del Vangelo e dei propri fratelli. Nato nel 1929 ad Atlanta, aveva imparato fin da piccolo a conoscere la cattiveria umana e le discriminazioni costanti a cui erano sottoposti gli americani di origine africana. Dotato di ottime capacità intellettuali, ma soprattutto di un’eccezionale presa sulle folle, King si trovò ad esercitare il suo ministero di pastore proprio mentre si riorganizzava il movimento per la liberazione dei neri d’America; Martin Luther scelse la via evangelica e gandhiana della non violenza e cominciò ad organizzare manifestazioni pacifiche, guidando attraverso la predicazione gran parte della sua gente lungo le vie dell’Evangelo. Nel 1964 gli fu assegnato il premio Nobel per la pace. Appoggiato dal presidente J.F. Kennedy e dal riconoscimento internazionale, ottenne importanti cambiamenti nella legislazione americana, ma non poté né volle evitare di scontrarsi con l’odio per la sua fede e la sua mitezza, che lo condurranno al martirio. La sua testimonianza umana e cristiana e l’impegno per la libertà e la fraternità tra gli uomini ne hanno fatto una delle figure più amate del XX secolo.