I sacerdoti ordinati nel 1975, intervistati a 30 anni di distanza, raccontano in un dvd il loro ministero tra la gente. Quattordici storie per parlare di questa vocazione senza banalità e luoghi comuni, ascoltando la loro vita e la loro voce, il gusto di stare tra le persone

di Annamaria BRACCINI
Redazione

Sono tante le frontiere della missione di cui sono ministri, a volte veri e propri “fronti” avanzati, sulla trincea del dolore, del carcere, delle periferie senza un’anima apparente, di una cultura cristiana da proporre in maniera credibile e senza forzature ai giovani, di una cura quotidiana della gente che, forse, è davvero l’esercizio più difficile, ma certo il più amato.
Insomma, ovunque la loro vocazione e ordinazione sacerdotale li abbia portati, da quel sabato assolato e caldo che fu il 7 giugno 1975, quando in Duomo, insieme, dissero il sì definitivo al Signore. E oggi, dopo che il tempo è trascorso, vogliono raccontarli questi anni «passati in un soffio, quasi da non crederci», come dice don Luigi Caldera, guardando il tableau della “agape ’75”, in un bianco e nero un po’ sfuocato. Mentre è coloratissimo, i tutti i sensi, il video (i tempi sono davvero cambiati…) con cui hanno deciso di ritrovarsi, per così dire, in modo multimediale, intitolato appunto Noi preti ordinati insieme, trent’anni dopo.
Un documentario – ma sarebbe meglio definirlo un documento filmato – che apre, al di là delle vicende personali di ciascuno, uno spiraglio sulla Chiesa viva di oggi, con le sue complessità e bellezze. E, per una volta, sentire ciò che può capitare nella «vita in veste», come la definisce uno di loro, sapendo che, naturalmente, la “veste” è quella del cuore nella fedeltà a Cristo e ai fratelli, è interessante e fa comprendere molto.
Anzitutto del ministero che si sperimenta a contatto con le persone, il vero filo rosso, lo story board non dichiarato, ma evidentissimo che lega le testimonianze e i gesti proposti nelle immagini. E così se don Sergio Didoné, a lungo impegnato in un hospice per malati oncologici terminali della Fondazione don Gnocchi, spiega che il suo essere prete è tutto in quel saper portare a chi soffre un messaggio di testimonianza autentica, «che diviene persona nel sacerdote», per don Claudio Scaltritti, la “lezione” arriva dai 10 anni trascorsi in Africa. E, ora che è parroco tra i casermoni e i campetti sterrati della periferia metropolitana, il sogno è lo stesso: là di costruire la comunità cristiana e, tra noi, di ricomporre lo spirito delle “piccole comunità”: quelle dove tutti si sentono responsabili di tutti e non si rischia di essere dimenticati da vivi e, magari, anche da morti in un appartamento anonimo…
Perché «gli uomini per la speranza» – come recita il motto della loro classe – continuano a essere ancora tali e nel video ideato e realizzato da Guido Sagramoso, si vede benissimo. Anche se, anche questo lo si comprende tra le righe, alcuni problemi rimangono aperti e pongono interrogativi urgenti per la coscienza presbiterale: il primo è proprio, forse, la sinergia e il ruolo dei laici. Il popolo di Dio che, anche se tanti sostengono il contrario, ha ancora voglia di ascoltare e chiede il prete, non solo nei momenti della prova o della sofferenza. Una responsabilità di Chiesa condivisa anche se variegata – qui il luogo fisico o le condizioni in cui si esercita il ministero non paiono contare – sentita da ciascuno degli intervistati come la testimonianza di una speranza concreta e di un annuncio di Gesù capace di convincere perché «coraggioso», «onesto», «trasparente» e «vero». Sia che lo si comunichi sfogliando antichi manoscritti nell’Archivio diocesano o immersi nei libri della Biblioteche del Seminario, tra studiosi e studenti, sia che lo si viva nella quotidiana eucaristia con i più piccoli e innocenti o con i detenuti o ancora, celebrando funerali in cui si sente l’umanità del farsi prossimo, sia che si amministri, come vescovi, una porzione dell’amatissima Chiesa ambrosiana. Sono tante le frontiere della missione di cui sono ministri, a volte veri e propri “fronti” avanzati, sulla trincea del dolore, del carcere, delle periferie senza un’anima apparente, di una cultura cristiana da proporre in maniera credibile e senza forzature ai giovani, di una cura quotidiana della gente che, forse, è davvero l’esercizio più difficile, ma certo il più amato.Insomma, ovunque la loro vocazione e ordinazione sacerdotale li abbia portati, da quel sabato assolato e caldo che fu il 7 giugno 1975, quando in Duomo, insieme, dissero il sì definitivo al Signore. E oggi, dopo che il tempo è trascorso, vogliono raccontarli questi anni «passati in un soffio, quasi da non crederci», come dice don Luigi Caldera, guardando il tableau della “agape ’75”, in un bianco e nero un po’ sfuocato. Mentre è coloratissimo, i tutti i sensi, il video (i tempi sono davvero cambiati…) con cui hanno deciso di ritrovarsi, per così dire, in modo multimediale, intitolato appunto Noi preti ordinati insieme, trent’anni dopo.Un documentario – ma sarebbe meglio definirlo un documento filmato – che apre, al di là delle vicende personali di ciascuno, uno spiraglio sulla Chiesa viva di oggi, con le sue complessità e bellezze. E, per una volta, sentire ciò che può capitare nella «vita in veste», come la definisce uno di loro, sapendo che, naturalmente, la “veste” è quella del cuore nella fedeltà a Cristo e ai fratelli, è interessante e fa comprendere molto.Anzitutto del ministero che si sperimenta a contatto con le persone, il vero filo rosso, lo story board non dichiarato, ma evidentissimo che lega le testimonianze e i gesti proposti nelle immagini. E così se don Sergio Didoné, a lungo impegnato in un hospice per malati oncologici terminali della Fondazione don Gnocchi, spiega che il suo essere prete è tutto in quel saper portare a chi soffre un messaggio di testimonianza autentica, «che diviene persona nel sacerdote», per don Claudio Scaltritti, la “lezione” arriva dai 10 anni trascorsi in Africa. E, ora che è parroco tra i casermoni e i campetti sterrati della periferia metropolitana, il sogno è lo stesso: là di costruire la comunità cristiana e, tra noi, di ricomporre lo spirito delle “piccole comunità”: quelle dove tutti si sentono responsabili di tutti e non si rischia di essere dimenticati da vivi e, magari, anche da morti in un appartamento anonimo…Perché «gli uomini per la speranza» – come recita il motto della loro classe – continuano a essere ancora tali e nel video ideato e realizzato da Guido Sagramoso, si vede benissimo. Anche se, anche questo lo si comprende tra le righe, alcuni problemi rimangono aperti e pongono interrogativi urgenti per la coscienza presbiterale: il primo è proprio, forse, la sinergia e il ruolo dei laici. Il popolo di Dio che, anche se tanti sostengono il contrario, ha ancora voglia di ascoltare e chiede il prete, non solo nei momenti della prova o della sofferenza. Una responsabilità di Chiesa condivisa anche se variegata – qui il luogo fisico o le condizioni in cui si esercita il ministero non paiono contare – sentita da ciascuno degli intervistati come la testimonianza di una speranza concreta e di un annuncio di Gesù capace di convincere perché «coraggioso», «onesto», «trasparente» e «vero». Sia che lo si comunichi sfogliando antichi manoscritti nell’Archivio diocesano o immersi nei libri della Biblioteche del Seminario, tra studiosi e studenti, sia che lo si viva nella quotidiana eucaristia con i più piccoli e innocenti o con i detenuti o ancora, celebrando funerali in cui si sente l’umanità del farsi prossimo, sia che si amministri, come vescovi, una porzione dell’amatissima Chiesa ambrosiana. In vendita nelle librerie del centro – Noi preti ordinati insieme, trent’anni dopo è un dvd-documentario. Con le riprese e il montaggio di Guido Sagramoso, il filmato, sintesi di oltre 100 ore di immagini girate, ha la durata di un’ora ed è sottotitolato in italiano per i non udenti. Il costo è 15 euro. Si può acquistare in Arcivescovado di Milano e, sempre in centro città, presso la Libreria San Paolo di piazza del Duomo, all’Àncora di via Bergamini e nella Libreria San Carlo (nell’omonima piazza). Inoltre si può richiedere e prenotare anche attraverso l’indirizzo e-mail info@documentavideo.com, presso il quale si potrà anche inviare i propri commenti e dialogare con l’autore del video. Lo scopo dichiarato dell’opera «è quello di parlare dei preti anche senza dire banalità, anche senza ripetere luoghi comuni, ma ascoltando la loro vita e la loro voce, il loro gusto di stare tra la gente e i loro dubbi». – «Quanto ricevo è molto di più di quanto ho dato»

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