Il nuovo libro di Silvio Mengotto è un'affascinante percorso attraverso vari racconti, tracce raccolte in giro tra gli uomini e per il mondo. Ma ancor prima è un cammino verso noi stessi, nella direzione che lega ciascuno di noi in un destino comune.


Redazione

11/12/2008

di Alen Custovic

La “vita” e il “viaggio” imboccati dall’autore sono termini che si fondono in un’unica esperienza, sinonimo prima di tutto di “incontro”. Una dimensione antropologica in cui, assieme al lettore, l’autore diventa in grado di smarrirsi nelle vastità del creato, delle sue differenze geografiche e culturali, ma che tuttavia proprio in esse finisce ogni volta per ritrovarsi e convergere, riscoprendo sfumature universali di struggente umanità.

Le persone sono il perno su cui si incardina l’essenza dei racconti. Persone come la «cinquantenne Maria che vive in una baracca della tabara, dove la visita è un autentica omelia silenziosa fatta dal povero che vale più di mille toccanti omelie domenicali», oppure le Griots, portatrici di «una speranza che possa vincere sul dolore e la solitudine».

Persone come Linda che testimonia: «Io ho vinto il cancro! Io, noi, tutti insieme ce l’abbiamo fatta! Sono qui e ancora danzo la vita», oppure come la signora Ancilla con cui Mengotto ha «scoperto la magia pedagogica del gioco della dama». Una metafora di vita di cui quest’ultima segue le stesse regole: «La prima regola dice che non si possono fare due passi per volta. La seconda che si va solo avanti ed è vietato retrocedere. L’ultima regola della dama dice che quando si è in cima alla scacchiera avversaria si può andare dove si vuole».

I luoghi fisici attraversati sono tanti. Vanno dall’antico e misterioso Egitto, in cui l’autore ascolta e al contempo ricerca un richiamo remoto e incantevole, per arrivare all’indigente Albania, terra in cui sviluppa un’acuta riflessione, contrapponendo la dimensione della “cultura” a quella del “consumismo”. Ma c’è anche il bosco, luogo in cui ascoltare i «fruscii delle foglie levigate dalle gocce piovane», oppure il metrò urbano, dove è possibile la comune esperienza di incontrare i rom, che «vivono nella e della città, ma non vi appartengono. Hanno un piede nella civiltà e l’altro nel sentiero del viaggio».

I luoghi simbolici sono quelli della dimensione onirica, i “luoghi non luoghi” in cui l’anima diventa capace di estraniarsi da se stessa per immergersi e ricaricarsi in un qualcosa di “altro”. Si susseguono così pagine struggenti che narrano di stelle, in cui il “regno” diventa capace di essere racchiuso “in una chiocciola”; dove “l’appuntamento con papà” diventa una metafora del destino perché “il tempo anticipa se stesso”; in cui il presepe assume le sembianze di un richiamo per scoprire o riscoprire i sentieri del sogno e della solidarietà.

Ma ci sono anche il vento, oppure il fiume, che «ti zittisce le ultime vocali recise nella gola secca, arsa, dalla canicola che invade le prime ore dell’aurora». Così, sebbene l’autore non desideri insegnare, finisce inevitabilmente per farlo. Ovviamente a chi è pronto ad ascoltare. Lo suggerisce tra le righe, con sobrietà e pacatezza, trasmettendo realmente la consapevolezza di come ogni esperienza sia dono, un’occasione per noi preziosa e in quanto tale da non sciupare; un’occasione di conversione perché, suggerisce l’autore, «la pace non abita a destra, a sinistra, al centro, sta in alto perché è il valore più alto per l’umanità, è la meta nella storia dei poveri, del popolo di Dio ».

In ultima analisi, i viaggi narrati dall’autore assumono forme di preghiera vibrante, di ricerca della comunione con l’Eterno. Dove però «pregare non è informare Dio sul come va il mondo , cosa succede, ma entrare nel suo progetto. Pregare e intercedere, cioè stare in mezzo ai problemi… Pregare è ascoltare la Parola di Dio, non imbottirlo di suppliche. Pregare è cambiare il mondo con il suo sguardo». In questo senso, la “vita” intera può essere pienamente racchiusa in un “viaggio”.

Silvio Mengotto,
La vita in un viaggio
In dialogo
(160 pagine, euro 9,50)

Ti potrebbero interessare anche: