VII giorno dell’ottava di Pasqua At 3,12b-16; Sal 64; 1Tm 2,1-7; Gv 21,1-14 «Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, perché sapevano bene che era il Signore». (Gv 21,12) Ci si aspetterebbe che dopo un evento come quello della Risurezione, per chi ne è testimone nulla possa tornare come prima. E invece… Giovanni racconta che la vita riprende a scorrere sui binari consueti: chi fa il pescatore torna al suo lavoro, e ancora ci sono nottate di pesca infruttuosa, e sempre le reti sono da rammendare. Sono la voce e il gesto del Maestro – che invitano a non arrendersi, gettando di nuovo le reti – a rivelarne la presenza. Rete colma, fuoco acceso, pane spezzato: il miracolo è questo. Si può sperare. La morte non può spezzare il filo della condivisione. Gesù è ancora lì, dentro i gesti di tutti i giorni, a interrogare con la Sua presenza vera, eppure non più segnata dalle leggi del tempo e dello spazio. Non c’è più da chiedergli “Chi sei?”, ormai, ma “Chi sei Tu, per me?”. È la domanda alla quale non può sottrarsi nessun uomo che incontri Gesù, dal momento della sua Risur rezione in poi. E le risposte già date da Maria (Maestro!), da Tommaso (Mio Signore e mio Dio!), da Giovanni (È il Signore!), da Pietro – che appena riconosciuto Gesù sulla riva nemmeno attende di approdare con la barca, ma si getta a nuoto per raggiungerlo più in fretta – dicono che, se la vita di tutti i giorni può rimanere la stessa, credere che in essa Gesù è vivo, cambia radicalmente il modo di viverla. Preghiamo Beato chi hai scelto perché ti stia vicino: abiterà nei tuoi atri. Con i prodigi della tua giustizia tu ci rispondi, o Dio nostra salvezza. (dal salmo 64) [da La Parola di ogni giorno, Ragione della nostra libertà – Pasqua 2010, Centro Ambrosiano]