Più del 12% dei ragazzi europei si dichiara turbato dalla rete. Una nuova ricerca, promossa dalla London School of Economics di Londra, che ha coinvolto 23 mila ragazzi tra i 9 e i 16 anni in 25 Paesi europei, studia i rischi e le opportunità di internet per bambini e adolescenti. Capofila del progetto per l'Italia è l'Osservatorio sulla comunicazione dell'Università Cattolica


Redazione

Sono più del 12% i ragazzi che si dicono turbati o infastiditi da contenuti visti in internet. È quanto emerge da EU Kids Online, una innovativa ricerca europea che ha indagato i rischi e le opportunità della rete intervistando un campione di 23 mila ragazzi e altrettanti genitori. Senza trascurare i pericoli, i ricercatori sottolineano come la maggioranza dei bambini non si sia imbattuta in esperienze destabilizzanti nel corso della navigazione online e che anzi si sia trovata perfettamente a proprio agio in situazioni che gli adulti considerano rischiose.
A suscitare disagio nei giovani internauti sono contenuti come la pornografia, il bullismo, messaggi a sfondo sessuale e Ugc (user generated content) offensivi. Difficilmente però simili esperienze sono oggetto di discussione e condivisione con i genitori. Dalla ricerca emerge infatti come la maggioranza dei genitori di bambini che hanno sperimentato situazioni pericolose in rete sia del tutto inconsapevole di quanto accaduto ai propri figli. Per esempio più della metà dei genitori di bambini vittime di bullismo online esclude che i propri ragazzi abbiano vissuto esperienze di questo tipo.
Esplorando un campione di età compresa tra i 9 e i 16 anni, le interviste hanno inoltre rivelato come i bambini più piccoli siano anche maggiormente vulnerabili ai pericoli della rete. Il dato non è affatto trascurabile se si considera che i ragazzi cominciano a usare la rete sempre prima: l’età media in cui si inizia a andare online è 7 anni in Svezia e 8 negli altri paesi nordici. In tutti i paesi europei, un terzo dei bambini di 9 e 10 anni e più dei due terzi dei quindici – sedicenni usano internet quotidianamente. L’età media del primo accesso alla rete in Italia è 10 anni.
Ne consegue un’indicazione precisa, rivolta alle istituzioni che si occupano di promuovere la sicurezza online, affinché investano risorse mirate a tutelare i più giovani dai pericoli della rete, incrementando al contempo le opportunità che l’utilizzo dei nuovi media può offrire al loro benessere e alla loro crescita.
Le interviste sono state condotte in 25 Paesi europei e i principali risultati sono disponibili nel report Risks and safety on the internet, scaricabile dal sito www.eukidsonline.net. Il progetto è finanziato dal Safer Internet Programme della Commissione Europea e verrà discusso in Lussemburgo in occasione del Safer Internet Forum.
La Repubblica Ceca, l’Estonia, la Lituania e la Svezia sono i Paesi che registrano un più alto tasso di incidenza dei rischi online; in Italia, Portogallo e Turchia la percentuale di bambini che si sono imbattuti in pericoli online è invece tra le più basse in Europa.
Lo studio mostra come un maggiore uso delle rete da parte dei ragazzi significhi anche un aumento delle opportunità e non soltanto dei rischi online, e che i rischi non si traducono necessariamente in esperienze dannose.
Sonia Livingstone, fra le autrici del rapporto e professore di Media e comunicazione alla Lse, commenta: «La ricerca mostra come i ragazzi comincino a usare internet sempre prima e lo usino sempre più spesso. Internet è ormai parte integrante della vita dei giovani in tutti i Paesi europei, e i ragazzi svolgono molte attività online, spesso vantaggiose come l’uso di internet per i compiti, per guardare video e comunicare con gli amici nei servizi di messaggistica istantanea. Di conseguenza, se è un dato preoccupante che alcuni ragazzi si siano sentiti infastiditi da esperienze online, è importante bilanciare i rischi con le numerose opportunità della rete, e comprendere che i rischi non generano necessariamente danni effettivi. Il bullismo, per esempio, è il rischio che più infastidisce i ragazzi, ma è anche il meno diffuso fra i rischi che abbiamo osservato. I bambini più piccoli hanno maggiori difficoltà a superare le esperienze negative online, quindi le politiche di promozione della sicurezza online e di alfabetizzazione digitale dovrebbero essere rivolte ai più piccoli». Sono più del 12% i ragazzi che si dicono turbati o infastiditi da contenuti visti in internet. È quanto emerge da EU Kids Online, una innovativa ricerca europea che ha indagato i rischi e le opportunità della rete intervistando un campione di 23 mila ragazzi e altrettanti genitori. Senza trascurare i pericoli, i ricercatori sottolineano come la maggioranza dei bambini non si sia imbattuta in esperienze destabilizzanti nel corso della navigazione online e che anzi si sia trovata perfettamente a proprio agio in situazioni che gli adulti considerano rischiose.A suscitare disagio nei giovani internauti sono contenuti come la pornografia, il bullismo, messaggi a sfondo sessuale e Ugc (user generated content) offensivi. Difficilmente però simili esperienze sono oggetto di discussione e condivisione con i genitori. Dalla ricerca emerge infatti come la maggioranza dei genitori di bambini che hanno sperimentato situazioni pericolose in rete sia del tutto inconsapevole di quanto accaduto ai propri figli. Per esempio più della metà dei genitori di bambini vittime di bullismo online esclude che i propri ragazzi abbiano vissuto esperienze di questo tipo.Esplorando un campione di età compresa tra i 9 e i 16 anni, le interviste hanno inoltre rivelato come i bambini più piccoli siano anche maggiormente vulnerabili ai pericoli della rete. Il dato non è affatto trascurabile se si considera che i ragazzi cominciano a usare la rete sempre prima: l’età media in cui si inizia a andare online è 7 anni in Svezia e 8 negli altri paesi nordici. In tutti i paesi europei, un terzo dei bambini di 9 e 10 anni e più dei due terzi dei quindici – sedicenni usano internet quotidianamente. L’età media del primo accesso alla rete in Italia è 10 anni.Ne consegue un’indicazione precisa, rivolta alle istituzioni che si occupano di promuovere la sicurezza online, affinché investano risorse mirate a tutelare i più giovani dai pericoli della rete, incrementando al contempo le opportunità che l’utilizzo dei nuovi media può offrire al loro benessere e alla loro crescita.Le interviste sono state condotte in 25 Paesi europei e i principali risultati sono disponibili nel report Risks and safety on the internet, scaricabile dal sito www.eukidsonline.net. Il progetto è finanziato dal Safer Internet Programme della Commissione Europea e verrà discusso in Lussemburgo in occasione del Safer Internet Forum.La Repubblica Ceca, l’Estonia, la Lituania e la Svezia sono i Paesi che registrano un più alto tasso di incidenza dei rischi online; in Italia, Portogallo e Turchia la percentuale di bambini che si sono imbattuti in pericoli online è invece tra le più basse in Europa.Lo studio mostra come un maggiore uso delle rete da parte dei ragazzi significhi anche un aumento delle opportunità e non soltanto dei rischi online, e che i rischi non si traducono necessariamente in esperienze dannose.Sonia Livingstone, fra le autrici del rapporto e professore di Media e comunicazione alla Lse, commenta: «La ricerca mostra come i ragazzi comincino a usare internet sempre prima e lo usino sempre più spesso. Internet è ormai parte integrante della vita dei giovani in tutti i Paesi europei, e i ragazzi svolgono molte attività online, spesso vantaggiose come l’uso di internet per i compiti, per guardare video e comunicare con gli amici nei servizi di messaggistica istantanea. Di conseguenza, se è un dato preoccupante che alcuni ragazzi si siano sentiti infastiditi da esperienze online, è importante bilanciare i rischi con le numerose opportunità della rete, e comprendere che i rischi non generano necessariamente danni effettivi. Il bullismo, per esempio, è il rischio che più infastidisce i ragazzi, ma è anche il meno diffuso fra i rischi che abbiamo osservato. I bambini più piccoli hanno maggiori difficoltà a superare le esperienze negative online, quindi le politiche di promozione della sicurezza online e di alfabetizzazione digitale dovrebbero essere rivolte ai più piccoli».

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