At 11,19-26; Sal 86(87); Gv 6,60-69 «Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto…». (Gv 6,68-69) Hanno motivo, quei discepoli, di dire «questa parola è dura…». Educati dalla Torah conoscono bene la proibizione di nutrirsi del sangue degli animali (Gen 9,2-4; Lv 7,27 ecc). Il sangue è la vita degli esseri viventi e appartiene solo a Dio, il quale non vuole che sia oggetto di appropriazione indebita ciò che Lui ci vuole donare. E non sarà il sangue di un animale, ma il suo proprio… Qui Gesù è molto esigente: chiede un’adesione alle sue parole al di là dell’autorità della legge di Mosè. «La carne non giova a nulla» (v. 63). Per un ebreo “carne” è l’uomo finito, con i suoi limiti, che conta solo su di sé, l’uomo che “si è fatto da solo”! (concetto più stupido che superbo). «La carne non giova a nulla» significa che la conoscenza del Cristo non è opera della nostra intelligenza, ma del Padre: solo lui può attirarci a suo Figlio. Non possiamo mettere le mani sul Mistero, possiamo, però, farci prendere per mano da lui: si tratta esclusivamente di fidarci. Pietro esprime tutto questo molto bene: «abbiamo creduto e conosciuto…». Anche noi, come lui, siamo chiamati a credere a ciò che non vediamo per poter vedere colui in cui crediamo. Preghiamo Signore non si esalta il mio cuore, non vado cercando cose grandi. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre. (dal Salmo 131) [da: La Parola ogni giorno – LA NOSTRA LETTERA SIETE VOI – Santità ministeriale – Pasqua 2011 – Centro Ambrosiano]