Santo Stefano, primo martire (Cattolici; Anglicani;) – II giorno dell’ottava di Natale At 6,8-7,2a.7,51-8,4; Sal 30 (31); 2 Tm 3,16.4,1-8; Mt 17,24-27 oppure Gv 15,18-22 «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me…poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”». (Gv 15, 18-20) L’atmosfera del Natale sembra incupirsi improvvisamente a causa del martirio di Stefano. L’accoglienza che il mondo riserva al suo Signore e ai suoi discepoli non pare mantenere l’apertura di cuore mostrata dai pastori alla grotta. Con Stefano, primo martire, inizia la lunga catena di testimoni che a costo della vita non possono non annunciare la novità di Dio in Gesù. E lo annunciano rischiando la vita, la propria, come Gesù, non quella di altri. Stefano intuisce che vivere significa stare in comunione con il Signore e in questa nuova relazione entra con tutto se stesso, e ne da testi-monianza anche con il suo morire. Anche da Stefano, il Vangelo passa per compiere la sua corsa nella storia e uno dei primi ad essere raggiunto è proprio Saulo, apostolo delle genti. Al termine della sua vita, confida a Timoteo, ha compiuto la sua corsa, non ha perso la fede. Noi siamo l’ultimo anello in termini temporali di questa corsa del Vangelo nella storia. Lo lasceremo attraversare e avvolgere la nostra vita? Anche a costo di sopportare l’odio del mondo, come ci avverte Gesù? Oppure no? Il Natale non è poesia, è evento di grazia che chiama a conversione. Preghiamo Hai mutato il mio lamento in danza, mi hai tolto l’abito di sacco, mi hai rivestito di gioia, perché ti canti il mio cuore senza tacere; Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. (dal Sal 30)

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