Cento anni fa nasceva il grande ciclista, amico di Coppi, che vinse diverse gare e tappe del Giro d’Italia. Nativo di Padova si trasferì a Gallarate e trasferì la sua passione a figli e nipoti
Il 13 agosto si ricorda il centenario dalla nascita di Mario Ricci, il “campione gentiluomo” che illuminò il ciclismo italiano prima come atleta professionista (1938-1950) e poi come Commissario tecnico della Nazionale, dal 1967 al 1972 (oro di Vittorio Adorni e bronzo di Dancelli nel 1968 ad Imola, oro di Marino Basso e argento di Bitossi nel 1972 a Gap).
Buon velocista, Ricci gareggiò per la Maino, la U.C. Modenese, la storica Legnano (con Fausto Coppi e Gino Bartali, il quale poi rimase suo capitano), la Tebaq e la Viscontea.
Tra i successi come corridore figurano il Campionato italiano su strada nel 1943, due edizioni del Giro di Lombardia (1941 e 1945), due vittorie alla Coppa Bernocchi (1947 e 1949), il Trofeo Matteotti (1945) e quattro tappe al Giro d’Italia, negli anni tra il 1946 ed il 1949. Tra i rimpianti, la Milano-Sanremo: secondo posto nel 1941 e terzo nel 1946. Ottimi piazzamenti ai Campionati del Mondo con un quarto posto nel 1946 e un sesto nel 1948.
Fu amico fraterno di Fausto Coppi (vedi foto di Coppi che passeggia con Ricci e sua moglie Francesca), con cui tra l’altro – in maglia Legnano – vinse la cronometro a coppie “Giro della Provincia di Milano” nel 1941, con più di due minuti di vantaggio su Magni e Leoni che gareggiavano per la Bianchi.
Nacque a Padova, ma trascorse la giovinezza a Soriano nel Cimino prima di trasferirsi a Gallarate (Va). I due figli, Carlo e Aldo, ereditarono entrambi la passione e il talento per la bicicletta; in particolare Aldo, scomparso lo scorso dicembre, fu iridato tra gli amatori nel 1983. Anche i nipoti Sara, Luca e Simone hanno assorbito l’amore per le due ruote, pur scegliendo percorsi professionali differenti dal celebre nonno. Mario Ricci ci ha lasciati nel febbraio 2005, con ricordi preziosi e con l’esempio di chi sapeva farsi rispettare e apprezzare con eleganza e savoir-faire.
Di seguito, due simpatici aneddoti del figlio Carlo.
La prima uscita in bici con papà
Siamo ai primi anni ‘50. Papà aveva da poco smesso di correre e poteva pertanto dedicare un po’ di tempo ai suoi due scatenati figli: Aldo, 8 anni, il più piccolo e più vivace, ed io, 10 anni.
Naturalmente entrambi abbiamo la nostra biciclettina e, dopo lunga insistenza, convinciamo il babbo a portarci a fare un “allenamento”… Si parte da Gallarate, direzione Somma Lombardo. Raccomandazioni di rito prima della partenza. All’altezza di Casorate, a causa di “sto davanti io”, “no, ci sto io!”… Aldo e io finiamo nel fosso. Allenamento finito con una lunga paternale…
La prima vittoria di Aldo
Siamo alla fine degli anni ’50. Aldo ha iniziato a correre da poco, usando la mia bici un po’ troppo grande per lui. In estate decide di andare a Soriano nel Cimino, dove si sono conosciuti mamma Francesca – la telefonista del paese – e papà Mario, il “campioncino” locale di ciclismo che si serviva spesso del servizio telefonico per la sua attività di corridore.
Aldo si allena per un paio di settimane e convince zio Poldo, ex corridore con discreti risultati, ad accompagnarlo ad una gara regionale in provincia di Viterbo. Percorso duro, con un caldo incredibile. Dopo i primi giri, i paesani che per amicizia di Poldo e di Mario avevano seguito con un pullman la trasferta, visto il distacco incolmabile di Aldo dai primi decidono di ritornare a casa prima della fine della gara.
Passa la crisi dovuta alle digestione (per troppe fettuccine preparate in casa dalla nonna Angelina) Aldo incomincia una incredibile rimonta, che termina sul traguardo posto in cima ad una durissima rampa a Roccalvecce, piccolo paesino in provincia di Viterbo. Infatti, proprio sulla linea di arrivo supera l’ultimo corridore in fuga.
Zio Poldo e Aldo ritornano in paese con coppa e fiori e informano gli increduli amici. Papà Mario, dopo la carriera ciclistica, aveva iniziato la sua attività di ispettore vendite per la Star. In quei giorni si trovava in Toscana per lavoro; in un piccolo bar, leggendo le cronache sportive, viene a sapere della prima vittoria del figlio Aldo solo dai giornali. Da quel giorno, dopo lo scetticismo iniziale, ha seguito attentamente la carriera di Aldo.