Uno scenario assai problematico. Intanto il Regno unito vota alle Europee

di Maria Luisa MENOZZI CANTELE
Avvocato

brexit

Il 29 marzo è trascorso senza che si raggiungesse l’accordo tra l’Uk (Regno unito) e l’Ue (Unione europea) per una “soft Brexit”.

Il Parlamento britannico ha respinto infatti l’intesa faticosamente raggiunta prima del 29 marzo da Theresa May.

L’Unione europea aveva concesso un rinvio fino al 22 maggio, data che precede soltanto di un giorno quella delle elezioni, se Theresa May fosse riuscita a far approvare l’accordo di recesso dal Parlamento inglese.

Se l’intesa fosse respinta per la terza volta dai deputati, l’Uk avrebbe avuto tempo fino al 12 aprile per trovare una soluzione alternativa.

Le possibilità di approvazione da parte di Westminster non sono migliorate e, in prossimità della scadenza del 12 aprile, Teresa May ha chiesto all’Ue un ulteriore rinvio al 30 giugno. Ultimissima notizia: i 27 membri dell’Unione hanno concesso una proroga al 31 ottobre, ultimo giorno in cui la Commissione europea è guidata a Junker, con una clausola di revisione al prossimo giugno. Pertanto l’Uk voterà alle Europee.

Si apre pertanto uno scenario assai problematico per i rapporti tra l’Uk e l’Ue. In un clima di incertezza per le decisioni scadenti nei prossimi mesi che richiedono la maggioranza qualificata (l’unanimità è richiesta per l’approvazione del bilancio settennale che deve avvenire a metà del 2020), senza trascurare lo sconvolgimento nell’assetto dei partiti conservatore e laburista.

Quanto al contenuto degli accordi, il punto più difficile è stato il cosiddetto ”backstop”.

Con la Brexit l’Irlanda del Nord continua ad appartenere all’Uk, mentre l’Irlanda del Sud appartiene all’Ue. Si crea un confine tra le due Irlande con regimi diversi e una situazione di difficile gestione: dazi, norme diverse.

Inoltre, l’Uk uscendo dal mercato comune europeo si troverà in difficoltà nei rapporti di import ed export di prodotti, soprattutto di ordinario consumo da e per i Paesi appartenenti all’Unione; inoltre permangono le opzioni da sottoporre alla maggioranza: Efta (associazione europea di libero scambio) o Norvegia, soft Brexit o un secondo referendum. Conseguenze rilevanti ci saranno anche per la circolazione delle persone, prima libera ed ora resa difficile per la non appartenenza dell’Uk all’Ue.

Indipendentemente dalle questioni pratiche e tecniche, le problematiche sollevate dalla Brexit sono assai rilevanti. L’uscita dell’Uk dall’Ue comporta la rescissione dei legami giuridici, amministrativi, politici, economici e sociali che in questo mezzo secolo di integrazione europea si sono stabiliti tra il Regno unito e l’Ue e che sono alla base della comune cittadinanza europea dalla quale scaturiscono tutele e diritti la cui perdita preoccupa i fautori di una “soft Brexit”.

Lo scenario difficile e intricato che si apre lascia con il fiato sospeso quanti lo osservano preoccupati senza che non vi sia, al momento, una luce chiara all’orizzonte.

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