Il 13 gennaio 1989 usciva il primo numero del Servizio informazione religiosa


Redazione

07/01/2009

di Paolo BUSTAFFA

Venti anni: ci sarà modo e ci sarà tempo per valutare un’esperienza giornalistica che, frutto dell’intelligenza dei direttori dei giornali diocesani riuniti nella Fisc, la Federazione italiana settimanali cattolici, diede il primo e fondamentale cenno di vita nel 1987 per l’intuizione di monsignor Camillo Ruini.

L’allora segretario generale della Cei aveva ben compreso le ragioni di un nuovo progetto di comunicazione – protagonista il territorio – pensato da tempo dalla Fisc e poi definito da alcuni suoi “padri”, tra i quali Giuseppe Cacciami, Gilberto Donnini e Giovanni Fallani. Ci sarà tempo per approfondire e guardare avanti. Per ora, alla vigilia del compleanno, solo tre affreschi.

La barca a vela. Per presentare, in pochi minuti, il Sir all’ultima assemblea della Cei si è proposta l’immagine della barca a vela. Un primo motivo di questa scelta riporta all’Anno Paolino, con le avventurose navigazioni dell’Apostolo delle genti.

Un secondo motivo rimanda a un passaggio che è nell’ultima parte della Spe salvi. «La vita – scrive Benedetto XVI – è un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro e in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta». Anche la vita di un servizio giornalistico si muove tra le onde più o meno alte della comunicazione, come una barca a vela, avanza spinto da un vento che soffia come e quando vuole, ma sempre e solo in un’unica direzione. L’abilità è nel procedere sul filo del vento per non scuffiare, per non fermarsi, per mantenere la rotta: per ascoltare e raccontare una Chiesa che sta con amore, cioè con i suoi grandi “sì”, dentro la storia e dentro la vita delle persone e dei popoli.

Il sentiero. La storia del Sir è nella storia della Federazione italiana settimanali cattolici, che oggi ha superato la quota di 170 testate, con circa un milione di copie a settimana. Giornali che, come hanno la competenza per leggere e interpretare il territorio, così hanno l’intelligenza per leggere, interpretare il Paese e il mondo.
Sir è sul sentiero che collega le piccole alle grandi realtà in una permanente e feconda reciprocità di comunicazione. Sir è con i “piccoli” che pensano in grande e offre il suo contributo professionale perché siano sempre più visibili quei sentieri di senso che l’uomo di oggi cerca dopo aver corso tanto sulle autostrade informatiche. Un contributo professionale che il Sir propone senza sostituirsi ad alcuno, senza ridurre responsabilità e libertà, senza mai correre il rischio dell’omologazione.
Con un profondo convincimento: essere un testimone e un portavoce della capacità del territorio di guardare oltre se stesso, di valorizzare la propria identità nell’affrontare le grandi questioni dell’umanità.

Il ponte. Già nell’editoriale del 13 gennaio 1989 si coglieva la linea del Sir a proposito di informazione e fatto religioso: liberarlo da interpretazioni politiche e ideologiche.
Da qui nasceva una costante attenzione ai media laici non per un giudizio, ma, ancora una volta, per un contributo professionale. Mettere in rete una informazione sobria, essenziale, documentata pareva e ancora pare il compito “esterno” da affiancare a quello rivolto alla realtà ecclesiale. Nessun giudizio sull’altrui professionalità, ma una proposta integrativa, più che alternativa. In ogni attività umana ci sono aspetti che possono sfuggire quando appartengono alle dimensioni del pensare e del credere. Lo sforzo del Sir è stato e sarà quello di mettere in rilievo anche questi “dati invisibili” che vanno ad arricchire, a completare la notizia.

Non si tratta solo di un discorso professionale, pur doveroso e imprescindibile. C’è un motivo ulteriore per questo impegno. Lo ha ricordato Benedetto XVI ai media ecclesiali il 2 giugno 2006: «Costruire ponti di comprensione e comunicazione tra l’esperienza ecclesiale e l’opinione pubblica». È questo invito a tradursi per il Sir nell’intento, che pure compie venti anni, di un dialogo professionale con i media laici, con i giornalisti che vi lavorano perché la ricerca della verità è l’avventura che accomuna e inquieta tutti.

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