Natale del Signore Is 8, 23b-9, 6a; Sal 95 (96); Eb 1,1-8a; Lc 2, 1-14 «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge». (Lc 2, 7-8) L’insieme delle letture della festa di oggi sprigiona luce, serenità, solennità insieme a semplicità: Dio viene in una mangiatoia. Il simbolo della luce caratterizzerà tutto il tempo di Natale e si radica proprio nella nascita del Signore, Luce delle genti, che viene con decisione per stringere un’alleanza definitiva con l’uomo, addirittura assumendo forma umana. Le prime due letture aiutano a entrare in questa atmosfera che circonda il mistero annunciato dai profeti. Sembra che tutto sia preparato, ma Dio ancora stupisce: il suo entrare nella storia è sorprendente, inimmaginabile. Viene povero, umile, disarmato, e si fa circondare e festeggiare da poveri, ultimi, emarginati: i pastori. Questo inizio è già preludio della novità di vita di cui questo Dio è portatore, una vita di dono di sé, di dedizione incondizionata e di uso del proprio potere per amare fino alla fine. Proviamo a soffermarci sui particolari della tradizionale scena del Natale e cogliere questi segni che preannunciano un Dio veramente diverso dai nostri idoli. Preghiamo Entrate: prostràti, adoriamo in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. É lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo il gregge che egli conduce. (dal Sal 95)

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