Le esequie di una delle vittime dell'attentato terroristico di Dacca, saranno celebrate alle 15 nella chiesa di san Vito Martire e saranno presiedute dal vicario episcopale mons. Maurizio Rolla; concelebra il parroco, don Giuseppe Scattolin
di Mauro COLOMBO
Saranno celebrati venerdì 8 luglio, alle 15, nella chiesa parrocchiale di San Vito Martire a Barzanò (Lecco), i funerali di Claudio Cappelli, l’imprenditore tessile di 45 anni ucciso nell’attentato terroristico di Dacca, in Bangladesh. A presiedere i funerali (con partenza dalla camera ardente in via Garibaldi 67), il vicario episcopale della Zona III, monsignor Maurizio Rolla, che concelebrerà con il parroco don Giuseppe Scattolin.
Originario di Vedano al Lambro (Monza Brianza), dove vivono i genitori, Cappelli lavorava per la Star International di Concorezzo, azienda nel settore dell’abbigliamento fondata dalla madre, e risiedeva a Barzanò con la moglie Valeria (figlia di Vittore Beretta, titolare dell’omonimo Salumificio) e la figlia di sei anni. Durante le Messe di domenica 3 luglio, le comunità cristiane di Vedano e Barzanò hanno ricordato Cappelli e hanno pregato per i suoi familiari, manifestando loro cordoglio e vicinanza spirituale; per il giorno delle esequie il Comune di Barzanò ha proclamato il lutto cittadino. «La preghiera, visibile o invisibile, non ha mai abbandonato l’accompagnamento di questo dolore», sottolinea al riguardo monsignor Rolla.
Stragi come quella di Dacca si stanno purtroppo ripetendo con sempre maggiore efferatezza. Come può reagire la comunità cristiana, e in modo particolare quella di un paese che piange un proprio concittadino?
Il male, nelle sue molteplici e, soprattutto, più efferate e vigliacche manifestazioni, sorprende e stordisce in modo imprevedibile e irrazionale. Penso non esista un automatismo reattivo virtuoso e benevolo, nemmeno da parte di un credente, fosse anche credente nel Dio di Gesù. Sotto i colpi di una violenza incomprensibile, alcune domande – che sorgono alla velocità della luce – hanno il potere di travolgere e spazzare via tutto perché restano – alla stessa velocità della luce – senza risposte. Poi, pian piano, aiutati dai volti e dagli abbracci di chi conosci e di chi ti fidi, comincia a far capolino uno spiraglio di luce e di fiducia. Quella stessa luce e quella stessa fiducia che dovrebbero smerigliare i volti e gli abbracci della comunità credente quando qualcuno, soprattutto in momenti così sanguinanti, ne ha bisogno. Mi sembra proprio che la reazione credente, per essere vera e feconda, debba avere le caratteristiche della luce e della fiducia, radicate e sorrette dal quotidiano nutrimento al corpo, al sangue e alla Parola, che sono, appunto, principio di ogni principio, anche di fronte a tanto male. Una provvista, però, da allenare anche quando la lingua… non si attacca al palato, come ci ricorda la Parola di Dio.
Per i familiari delle vittime è il momento del dolore e del silenzio. Che cosa può dire loro la Chiesa?
Deve rispettare il loro dolore e il loro silenzio resistendo a recitare parole inutili e di circostanza. Aspettando, insieme, di ascoltare e pronunciare le parole che la liturgia in questi momenti saprà suggerire. Non perché le parole degli umani credenti non sappiano confortare, ma perché, per abitare questi inferi, è meglio che passino prima al crogiolo del silenzio e della meditazione interiore. Vendetta e rappresaglia, anche solamente pensate, sorgono potenti anche nel cuore dei credenti: occorre l’umiltà di saperle riconoscere perfino dentro ciascuno di noi per poterle, senza eccessiva ipocrisia, stemperarle fino a farle scomparire, magari dopo anni…