Il “Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione dei Rom, Sinti e Caminanti in Italia” elaborato al Senato dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani
Quanti sono, dove e come vivono. Quali strategie mettere in atto per creare integrazione, convivenza pacifica e garantire le più elementari norme di igiene e corretti stili di vita per rom, sinti e caminanti. Sono le domande cui ha cercato di dare risposta il primo rapporto fatto dal Parlamento italiano sulle popolazioni nomadi presenti in Italia. L’indagine curata dalla commissione straordinaria per i Diritti umani del Senato, dopo circa un anno e mezzo di lavoro, ha presentato a Roma il rapporto conclusivo nella sede della Comunità di Sant’Egidio.
Per ciò che riguarda i numeri è difficile portare cifre certe. Nel Rapporto, infatti, si spiega chiaramente la difficoltà di avere censimenti precisi di popolazioni dove «molti degli appartenenti a questi gruppi mettono in atto strategie mimetiche allo scopo, laddove e’ possibile, di essere assimilati al resto della popolazione». Tuttavia le stime considerate dal rapporto, dicono che in Italia la presenza di rom va dalle 130 mila alle 170 mila unità. Il nostro è il Paese europeo in cui la presenza di queste popolazioni registra la percentuale più bassa (lo 0,02% della popolazione).
Nei campi nomadi vivono circa 40 mila persone, di cui metà sono cittadini italiani. I rom sono prevalentemente un popolo di bambini. I minori di 14 anni sono il 40% della popolazione totale, mentre gli adulti che superano i 60 anni rappresentano una percentuale bassissima.
Ma l’Italia, oltre a distinguersi per la scarsa presenza di nomadi, ha un altro primato: l’esperienza dei campi esiste solo nel nostro Paese. «Una realtà che, con pochissime eccezioni, non esiste in altri Paesi europei – si legge nel rapporto -. E si tratta di una realtà caratterizzata, per usare il linguaggio delle convenzioni internazionali, da condizioni inumane e degradanti».
«A differenza di quanto comunemente si crede, poi, la stragrande maggioranza dei rom, sinti e caminanti presenti sul territorio italiano – specifica il rapporto – non è nomade e ha anzi uno stile di vita sedentario. Più dell’80% di rom e sinti in Europa sono da tempo sedentari. Secondo il Ministero dell’Interno nel nostro Paese le famiglie che ancora viaggiano in carovana rappresentano il 2-3% dei rom, sinti e caminanti».
Alla luce di queste e altre considerazioni, dunque, il Rapporto formula una serie di proposte. Per quanto riguarda i campi nomadi «è necessario un programma graduale di chiusura dei campi, a partire da quelli più degradati, e di offerta di soluzioni abitative diverse, accettabili e accettate, cioè discusse e confrontate. Gli esempi di tante e diverse buone pratiche alle quali riferirsi per fortuna non mancano». E poi ancora, il rapporto indica strumenti che vanno da borse di studio per l’assolvimento degli obblighi scolastici, al riconoscimento come rom per quanto riguarda il lavoro.