Vita e ambiente tra i temi del discorso del Papa al Corpo diplomatico
Redazione
Rispettare l’«ecologia umana», «consapevoli che anche l’ecologia ambientale ne trarrà beneficio, poiché il libro della natura è uno e indivisibile»: solo così «potremo consolidare la pace, oggi e per le generazioni che verranno». È l’invito rivolto oggi dal Papa nella parte finale del discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, tradizionale appuntamento in cui Benedetto XVI traccia un bilancio dell’anno appena trascorso e delinea le prospettive per quello che si è appena aperto. Il testo-base scelto dal Pontefice per la sua lettura dello scenario internazionale è il messaggio per la Giornata mondiale della pace, che esorta a custodire il creato.
Per «edificare una vera pace», non si può «separare, o addirittura contrapporre la salvaguardia dell’ambiente a quella della vita umana, compresa la vita prima della nascita». Lo ha ribadito il Papa, affermando che «è nel rispetto che la persona umana nutre per se stessa che si manifesta il suo senso di responsabilità verso il creato». Secondo Benedetto XVI, inoltre, «la salvaguardia della creazione implica una corretta gestione delle risorse naturali dei Paesi, in primo luogo, di quelli economicamente svantaggiati», come l’Africa. In Afghanistan ed in alcuni Paesi dell’America Latina, «purtroppo l’agricoltura è ancora legata alla produzione di droga e costituisce una fonte non trascurabile di occupazione e di sostentamento»: «Se si vuole la pace, occorre custodire il creato con la riconversione di tali attività», ha ammonito il Pontefice, chiedendo alla comunità internazionale «che non si rassegni al traffico della droga e ai gravi problemi morali e sociali che essa genera». Rispettare l’«ecologia umana», «consapevoli che anche l’ecologia ambientale ne trarrà beneficio, poiché il libro della natura è uno e indivisibile»: solo così «potremo consolidare la pace, oggi e per le generazioni che verranno». È l’invito rivolto oggi dal Papa nella parte finale del discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, tradizionale appuntamento in cui Benedetto XVI traccia un bilancio dell’anno appena trascorso e delinea le prospettive per quello che si è appena aperto. Il testo-base scelto dal Pontefice per la sua lettura dello scenario internazionale è il messaggio per la Giornata mondiale della pace, che esorta a custodire il creato.Per «edificare una vera pace», non si può «separare, o addirittura contrapporre la salvaguardia dell’ambiente a quella della vita umana, compresa la vita prima della nascita». Lo ha ribadito il Papa, affermando che «è nel rispetto che la persona umana nutre per se stessa che si manifesta il suo senso di responsabilità verso il creato». Secondo Benedetto XVI, inoltre, «la salvaguardia della creazione implica una corretta gestione delle risorse naturali dei Paesi, in primo luogo, di quelli economicamente svantaggiati», come l’Africa. In Afghanistan ed in alcuni Paesi dell’America Latina, «purtroppo l’agricoltura è ancora legata alla produzione di droga e costituisce una fonte non trascurabile di occupazione e di sostentamento»: «Se si vuole la pace, occorre custodire il creato con la riconversione di tali attività», ha ammonito il Pontefice, chiedendo alla comunità internazionale «che non si rassegni al traffico della droga e ai gravi problemi morali e sociali che essa genera». Disarmo e lotta al terrorismo «A quanti fanno parte di gruppi armati di qualsiasi tipo», il Papa ha rinnovato l’appello affinché «abbandonino la strada della violenza e aprano il loro cuore alla gioia della pace». Altro obiettivo da raggiungere per la comunità internazionale, è quello di prendere «decisioni efficaci in vista di un progressivo disarmo, che porti a liberare il pianeta dalle armi nucleari». «All’incapacità delle parti direttamente coinvolte di sottrarsi alla spirale di violenza e di dolore generata da questi conflitti – le parole del Pontefice – si aggiunge l’apparente impotenza degli altri Paesi e delle organizzazioni internazionali a riportare la pace, senza contare l’indifferenza quasi rassegnata dell’opinione pubblica mondiale». Infine, il terrorismo che «mette in pericolo un così gran numero di vite innocenti e provoca un diffuso senso di angoscia». Migranti e cristiani in Medio Oriente «Agire con giustizia, solidarietà e lungimiranza»: questo l’atteggiamento raccomandato dal Papa alle «autorità civili coinvolte a diverso titolo», di fronte all’«esodo» di «quanti abbandonano la propria terra», a causa delle «gravi violenze, unite ai flagelli della povertà e della fame, come pure alle catastrofi naturali e al degrado ambientale». Benedetto XVI ha citato tra le categorie di migranti i cristiani in Medio Oriente, che «colpiti in varie maniere, fin nell’esercizio della loro libertà religiosa, lasciano la terra dei loro padri». «È per offrire loro un sostegno che ho convocato l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente», ha annunciato il Papa, che nella parte finale del discorso ha richiamato ancora una volta israeliani e palestinesi «a dialogare e a rispettare i diritti dell’altro», chiedendo che «sia universalmente riconosciuto il diritto dello Stato di Israele a esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. E che, ugualmente, sia riconosciuto il diritto del popolo palestinese ad una patria sovrana e indipendente, a vivere con dignità e a potersi spostare liberamente». Il Pontefice ha sollecitato infine «il sostegno di tutti perché siano protetti l’identità e il carattere sacro di Gerusalemme». Una «laicità positiva» Le «radici» della situazione internazionale attuale «sono di ordine morale e la questione deve essere affrontata nel quadro di un grande sforzo educativo, per promuovere un effettivo cambiamento di mentalità e instaurare nuovi stili di vita». Ne è convinto il Papa, che ha assicurato: «Di ciò può e vuole essere partecipe la comunità dei credenti, ma perché ciò sia possibile, bisogna che se ne riconosca il ruolo pubblico». Al contrario, «in alcuni Paesi, soprattutto occidentali, si diffondono, negli ambienti politici e culturali, come pure nei mezzi di comunicazione, un sentimento di scarsa considerazione, e, talvolta, di ostilità, per non dire di disprezzo verso la religione, in particolare quella cristiana». Questo accade perché, «se il relativismo è concepito come un elemento costitutivo essenziale della democrazia, si rischia di concepire la laicità unicamente in termini di esclusione o, meglio, di rifiuto dell’importanza sociale del fatto religioso». Tale approccio, però, crea «scontro e divisione, ferisce la pace, inquina l’ecologia umana e, rifiutando, per principio, le attitudini diverse dalla propria, si trasforma in una strada senza uscita». Di qui la necessità di «definire una laicità positiva, aperta, che, fondata su una giusta autonomia tra l’ordine temporale e quello spirituale, favorisca una sana collaborazione e un senso di responsabilità condivisa». È in questa prospettiva che il Papa pensa all’Europa, che deve «saper attingere alle fonti della propria identità cristiana».