Il Rapporto 2011 sugli obiettivi di sviluppo del millennio
«Il progresso tende a escludere coloro che si trovano sui gradini più bassi della scala economica o che sono svantaggiati a causa del loro sesso, età, handicap o etnia»: Ban Ki-moon, segretario generale Onu, presentando il Rapporto 2011 sugli Obiettivi di sviluppo del millennio, ha posto l’accento sulle responsabilità della comunità internazionale e sul dovere della solidarietà per portare aiuto a quella ampia fetta di popolazione planetaria esclusa dalla condivisione dei beni, della salute, del sapere. Stando alla relazione, sono stati compiuti in questi anni «importanti passi avanti» in vista del raggiungimento degli Obiettivi, «ma portarli a termine tutti entro il 2015 risulterà comunque difficile dato che i più poveri del mondo sono lasciati indietro».
Ban Ki-moon ha affermato che «c’è motivo per festeggiare, poiché grandi successi si sono ottenuti da quando nel 2000 i leader mondiali fissarono gli Obiettivi per ridurre la povertà estrema, la fame, l’analfabetismo e le malattie». Gli Obiettivi «hanno già contribuito a sradicare milioni di persone dalla povertà, a salvare la vita di innumerevoli bambini e ad assicurarne la frequenza scolastica. Hanno ridotto la mortalità materna, aumentato le opportunità per le donne, incrementato l’accesso all’acqua pulita e liberato molte persone da malattie debilitanti e mortali». La crescita economica di vari Paesi di Asia, Africa e sud America e gli aiuti internazionali hanno spinto verso tali progressi: «Il raggiungimento degli Obiettivi richiederà una crescita economica equa e complessiva, una crescita che raggiunga ognuno e che permetta a tutte le persone, specialmente ai poveri e agli emarginati, di trarre beneficio dalle opportunità economiche».
Tra i progressi citati dal Rapporto si evidenziano quelli realizzati da vari Paesi nel campo dell’istruzione, la contrazione della mortalità infantile e materna, la lotta alla malaria e alla diffusione dell’Hiv/Aids, una maggiore disponibilità di fonti per l’acqua potabile. Il Rapporto recita ad esempio: «Il numero di decessi di bambini sotto i cinque anni è sceso da 12,4 milioni nel 1990 a 8,1 nel 2009, il che significa circa 12 mila decessi infantili in meno al giorno». Progressi, ma numeri comunque tragici. Ancora: «L’aumento dei finanziamenti e gli sforzi per un controllo intensivo hanno decurtato i morti per malaria del 20 per cento in tutto il mondo, da circa 985 mila nel 2000 a 781 mila nel 2009». D’altro canto rimangono enormi sacche di povertà, paurosi ritardi nella formazione scolastica, Paesi in cui la mortalità infantile è elevatissima e scarsa la capacità di curare ogni tipo di malattia.
Il segretario generale Onu ha poi specificato: «Da ora fino al 2015 dobbiamo assicurarci che le promesse siano mantenute. I leader mondiali devono dimostrare non solo interesse, ma anche di avere il coraggio e la convinzione di agire». Per raggiungere gli obiettivi preposti, il responsabile del Palazzo di vetro di New York ha fra l’altro indicato la strada dello sviluppo sostenibile: «Gli ecosistemi devono essere preservati per sostenere una crescita costante e gli ambienti naturali». La Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile, che si terrà a Rio de Janeiro nel giugno 2012 (nota come Rio+20), «offrirà una grande opportunità per un ulteriore miglioramento».
Una cosa è certa: il progresso, nel senso della giustizia, della pace, dello sviluppo, dei diritti, delle opportunità, procede molto lentamente soprattutto nella parte sud del mondo. Ciò richiede che i Paesi ricchi confermino l’impegno alla solidarietà e alla cooperazione. Restano poi le responsabilità “personali” dinanzi alle grandi disparità presenti nella nostra epoca: quelle che riguardano la coscienza individuale, gli stili di vita quotidiani, l’attenzione agli ultimi, la sobrietà, la condivisione. E queste non vengono “dopo” le responsabilità dell’economia e della politica, semmai procedono parallele a esse.