Sabato 20 febbraio, alle 15, nella chiesa di S. Bernardino a Milano, la Comunità di S. Egidio invita le persone che vivono per strada e i volontari delle diverse associazioni che operano a Milano a favore dei clochard
di Luisa BOVE
Redazione
Ogni anno il freddo semina morti a Milano, ma la Comunità di Sant’Egidio non ci sta a dimenticare i senza fissa dimora, che senza tanto clamore escono di scena vittime dei rigidi inverni meneghini. Per questo, sabato 20 febbraio, alle 15, presso la chiesa di S. Bernardino (via Lanzone 13). gli amici di S. Egidio celebrano una “liturgia della memoria” invitando le persone che vivono per strada e tutti i volontari delle diverse associazioni che operano a Milano a favore dei senza fissa dimora. Al termine della celebrazione ogni partecipante riceverà una gerbera colorata e un’immagine con la preghiera. Ogni anno, spiegano gli organizzatori, «la Comunità mantiene vivo il ricordo, dando a chi è in strada la grande certezza e consolazione che nessuno sarà dimenticato». All’iniziativa partecipano sempre tanti clochard, sapendo di essere «amati e ricordati». Durante la celebrazione saranno pronunciati i nomi delle persone che Sant’Egidio ha conosciuto in tanti anni di servizio, «per fare memoria di tutti uno per uno». Anche le altre associazioni stanno inviando i nominativi delle persone scomparse che avevano assistito.
Dal 2002 i volontari della Comunità assistono circa 200 barboni di Milano per quattro sere alla settimana attraverso il servizio di quattro unità mobili che operano in tre zone della città: in centro e alle Stazioni di Garibaldi e Cadorna. «Quest’anno il servizio è molto cresciuto – dice Ulderico Maggi – e ora coinvolge una sessantina di volontari impegnati a cucinare, reperire viveri, raccogliere indumenti e distribuire generi di prima necessità».
Sant’Egidio, che collabora con altri enti e organizzazioni, seppure in via informale svolge ora anche un ruolo di coordinamento convocando una volta al mese rappresentanti di diverse unità mobili. Agli incontri per definire modalità e stile degli interventi partecipano Caritas, Croce Rossa, Ronda della carità, Progetto Diogene, Casa di Gastone, Fratelli di San Francesco e altri ancora.
La sensibilità verso i poveri sta aumentando, assicura Maggi, ma occorre continuare a diffondere un certo tipo di cultura nella società civile. L’attenzione agli ultimi non ammette deleghe e non può essere considerato per “addetti ai lavori”. «Ci sono tanti modi per esprimere vicinanza ai poveri – dice Maggi – e i cristiani per primi devono misurarsi con questa realtà».
Le storie sono tante e tutte diverse. F. per esempio vive in strada da pochi mesi, ogni sera dorme in un luogo diverso della città e ogni mattina va a lavorare. È separato dalla moglie, ma il dolore più grande è di non poter vedere la figlia. G. ha 82 anni e dormiva sulle panchine della stazione. Dopo una crisi respiratoria e 5 giorni di coma si è lasciato convincere ad accettare di vivere in una struttura per anziani. F. è un rumeno di 20 anni. Arrivato in Italia da bambino e sfruttato ha poi vissuto in una comunità per minori fino alla maggiore età. A Milano è finito per strada, poi grazie ai volontari ha realizzato il suo sogno ed è entrato in una squadra di calcio. Intanto ha trovato un lavoretto e ora vive in un alloggio messo a disposizione da un’associazione.
La Comunità di Sant’Egidio vorrebbe che cambiasse lo sguardo nei confronti dei senza fissa dimora come pure il linguaggio spesso poco rispettoso della dignità delle persone. Considerare «irriducibili» quelli che rifiutano un letto al dormitorio (oggi in realtà non c’è neppure un posto libero) è sbagliato perché non bisogna dimenticare che si tratta a volte di disadattati, malati psichici e stranieri senza permesso di soggiorno. Né possono essere considerati «invisibili», perché i poveri sono sotto gli occhi di tutti: «La verità è che danno fastidio e si vorrebbe ignorarli». Ogni anno il freddo semina morti a Milano, ma la Comunità di Sant’Egidio non ci sta a dimenticare i senza fissa dimora, che senza tanto clamore escono di scena vittime dei rigidi inverni meneghini. Per questo, sabato 20 febbraio, alle 15, presso la chiesa di S. Bernardino (via Lanzone 13). gli amici di S. Egidio celebrano una “liturgia della memoria” invitando le persone che vivono per strada e tutti i volontari delle diverse associazioni che operano a Milano a favore dei senza fissa dimora. Al termine della celebrazione ogni partecipante riceverà una gerbera colorata e un’immagine con la preghiera. Ogni anno, spiegano gli organizzatori, «la Comunità mantiene vivo il ricordo, dando a chi è in strada la grande certezza e consolazione che nessuno sarà dimenticato». All’iniziativa partecipano sempre tanti clochard, sapendo di essere «amati e ricordati». Durante la celebrazione saranno pronunciati i nomi delle persone che Sant’Egidio ha conosciuto in tanti anni di servizio, «per fare memoria di tutti uno per uno». Anche le altre associazioni stanno inviando i nominativi delle persone scomparse che avevano assistito.Dal 2002 i volontari della Comunità assistono circa 200 barboni di Milano per quattro sere alla settimana attraverso il servizio di quattro unità mobili che operano in tre zone della città: in centro e alle Stazioni di Garibaldi e Cadorna. «Quest’anno il servizio è molto cresciuto – dice Ulderico Maggi – e ora coinvolge una sessantina di volontari impegnati a cucinare, reperire viveri, raccogliere indumenti e distribuire generi di prima necessità».Sant’Egidio, che collabora con altri enti e organizzazioni, seppure in via informale svolge ora anche un ruolo di coordinamento convocando una volta al mese rappresentanti di diverse unità mobili. Agli incontri per definire modalità e stile degli interventi partecipano Caritas, Croce Rossa, Ronda della carità, Progetto Diogene, Casa di Gastone, Fratelli di San Francesco e altri ancora.La sensibilità verso i poveri sta aumentando, assicura Maggi, ma occorre continuare a diffondere un certo tipo di cultura nella società civile. L’attenzione agli ultimi non ammette deleghe e non può essere considerato per “addetti ai lavori”. «Ci sono tanti modi per esprimere vicinanza ai poveri – dice Maggi – e i cristiani per primi devono misurarsi con questa realtà».Le storie sono tante e tutte diverse. F. per esempio vive in strada da pochi mesi, ogni sera dorme in un luogo diverso della città e ogni mattina va a lavorare. È separato dalla moglie, ma il dolore più grande è di non poter vedere la figlia. G. ha 82 anni e dormiva sulle panchine della stazione. Dopo una crisi respiratoria e 5 giorni di coma si è lasciato convincere ad accettare di vivere in una struttura per anziani. F. è un rumeno di 20 anni. Arrivato in Italia da bambino e sfruttato ha poi vissuto in una comunità per minori fino alla maggiore età. A Milano è finito per strada, poi grazie ai volontari ha realizzato il suo sogno ed è entrato in una squadra di calcio. Intanto ha trovato un lavoretto e ora vive in un alloggio messo a disposizione da un’associazione.La Comunità di Sant’Egidio vorrebbe che cambiasse lo sguardo nei confronti dei senza fissa dimora come pure il linguaggio spesso poco rispettoso della dignità delle persone. Considerare «irriducibili» quelli che rifiutano un letto al dormitorio (oggi in realtà non c’è neppure un posto libero) è sbagliato perché non bisogna dimenticare che si tratta a volte di disadattati, malati psichici e stranieri senza permesso di soggiorno. Né possono essere considerati «invisibili», perché i poveri sono sotto gli occhi di tutti: «La verità è che danno fastidio e si vorrebbe ignorarli». – – Nuova guida di Sant’Egidio