Il cardinale Scola ha aperto la XVI Assemblea diocesana elettiva dell’Azione Cattolica ambrosiana. Chiaro il suo invito a offrire testimonianza nel quotidiano, semplificando le strutture

di Annamaria BRACCINI

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Un richiamo di gratitudine «per il cammino di questa Associazione cosi decisiva per la storia della Chiesa italiana non solo per la sua durata, 150 anni, ma per come ha contribuito anche alla vita buona del nostro Paese». Inizia così l’intervento del cardinale Scola che apre la XVI Assemblea Diocesana Elettiva dell’Azione Cattolica ambrosiana. Nell’Aula Magna dell’Università Cattolica, in cui trovano posto qualche centinaio di delegati, l’Arcivescovo viene accolto dai più piccoli, i bimbi, che poi si assiepano ai pedi del palco dove siedono, oltre il Cardinale, la presidente uscente, Silvia Landra, l’assistente ecclesiastico generale dell’A.C. diocesana, monsignor Gianni Zappa, il vicepresidente nazionale Giuseppe Notarstefano e lo storico Guido Formigoni. 

L’orizzonte di riferimento  

«Ci troviamo in un momento particolare della vita dell’Europa», premette subito l’Arcivescovo, definendo l’orizzonte di riferimento in cui inserire la riflessione e i prossimi cammini, secondo il titolo scelto per l’Assise: “Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale”. È, infatti, la «fase storica di transizione» presente che ci domanda «la responsabilità grave di trovare nuovi stili di vita e nuove forme di annuncio e di proposta cristiana». 
La chiave di lettura è quella offerta dal Papa al V Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana di Firenze, in cui il Santo Padre aveva parlato di «un cambiamento di epoca in cui siamo immersi più che di un’epoca di cambiamento». 
È questo che crea nuove e inedite sfide. «In tale logica la nostra Chiesa ambrosiana ha riconosciuto già da tempo – sottolinea Scola – l’urgenza di un’azione educativa al pensiero e ai sentimenti di Cristo, perché senza crescere nella dimensione culturale della fede, aperta a tutti (il realismo cristiano implica una cultura popolare), rischiamo di non saper rispondere all’appello che la Provvidenza ci rivolge oggi in ogni aspetto della realtà. Infatti, è solo secondo Cristo e pensando Lui attraverso tutte le cose che queste nuove sfide possono diventare opportunità inedite per conoscere sempre di più Cristo stesso e, così, costruire piazze e ospedali da campo, dove incontrare i nostri fratelli uomini, nessuno escluso»
Il riferimento è all’articolato “Discorso alla Città” del 2016. «Per alcuni il Vecchio Continente è giunto alla sua fine con il terrorismo, l’ondata migratoria nella sua complessità, la crisi finanziaria e quella politica» Emergenze a cui occorrerebbe aggiungere «la gravissima situazione demografica perché, senza decise politiche a medio o lungo termine che favoriscano la famiglia, non si vede come si possa far fronte a questa obiettiva tragedia».  
Quale, dunque, il ruolo dei cristiani tra segnali di allarme gravi e trends sociali complessi? «Essere, come si dice in Evangelii Gaudium, non discepoli e, poi, missionari, ma discepoli-missionari». Cosa che implica una rivoluzione teologica e pastorale. «Il tempo dei laici come clienti della Chiesa è inesorabilmente finito», scandisce l’Arcivescovo, che aggiunge: «Fare nuove tutte le cose indica che è il Signore a fare, noi siamo chiamati a essere co-agonisti. Gesù ci invita a collaborare con Lui, custodendo l’essenziale ed essendo incorporati a Cristo stesso con uno slancio di apertura, appunto, missionaria come fattore identificante la figura del cristiano». Insomma, per parafrasare il titolo dell’Assemblea, radicati, mettendo radici nel futuro con fiducia, «sapendo e credendo, con perseverante ostinazione, che l’avvenire sarà la manifestazione della misericordia del Padre e che, quindi, non abbiamo nulla da temere». 

Le indicazioni per il cammino futuro dell’Azione Cattolica Ambrosiana 

Nascono, da qui, le tre indicazioni che il Cardinale lascia ai delegati: «In primo luogo vi chiedo l’insistenza sulla testimonianza che siamo chiamati a offrire nel quotidiano. È nell’esistenza di tutti i giorni che ognuno di noi affronta la realtà con le sue circostanze e rapporti. La realtà è la mano di Dio nella storia che viene incontro alla famiglia umana. Infatti, la potenza del Risorto si manifesta nel reale». 
Quindi, la vita stessa è interamente vocazione e solo se lo si comprende «si può aderire allo specifico stato di vita a cui siamo chiamati. Per questo la riforma della Chiesa – la nuova forma che deve assumere –, ha ancora oggi un suo pilastro portante nella famiglia come soggetto diretto di azione ecclesiale, cioè di annuncio di Cristo, di evangelizzazione. È assai significativo che papa Francesco parli del matrimonio come vera e propria vocazione e non come fatto naturale». A fronte di ciò, al contrario, per Scola, la teologia della famiglia è ancora molto immatura: «L’amore di Cristo sposo per la Chiesa sposa è il fondamento e il compimento dell’amore tra uomo e donna e la famiglia è crocevia di maturazione, soggetto di missione ». Il primo luogo, insomma, in cui toccare con mano la convenienza umana della sequela e del compito dell’annuncio. «In questo contesto, il fedele laico, con la sua imprescindibile responsabilità ecclesiale e civile, è fondamentale anche se siamo ancora lontani da ciò che ha indicato il Concilio a causa del clericalismo, che non è unicamente dei sacerdoti, cioè il vivere solo un ruolo e non trasformare in criterio di azione concreta l’amore di Cristo. I profondi cambiamenti antropologici e anche legislativi non devono preoccupare: dobbiamo essere vicini a tutti, alle famiglie in difficoltà, però con una testimonianza gioiosa dell’amore bello, fedele, fecondo tra l’uomo e la donna». 
L’appello è a semplificare le strutture anche relativamente alla seconda consegna: una decisa azione educativa con i giovani, superando la frattura tra territorio e ambienti di vita e offrendo luoghi di educazione per riconoscere la vita come vocazione». 
Infine, «la missione dell’Azione Cattolica nella Chiesa locale. La grande storia che avete alle spalle vi autorizza a praticare il carisma dell’unità e a farlo con ostinazione, accogliendo l’indicazione preziosa del Santo Padre che bisogna abitare e non evitare i conflitti. Vi invito a un superamento della frattura tra il territorio e gli ambienti di vita che segna tanto i nostri giovani». Obiettivo: valorizzare tutti i carismi, con la pluriformità nell’unità, «essendo attori indomiti di una unità diversa tra tutte le aggregazioni antiche e nuove che lo Spirito fa sorgere e che la Chiesa riconosce». 
«Sono molto lieto del lavoro che si sta facendo con il Coordinamento delle Associazioni e dei Movimenti: forse stiamo uscendo dalla fase delle contrapposizioni ideologiche e siamo in grado di capire che l’unità è straordinariamente necessaria, come ci dice Gesù». 

Gli interventi del vicepresidente nazionale e della presidente dell’A.C. ambrosiana

Impegni ribaditi anche nella relazione del vicepresidente Notarstefano che parla di «un grande desiderio di procedere verso un tempo nuovo e della necessità di ripensarsi come A.C. anche attraverso l’apertura internazionale». 

Infine, la relazione della presidente uscente Silvia Landra che ricorda come dalle 237 assemblee elettive locali sia chiaramente emersa la consapevolezza del cambiamento in atto. «Puntiamo a formare un laico a tuttotondo, coraggioso, capace di vivere nella storia e non accanto a essa, nella quotidianità e non solo negli eventi.
Siamo chiamati in tutte le generazioni e in tutte le categorie sociali ad accogliere il dono della profezia, a guardare avanti, a fare sogni, ad avere visioni. 
Il laico di A.C.. non è l’affannato operatore pastorale che ama presentare se stesso in virtù degli impegni e dei servizi che svolge. È piuttosto il laico feriale che innanzitutto si presenta per la famiglia che vive o che desidera, per il lavoro che fa o che sta cercando, per la città che sogna e alla quale sta contribuendo con il suo senso civico».
Queste le grandi frontiere su cui, nel prossimo triennio, l’Azione Cattolica Ambrosiana sarà chiamata a riflettere e ad agire, dopo l’elezione, a fine Assemblea, dei nuovi organismi direttivi. 
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