Ieri il cardinale Tettamanzi ha celebrato la Messa a conclusione della visita pastorale. Parla il decano don Amati

di Cristina CONTI
Redazione

Ieri, presso la parrocchia San Giuseppe dei Morenti, il cardinale Tettamanzi ha celebrato la Messa a conclusione della visita pastorale nel Decanato di Turro. Ne parliamo con il decano don Franco Amati.

Quali sono le caratteristiche e come vedete i problemi della vostra zona?
Solitudine, paura, indifferenza, problemi economici, di salute, di convivenza indicano che il vero problema è una crisi di appartenenza e una conoscenza difettosa della realtà come se fosse senza radici. E questa domanda di senso richiede una risposta esauriente. Questa risposta c’è: Cristo risorto presente qui e ora. Noi siamo cristiani se condividiamo con tutti la grazia di questa risposta e quando penso alla mia gente mi viene voglia di poter abbracciare ogni persona, perché siamo fatti di e per questo abbraccio che è capace di farci risorgere. Per questo siamo affezionati a Gesù e alla Chiesa e sentiamo che la sfida più urgente è rendere possibile questo incontro e questa compagnia in tutti gli ambiti di vita.

Qual è la situazione dei giovani?
Al di là di ogni retorica, c’è l’urgenza di trasmettere la fede alle giovani generazioni. Questo compito, che viene svolto da chi è loro più vicino (coadiutori, insegnanti, catechisti..), deve essere sentito proprio di tutta la comunità e risulta più efficace in presenza di testimonianze adulte significative. La realtà giovanile è problematica, ma ci sono segni promettenti ed esperienze già in atto in parrocchie, associazioni e movimenti da valorizzare. La nostra preoccupazione è quella di seminare bene e di valorizzare famiglie e ambiti formativi reali.

Cosa significa per voi l’impegno nel sociale?
Significa non fermare la carità con cui siamo voluti bene e consiste nel condividere ciò che abbiamo di più caro, facendoci prossimi all’altro nel suo bisogno concreto. Anche l’impegno sociale e politico è di questa carità tentativo di espressione, sempre correggibile e spesso non misurabile in base ai parametri del mondo. Vivendo con la gente, ne cogliamo il sentire comune, cerchiamo di individuare le esigenze vere, e di riconoscere e valorizzare le forme di risposta già presenti perché siano sussidiate se sono per il bene comune, di stimolare le iniziative delle persone in grado di agire o di richiedere le responsabilità delle istituzioni competenti.

Immigrati: com’è la situazione nel vostro decanato?
Il fenomeno dell’immigrazione è una realtà che tocca da vicino tutte le nostre parrocchie, e in alcune assume una consistenza enorme. Occorre riconoscere che siamo ancora poco attrezzati per affrontarla in modo adeguato. Ogni situazione merita una considerazione particolare e adeguata: un conto sono le famiglie che cercano di mettersi in relazione con la realtà circostante, un conto sono i singoli con cui sono più difficili o meno frequenti le occasioni di contatto. Il prezioso apporto, anche se iniziale, delle nostre parrocchie è quello di esporsi a un rapporto personale con queste persone partendo da quelle occasioni che ci mettono insieme (incontri occasionali, frequenza alla Messa, richieste al Centro di ascolto, battesimi, catechismi, oratorio…). Queste occasioni, insieme con altre iniziative organizzate, di scuola e di convivenza, hanno incrementato processi di conoscenza per una convivenza positiva.

Passiamo agli anziani: sono molto presenti da voi? E quali sono i loro problemi?
La nostra è una zona che presenta un’alta percentuale di popolazione anziana. Impegnati come nonni o dediti a varie attività ricreative e di volontariato, sono anche molti gli anziani che prestano la loro opera generosa e affezionata nelle nostre parrocchie. Altri soffrono una solitudine spesso acuita dall’estraneità dei vicini di casa e dal disagio della malattia, visitati dai figli o assistiti a casa dalle badanti. Cerchiamo di farli sentire parte di una comunità che si ricorda di loro.

Crisi economica: come va nelle vostre parrocchie?
In ognuna di esse c’è una tradizione di carità pratica. C’è in atto anche nel nostro decanato l’operazione Fondo famiglia-lavoro promosso dal Cardinale. Registriamo un aumento di chi richiede aiuto per alimenti, indumenti, e si rivolge ai Centri d’ascolto, alla Caritas, alle Acli e ai Centri di solidarietà. È molto di aiuto la realtà del Banco alimentare. Accompagnare le persone nel bisogno diventa occasione di ricostruzione dell’io, educato alla gratuità e al senso della responsabilità: accade così che alcuni di coloro che sono stati aiutati, quando non hanno più bisogno, desiderano dare una mano agli altri. Ieri, presso la parrocchia San Giuseppe dei Morenti, il cardinale Tettamanzi ha celebrato la Messa a conclusione della visita pastorale nel Decanato di Turro. Ne parliamo con il decano don Franco Amati.Quali sono le caratteristiche e come vedete i problemi della vostra zona?Solitudine, paura, indifferenza, problemi economici, di salute, di convivenza indicano che il vero problema è una crisi di appartenenza e una conoscenza difettosa della realtà come se fosse senza radici. E questa domanda di senso richiede una risposta esauriente. Questa risposta c’è: Cristo risorto presente qui e ora. Noi siamo cristiani se condividiamo con tutti la grazia di questa risposta e quando penso alla mia gente mi viene voglia di poter abbracciare ogni persona, perché siamo fatti di e per questo abbraccio che è capace di farci risorgere. Per questo siamo affezionati a Gesù e alla Chiesa e sentiamo che la sfida più urgente è rendere possibile questo incontro e questa compagnia in tutti gli ambiti di vita.Qual è la situazione dei giovani?Al di là di ogni retorica, c’è l’urgenza di trasmettere la fede alle giovani generazioni. Questo compito, che viene svolto da chi è loro più vicino (coadiutori, insegnanti, catechisti..), deve essere sentito proprio di tutta la comunità e risulta più efficace in presenza di testimonianze adulte significative. La realtà giovanile è problematica, ma ci sono segni promettenti ed esperienze già in atto in parrocchie, associazioni e movimenti da valorizzare. La nostra preoccupazione è quella di seminare bene e di valorizzare famiglie e ambiti formativi reali.Cosa significa per voi l’impegno nel sociale?Significa non fermare la carità con cui siamo voluti bene e consiste nel condividere ciò che abbiamo di più caro, facendoci prossimi all’altro nel suo bisogno concreto. Anche l’impegno sociale e politico è di questa carità tentativo di espressione, sempre correggibile e spesso non misurabile in base ai parametri del mondo. Vivendo con la gente, ne cogliamo il sentire comune, cerchiamo di individuare le esigenze vere, e di riconoscere e valorizzare le forme di risposta già presenti perché siano sussidiate se sono per il bene comune, di stimolare le iniziative delle persone in grado di agire o di richiedere le responsabilità delle istituzioni competenti.Immigrati: com’è la situazione nel vostro decanato?Il fenomeno dell’immigrazione è una realtà che tocca da vicino tutte le nostre parrocchie, e in alcune assume una consistenza enorme. Occorre riconoscere che siamo ancora poco attrezzati per affrontarla in modo adeguato. Ogni situazione merita una considerazione particolare e adeguata: un conto sono le famiglie che cercano di mettersi in relazione con la realtà circostante, un conto sono i singoli con cui sono più difficili o meno frequenti le occasioni di contatto. Il prezioso apporto, anche se iniziale, delle nostre parrocchie è quello di esporsi a un rapporto personale con queste persone partendo da quelle occasioni che ci mettono insieme (incontri occasionali, frequenza alla Messa, richieste al Centro di ascolto, battesimi, catechismi, oratorio…). Queste occasioni, insieme con altre iniziative organizzate, di scuola e di convivenza, hanno incrementato processi di conoscenza per una convivenza positiva.Passiamo agli anziani: sono molto presenti da voi? E quali sono i loro problemi?La nostra è una zona che presenta un’alta percentuale di popolazione anziana. Impegnati come nonni o dediti a varie attività ricreative e di volontariato, sono anche molti gli anziani che prestano la loro opera generosa e affezionata nelle nostre parrocchie. Altri soffrono una solitudine spesso acuita dall’estraneità dei vicini di casa e dal disagio della malattia, visitati dai figli o assistiti a casa dalle badanti. Cerchiamo di farli sentire parte di una comunità che si ricorda di loro.Crisi economica: come va nelle vostre parrocchie?In ognuna di esse c’è una tradizione di carità pratica. C’è in atto anche nel nostro decanato l’operazione Fondo famiglia-lavoro promosso dal Cardinale. Registriamo un aumento di chi richiede aiuto per alimenti, indumenti, e si rivolge ai Centri d’ascolto, alla Caritas, alle Acli e ai Centri di solidarietà. È molto di aiuto la realtà del Banco alimentare. Accompagnare le persone nel bisogno diventa occasione di ricostruzione dell’io, educato alla gratuità e al senso della responsabilità: accade così che alcuni di coloro che sono stati aiutati, quando non hanno più bisogno, desiderano dare una mano agli altri. Le 12 parrocchie – Il Decanato di Turro si estende da Loreto a Cascina Gobba, comprende 12 realtà parrocchiali tra loro diverse, punto di riferimento per più di 93 mila persone. Comprende le comunità di Cristo Re, Gesù a Nazaret, S. Basilio, S. Domenico Savio, S. Gabriele Arcangelo in Mater Dei, S. Giovanni Crisostomo, S. Giuseppe dei Morenti, S. Maria Assunta in Turro, S. Maria Beltrade, S. Maria Rossa in Crescenzago, S. Michele Arcangelo in Precotto, S. Teresa del Bambin Gesù. A Turro è già attiva una Comunità pastorale "S. Maria Beltrade e S. Gabriele" che coinvolge le due parrocchie. – Aiutare i giovaniad allargare gli orizzonti – Photogallery

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