Una serata di preghiera nelle sette Zone pastorali della Diocesi
di Pino NARDI
Redazione
Quest’anno alla vigilia del Primo maggio la Diocesi propone la Veglia per il lavoro. Cosa cambia rispetto al passato? «Il cambiamento del nome (da “Veglia dei lavoratori” a “Veglia per il lavoro”) non vuole essere uno stravolgimento della proposta, già ampiamente collaudata nel passato, ma una novità nella continuità – sottolinea mons. Eros Monti, vicario per la Vita sociale della Diocesi -. La novità è rappresentata proprio dal fatto che ci si vuole rivolgere intenzionalmente a tutto il mondo del lavoro: dall’operaio all’alto funzionario, dal dipendente all’imprenditore, da chi ha mansioni puramente esecutive a chi dirigenziali, da chi opera nel sindacato o nell’associazionismo a chi opera nelle istituzioni civili, da chi il lavoro l’ha perduto o non l’ha ancora trovato a chi è attualmente occupato, da chi ne ha cura per ragioni di tipo economico-sociali a chi di tipo pastorale: tutti siamo chiamati ad essere più consapevoli di una realtà che riguarda la persona umana nella sua interezza». «Inoltre, in questo momento storico viviamo un problema sempre più tangibile di mancanza di lavoro a seguito della crisi finanziaria inedita che ha avuto ripercussioni sull’economia reale mondiale – aggiunge don Walter Magnoni, da qualche mese collaboratore della Vita sociale diocesana -. Di fronte a una tale situazione ci è sembrato prioritario porre l’accento sul pregare per il lavoro, ovvero intercedere e affidarci al Signore così come nel tempo della guerra si prega per la pace».
La Diocesi con il Fondo è impegnata da oltre un anno sulla questione del lavoro che manca e sulla solidarietà e vicinanza alle famiglie colpite dalla crisi. Quali frutti sta dando questa attenzione? Dice monsignor Monti: «Il Fondo famiglia-lavoro è stato istituito dal cardinal Tettamanzi non soltanto per rispondere al bisogno delle famiglie in difficoltà a causa della crisi, ma anche per sviluppare una più intensa attenzione educativa ai grandi temi che rappresentano la più consistente, durevole, promettente risposta alla crisi stessa. L’invito dell’Arcivescovo a ripensare i nostri stili di vita personali, familiari e sociali, dai consumi all’impiego delle nostre risorse si pone in questa direzione. A questo scopo molte parrocchie, gruppi, centri culturali hanno dato vita a incontri e percorsi per educare ed educarci a “cambiare vita” anche attraverso un rinnovato relazionarci con gli altri, il creato, i beni, il tempo. Vi è certamente ancora molto da fare, anche per attivare ad esempio maggiore solidarietà proprio nei luoghi di lavoro, ma la direzione intrapresa è quella giusta».
Allora quale contributo sta dando e può dare la Chiesa ambrosiana anche nei confronti delle parti sociali, lavoratori e imprenditori? «I lavoratori si rendono sempre più conto che il lavoro è importante per la persona ed è strettamente legato alla sua dignità e quindi “non è una merce” – sostiene don Magnoni -. Molti episodi delle vertenze sindacali in atto hanno dimostrato l’importanza che il lavoro ha per la persona. Come Chiesa siamo chiamati ad una reale solidarietà con tutto il mondo del lavoro».
Per don Raffaello Ciccone, responsabile della Pastorale del lavoro, «è un aiuto molto profondo quello che sta maturando in parallelo tra lavoratori e imprenditori e li coinvolge nello sforzo di un lavoro più intelligente, collaborativo, solidale e reciprocamente responsabile. Grande attenzione viene posta al lavoro di responsabilità sindacale». Quest’anno alla vigilia del Primo maggio la Diocesi propone la Veglia per il lavoro. Cosa cambia rispetto al passato? «Il cambiamento del nome (da “Veglia dei lavoratori” a “Veglia per il lavoro”) non vuole essere uno stravolgimento della proposta, già ampiamente collaudata nel passato, ma una novità nella continuità – sottolinea mons. Eros Monti, vicario per la Vita sociale della Diocesi -. La novità è rappresentata proprio dal fatto che ci si vuole rivolgere intenzionalmente a tutto il mondo del lavoro: dall’operaio all’alto funzionario, dal dipendente all’imprenditore, da chi ha mansioni puramente esecutive a chi dirigenziali, da chi opera nel sindacato o nell’associazionismo a chi opera nelle istituzioni civili, da chi il lavoro l’ha perduto o non l’ha ancora trovato a chi è attualmente occupato, da chi ne ha cura per ragioni di tipo economico-sociali a chi di tipo pastorale: tutti siamo chiamati ad essere più consapevoli di una realtà che riguarda la persona umana nella sua interezza». «Inoltre, in questo momento storico viviamo un problema sempre più tangibile di mancanza di lavoro a seguito della crisi finanziaria inedita che ha avuto ripercussioni sull’economia reale mondiale – aggiunge don Walter Magnoni, da qualche mese collaboratore della Vita sociale diocesana -. Di fronte a una tale situazione ci è sembrato prioritario porre l’accento sul pregare per il lavoro, ovvero intercedere e affidarci al Signore così come nel tempo della guerra si prega per la pace».La Diocesi con il Fondo è impegnata da oltre un anno sulla questione del lavoro che manca e sulla solidarietà e vicinanza alle famiglie colpite dalla crisi. Quali frutti sta dando questa attenzione? Dice monsignor Monti: «Il Fondo famiglia-lavoro è stato istituito dal cardinal Tettamanzi non soltanto per rispondere al bisogno delle famiglie in difficoltà a causa della crisi, ma anche per sviluppare una più intensa attenzione educativa ai grandi temi che rappresentano la più consistente, durevole, promettente risposta alla crisi stessa. L’invito dell’Arcivescovo a ripensare i nostri stili di vita personali, familiari e sociali, dai consumi all’impiego delle nostre risorse si pone in questa direzione. A questo scopo molte parrocchie, gruppi, centri culturali hanno dato vita a incontri e percorsi per educare ed educarci a “cambiare vita” anche attraverso un rinnovato relazionarci con gli altri, il creato, i beni, il tempo. Vi è certamente ancora molto da fare, anche per attivare ad esempio maggiore solidarietà proprio nei luoghi di lavoro, ma la direzione intrapresa è quella giusta».Allora quale contributo sta dando e può dare la Chiesa ambrosiana anche nei confronti delle parti sociali, lavoratori e imprenditori? «I lavoratori si rendono sempre più conto che il lavoro è importante per la persona ed è strettamente legato alla sua dignità e quindi “non è una merce” – sostiene don Magnoni -. Molti episodi delle vertenze sindacali in atto hanno dimostrato l’importanza che il lavoro ha per la persona. Come Chiesa siamo chiamati ad una reale solidarietà con tutto il mondo del lavoro».Per don Raffaello Ciccone, responsabile della Pastorale del lavoro, «è un aiuto molto profondo quello che sta maturando in parallelo tra lavoratori e imprenditori e li coinvolge nello sforzo di un lavoro più intelligente, collaborativo, solidale e reciprocamente responsabile. Grande attenzione viene posta al lavoro di responsabilità sindacale». Un maggior lavoro di “rete” Ma l’emergenza lavoro è sufficientemente al centro dell’attenzione delle istituzioni pubbliche? «Di fronte alla gravità della crisi abbiamo constatato un accrescersi di attenzione e d’impegno da parte delle istituzioni pubbliche – risponde Lorenzo Cantù, figura storica dell’impegno dei cristiani nel mondo del lavoro -. Lo Stato è intervenuto attraverso la cassa integrazione ordinaria e speciale, invece altre istituzioni come Regione, Provincia e alcuni Comuni hanno integrato l’aiuto tramite un tipo d’intervento prevalentemente di ordine economico a favore dei lavoratori licenziati e bisognosi. Pur apprezzando questo tipo d’interventi, bisogna riconoscere che finora si è restati soprattutto entro la sfera assistenziale. Perciò auspichiamo un maggiore lavoro di rete per attivare una seria progettualità in grado di affrontare le conseguenze della crisi. Un esempio che le istituzioni possono attuare ai fini occupazionali è quello delle attività legate ai servizi socialmente utili. La cassa integrazione, come purtroppo solo raramente avviene, potrebbe essere accompagnata da un aggiornamento di competenze o scuole professionali che aprano maggiori orizzonti e possano riqualificare le persone e l’azienda stessa in caso dovesse continuare il proprio lavoro».Le comunità cristiane come vivono il tema del lavoro? E cosa devono fare per promuovere questa sensibilità nella pastorale ordinaria? «Dal momento che da oltre un anno le parrocchie e i decanati sono impegnati a favore di molte famiglie in difficoltà – sottolinea don Ciccone -, sta sorgendo una maggiore attenzione ai problemi del lavoro che altrimenti continuano ad essere marginalizzati nella pastorale ordinaria. Si registra infatti una fatica a inserire la problematica della quotidianità, legata alla dimensione sociale, alla dinamica della spiritualità così come viene normalmente proposta nelle parrocchie».«L’iniziativa del Fondo ha sensibilizzato le comunità cristiane sull’importanza che il lavoro ha per la persona – continua don Giulio Viganò, collaboratore dell’Ufficio di Pastorale del lavoro – per esempio attraverso la promozione d’incontri sul tema del lavoro. Purtroppo tante volte si rimane insensibili ad alcuni problemi finché non si è toccati direttamente. Laddove il territorio è stato colpito fortemente dalla crisi, pensiamo ad esempio al Vimercatese, abbiamo assistito a una mobilitazione solidale di tutto il decanato, non solo per gli aiuti economici ma anche per la difesa dei posti di lavoro».