Reddito minimo garantito e cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia. Le proposte del direttore�don Roberto Davanzo al convegno che ha inaugurato l'anno pastorale degli operatori di Caritas Ambrosiana�


Redazione

Il numero di coloro che, trovandosi in equilibrio precario sulla soglia della povertà, sono caduti al di sotto sta continuando a crescere. E poiché le origini di questo fenomeno stanno in una crisi internazionale, anche le Caritas devono, pur continuando ad agire localmente, pensare globalmente. Come? Interrogandosi sulle cause del crescente disagio sociale, promuovendo interventi che sappiano prevenire le situazioni più dirompenti, impegnandosi in una seria azione educativa.
Questo il cuore delle conclusioni tratte domenica 12 settembre alla Villa Sacro Cuore di Triuggio da don Roberto Davanzo alla fine del convegno d’apertura dell’anno pastorale, intitolato “Povertà, una sfida per l’Europa”. Il numero di coloro che, trovandosi in equilibrio precario sulla soglia della povertà, sono caduti al di sotto sta continuando a crescere. E poiché le origini di questo fenomeno stanno in una crisi internazionale, anche le Caritas devono, pur continuando ad agire localmente, pensare globalmente. Come? Interrogandosi sulle cause del crescente disagio sociale, promuovendo interventi che sappiano prevenire le situazioni più dirompenti, impegnandosi in una seria azione educativa.Questo il cuore delle conclusioni tratte domenica 12 settembre alla Villa Sacro Cuore di Triuggio da don Roberto Davanzo alla fine del convegno d’apertura dell’anno pastorale, intitolato “Povertà, una sfida per l’Europa”. Uno sguardo europeo Di fronte a una crisi planetaria è infatti l’Europa il primo teatro d’azione di un impegno caritatevole maturo, capace di scollarsi di dosso ogni “provincialismo”, ogni ripiegamento di basso profilo. Non a caso il documento conclusivo che il direttore legge alla platea di responsabili e collaboratori di Caritas Ambrosiana che il giorno prima avevano ascoltato l’intervento del presidente di Caritas Europa, padre Erny Gillen, riprende i concetti chiave del Poverty Paper, il libro bianco sulla povertà, elaborato dalle Caritas nazionali dei Paesi europei. Identica, infatti, la lettura del fenomeno là dove vengono individuati nel lavoro, nella famiglia e nel sistema di protezione socio-assistenziale, i tre pilastri su cui si regge il benessere e, dunque, i tre ambiti di intervento privilegiati per combattere la povertà.Il lavoro è inteso non solo come mezzo di sostentamento, ma come strumento di promozione umana, secondo la definizione dell’enciclica Laborem Exercens di Giovanni Paolo II, citata nel testo: «mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, “diventa più uomo”».Per quanto riguarda la famiglia, invece, don Davanzo non manca di sottolineare un paradosso tutto italiano. Proprio la famiglia italiana «caratterizzata da forti vincoli affettivi e da generosi meccanismi di sostegno dei propri membri più deboli» – rileva il direttore – finisce per essere «abbandonata a sé stessa proprio nei momenti in cui avrebbe bisogno di aiuto: all’arrivo di un figlio; quando le spese per la crescita si fanno più gravose; quando un anziano perde l’autosufficienza o rimane solo».Le osservazioni più critiche arrivano sullo Stato sociale. «Il welfare che immaginiamo si caratterizza per una chiara distinzione di ruoli e responsabilità, dello Stato, del mercato, del privato sociale, della famiglia, della società civile, del volontariato». Da cui discende anche un no a ogni tentazione da parte delle istituzioni pubbliche verso atteggiamenti deresponsabilizzanti. «Nell’opinione pubblica e nella pubblica amministrazione il mondo del volontariato ha sempre un ruolo di primo piano dal punto di vista del gradimento. Ma appare subito evidente come questo gradimento sia inquinato da un equivoco economico: volontariato è bello, perché costa poco. Il volontariato spesso cede alle lusinghe della pubblica opinione e della pubblica amministrazione; si accontenta di qualche briciola di risorsa che lo illude di essere apprezzato e valorizzato; ma finisce per dimenticare la fondamentale funzione di advocacy che gli compete per svolgere bene il suo servizio». Reddito minimo e cittadinanza agli stranieri Su questo sfondo si colloca l’impegno specifico di Caritas Ambrosiana. Gli operatori e i volontari dei centri di ascolto sono chiamati a stare accanto alle famiglie in difficoltà per continuare a offrire un sostegno concreto, senza lasciarsi sopraffare dallo «scoraggiamento che gli impegni formidabili di questi anni possono portare». Nella relazione si indica però anche un nuovo approccio e nuove forme di solidarietà – i gruppi di auto-mutuo aiuto efficaci nell’intervenire prima che le situazioni esplodano – e la necessità di uno sforzo educativo sul temi della povertà e dell’esclusione sociale nei confronti delle nuove generazioni, una priorità indicata come una vera e propria emergenza anche dai Vescovi italiani nel piano pastorale per il prossimo decennio.Inoltre, proprio perché l’ente ecclesiale della diocesi di Milano deputato alla promozione della carità non intende rinunciare al proprio ruolo, don Davanzo rilancia una proposta già avanzata a marzo, al convegno di lancio in Lombardia della campagna europea “Zero Poverty”, vale a dire la richiesta rivolta alla Regione di istituire una forma di reddito minimo garantito. «Un approccio presente in pressoché tutti i sistemi di welfare europei in cui la corresponsione di un sussidio monetario viene combinata con l’impegno – da parte dei beneficiari – a seguire programmi di reinserimento socio-economico».Proprio perché l’orizzonte evocato non si chiude entro i confini nazionali, non poteva mancare anche un riferimento agli immigrati, tema centrale della seconda giornata. Contro ogni tentazione egoistica, inevitabilmente più forte in tempi di crisi, don Davanzo ricorda che «l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sostiene nel suo ultimo rapporto che i Paesi europei dovrebbero fare ogni sforzo per assistere gli immigrati che hanno perso il posto, garantendo loro gli stessi diritti dei disoccupati locali sia fornendo supporto per cercare lavoro sia aiutandoli con corsi di lingua per integrarsi». E si spinge a chiedere il riconoscimento della cittadinanza per i figli degli stranieri nati in Italia, questione cruciale sollevata anche nel Documento preparatorio alla 46a Settimana Sociale dei cattolici italiani che si terrà a Reggio Calabria 14-17 ottobre. Scelta non più eludibile, se si vuole cogliere il contributo positivo che viene dall’immigrazione.

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