At 24,27-25,12; Sal 113b; Gv 12,37-43 «Anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio». (Gv 12,42-43) Attorno a Gesù – che comprende e accetta la logica del chicco di grano, che deve morire per poter dare frutto –, stanno i discepoli, che lo seguono mettendo a repentaglio la propria reputazione e la propria vita: finché anche loro non fuggiranno, sotto la croce. All’opposto, stanno coloro che non gli credono, che gli si oppongono, e riusciranno di lì a poco a ottenerne la cattura e la condanna. In mezzo ci sono molti – anche tra gli intellettuali, tra i notabili – che intuiscono la verità delle parole e la forza dei gesti di Gesù, ma non osano dichiararsi dalla sua parte, sfidando il giudizio dei potenti. L’opinione degli uomini e il timore della loro ostilità conta per loro più della Verità di quel Dio che pure è in cima alla loro legge, ai loro libri: ma che richiede il coraggio di un sì a Gesù, parola del Padre fatta carne viva. Così paradossalmente diversa dalle interpretazioni tradizionali, da essere inaccettabile. A loro Gesù griderà a gran voce (Gv 12,44), per un’ultima volta, il suo annuncio, scongiurandoli di credergli: «Le cose che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me» (Gv 12,50). Poi, si rivolgerà al piccolo gruppo dei suoi discepoli, che decide di amare fino alla fine: sapendo che è giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, affiderà solo a loro, definitivamente, il suo messaggio. A ciascuno di noi, davanti a Gesù, scegliere da che parte stare. Preghiamo Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria, per il tuo amore, per la tua fedeltà. (dal salmo 115)   [da La Parola di ogni giorno, Ragione della nostra libertà – Pasqua 2010, Centro Ambrosiano]

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