Non è una sovrastruttura ma può considerarsi come l’ordine sociale giusto del popolo di Dio
di Anna
SAMMASSIMO
Perché sono necessarie norme giuridiche per disciplinare la vita della Chiesa? Non vi è contrasto tra i principi della carità e della misericordia e il sistema del diritto? È veramente conforme al messaggio di Cristo la presenza di un ordinamento ecclesiale autonomo?
Sono domande che ciclicamente vengono proposte, dall’antichità al medioevo fino ai nostri giorni, dai cosiddetti detrattori del diritto canonico; esso comunque continua a sopravvivere ad esse: cerchiamo di capire perché.
È certamente vero che il fenomeno religioso, in sé e per sé considerato, non è suscettibile di una regolamentazione giuridica ed esula quindi completamente dal campo del diritto. Esso, infatti, nella sua essenza fideistica, non dà luogo a rapporti sociali e intersoggettivi, ma si realizza in rapporti personali interni di coscienza e, nella maggior parte dei casi, in rapporti fra l’individuo e la divinità; rapporti, quindi, necessariamente estranei al diritto. Il diritto non si interessa di questi aspetti (e lo ribadisce la stessa tradizione canonistica: Ecclesia non iudicat de internis). Le norme giuridiche, infatti, servono ad altro: a definire i rapporti tra le persone umane, a comporre i loro conflitti di interessi, a disciplinare tutto ciò che possa riguardare il contesto caratterizzato da socialità ed intersoggettività.
È però anche vero che, nelle sue molteplici manifestazioni e realizzazioni esteriori, il fenomeno religioso è venuto ad assumere, fin dalle epoche più antiche, natura e caratteri eminentemente sociali. Si è sempre posto, cioè, come un bisogno collettivo da soddisfare e come uno scopo collettivo da raggiungere, dando vita a veri e propri raggruppamenti sociali ordinati, appunto, alla realizzazione di esigenze e di finalità religiose. Questi raggruppamenti religiosi anzi appaiono – accanto a quelli etnici, nazionali o statali -, come i gruppi di maggiore rilievo e importanza sociale, tanto da costituire vere e proprie società.
Ora, è proprio in questa veste esteriore e sociale che il fatto religioso diventa anche un fatto giuridico; non potendo darsi una società senza diritto, anche quello religioso, come tutti gli altri fenomeni sociali, esige l’esistenza di una disciplina giuridica, venendo così compreso dall’azione organizzativa e precettiva del diritto.
Ubi societas ibi ius proclama un brocardo di antiche ascendenze. Esso sembra valere per tutti i gruppi sociali, e quindi anche per quelli religiosi. Quando questi si costituiscano con un proprio ordinamento, assumendo la figura di una istituzione generalmente riconosciuta, consolidata nel tempo e operante in modo autonomo per l’attuazione di una propria finalità, non possono fare a meno del diritto.
La Chiesa, nel corso della sua storia, ha organizzato ininterrottamente un sistema di diritto. Di fronte ad altri sistemi di diritto religioso, assunti dalle molteplici comunità confessionali esistenti, è innegabile come la Chiesa cattolica si caratterizzi per una configurazione e una posizione del tutto peculiari. Attraverso un’evoluzione e uno sviluppo ormai bimillenario, essa si è dotata di un sistema giuridico, organico e completo, tra i più complessi e imponenti, articolato in una normativa di sua diretta ed esclusiva produzione, concorrente e talora perfino contrastante col diritto statale. Tutto ciò per la migliore realizzazione delle proprie esigenze e finalità confessionali.
Rappresenta tale sistema, anzitutto, uno dei maggiori monumenti giuridici nella storia della umanità (pari e, sotto certi aspetti, superiore allo stesso diritto romano, sul quale si era pure originariamente innestato); esso, poi, ha avuto e continua ad avere un’influenza e un’importanza consistenti per la nostra civiltà occidentale in genere e per quella italiana in specie, toccando il campo specificamente religioso ma anche quello storico, sociale, politico e giuridico.
Il Concilio Vaticano II non si è tenuto lontano dall’idea di una Chiesa anche giuridica, ribadendo, specialmente nella Costituzione Lumen gentium (numeri 1 e 8), che la Chiesa è strutturata organicamente per volontà di Dio. Leggiamo in particolare: «Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde per tutti la verità e la grazia. Ma la società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, l’assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino. Per una analogia che non è senza valore, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo (cfr. Ef 4,16)».
Orbene, la coesistenza della dimensione comunitaria, della missione di governare il popolo di Dio e della comune responsabilità di tutti i fedeli nel conseguimento del fine della Chiesa – elementi caratterizzanti l’ecclesiologia del Concilio – può dar luogo a tensioni e necessita di un principio di ordine sociale nel quale trovare un adeguato equilibrio in funzione della giustizia; questo principio è espresso dal diritto canonico, che può considerarsi come l’ordine sociale giusto del popolo di Dio. Esso, così, non rappresenta una sovrastruttura rispetto alle radici soprannaturali del popolo e della solidarietà comunitaria, da esse derivando e ad esse rimanendo strettamente collegato; non manifesta solo espressione unilaterale della missione di governo, ma garantisce anche quelle sfere di autonomia che permettono a tutti i fedeli di partecipare ai compiti ecclesiali; non si limita a generare doveri di obbedienza, ma anche individua e tutela ambiti di libertà e di azione responsabile.
Importante e indispensabile, dunque, il diritto canonico. Anche attraverso questo specifico e imponente sistema di norme giuridiche, la Chiesa cattolica – la più grande e la più complessa comunità religiosa che sia mai esistita, società di estensione universale e di natura soprannaturale per le sue origini e le sue finalità divine -, si è organizzata e continua a svolgere la sua attività per la realizzazione delle sue esigenze religiose e spirituali; in particolare, di quella finalità soprannaturale che è il raggiungimento del Regno di Dio e dell’eterna beatitudine celeste, l’altrimenti detta salus aeterna animarum, suo scopo ultimo e supremo.