Ct 5,2a.5-6b; Sal 41(42); 1Cor 10,23.27-33; Mt 9,14-15 «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?». (Mt 9,15) E’ interessante notare la consapevolezza che i discepoli di Giovanni e i farisei hanno di se stessi. Sono ben coscienti di digiunare “molte volte”. Sono persone serie, coerenti, integre, zelanti. Loro fanno sul serio; sono veri fedeli, veri Israeliti. Mosè sarebbe fiero di loro e Jahvè senz’altro li ricompenserà. Non perdono tempo in chiacchere ma ci danno dentro con digiuni, preghiere ed elemosine. E se fanno questo sotto gli occhi di tutti è proprio per dare il buon esempio e far vedere cosa significa essere dei veri credenti! Non così i discepoli di Gesù. Loro sembrano presi da una cosa sola: la presenza o l’assenza del loro maestro. Questa sembra il loro unico criterio. Gioiscono se c’è lui; piangono la sua assenza; raccontano di lui aspettando il suo ritorno. Preghiamo Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?». Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. (dal Salmo 41) [da: La Parola ogni giorno – LA NOSTRA LETTERA SIETE VOI – Santità ministeriale – Pasqua 2011 – Centro Ambrosiano]

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