Per la crescita delle nuove generazioni

di Alberto CAMPOLEONI
Redazione

In vista delle scelte per il prossimo anno scolastico, con le iscrizioni da effettuare all’inizio del 2011, la Presidenza della Conferenza episcopale, come di consueto, ha pubblicato un messaggio per invitare a scegliere l’Insegnamento della religione cattolica. Come è noto, infatti, l’Irc va scelto da genitori o studenti (nelle superiori), in osservanza della normativa neoconcordataria.
Ancora una volta, la Chiesa scommette sull’Irc inteso come occasione preziosa all’interno dei percorsi scolastici della scuola di tutti. «Permette – scrive la Presidenza della Cei – di affrontare le questioni inerenti il senso della vita e il valore della persona alla luce della Bibbia e della tradizione cristiana”. Contribuisce così fattivamente e in modo specifico al compito scolastico di promuovere l’educazione integrale della persona. Ancora, si legge nel messaggio, l’Irc “può aiutare i giovani a interrogarsi e riflettere, per elaborare un progetto di vita capace di arricchire la loro formazione, con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell’esistenza, stimolandoli a interpretare correttamente il contesto storico, culturale e umano della società, in vista del loro coinvolgimento nella costruzione della convivenza umana».
L’Irc, che in questi anni ha mantenuto uno stretto contatto con le trasformazioni della scuola italiana, curando di rispondere in modo adeguato alle rinnovate esigenze formative, è un insegnamento confessionale, secondo le normative, ancorché pienamente scolastico: concorre cioè al raggiungimento delle finalità della scuola di tutti, pur nelle modalità pattizie di realizzazione. Ancora oggi si discute molto su queste caratteristiche dell’Irc italiano, per le quali, ad esempio, è prevista la possibilità di avvalersi o non avvalersi da parte di genitori e studenti. Si discute anche in modo polemico, non di rado attribuendo alla Chiesa intenzioni catechistiche e di indottrinamento che francamente sono superate dalle normative e dalla storia. Senza entrare nel merito, vale però la pena di ampliare un momento lo sguardo e ricordare che proprio la modalità confessionale – sempre, ben inteso, avendo a cuore un insegnamento scolastico e non catechistico – è ampiamente diffusa e apprezzata anche in Europa, pur con significative differenze nei diversi Paesi. Lo dimostra, tra l’altro, la recente ricerca effettuata dal Consiglio delle conferenze episcopali dl’Europa e dalla stessa Cei. Non solo: sono in corso studi e approfondimenti nel nostro continente proprio sul rapporto tra confessionalità e compito educativo, con sottolineature sulla possibilità/capacità della stessa dimensione confessionale di interagire in modo efficace nei percorsi educativi.
Quella che per molti è stata “l’anomalia italiana”, in realtà tanto anomala non è. E anzi, proprio la riflessione, ampia ed approfondita promossa nel nostro Paese sui temi dell’Irc, una riflessione che continua, costituisce di fatto un utile punto di riferimento anche per altre realtà e situazioni. In vista delle scelte per il prossimo anno scolastico, con le iscrizioni da effettuare all’inizio del 2011, la Presidenza della Conferenza episcopale, come di consueto, ha pubblicato un messaggio per invitare a scegliere l’Insegnamento della religione cattolica. Come è noto, infatti, l’Irc va scelto da genitori o studenti (nelle superiori), in osservanza della normativa neoconcordataria.Ancora una volta, la Chiesa scommette sull’Irc inteso come occasione preziosa all’interno dei percorsi scolastici della scuola di tutti. «Permette – scrive la Presidenza della Cei – di affrontare le questioni inerenti il senso della vita e il valore della persona alla luce della Bibbia e della tradizione cristiana”. Contribuisce così fattivamente e in modo specifico al compito scolastico di promuovere l’educazione integrale della persona. Ancora, si legge nel messaggio, l’Irc “può aiutare i giovani a interrogarsi e riflettere, per elaborare un progetto di vita capace di arricchire la loro formazione, con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell’esistenza, stimolandoli a interpretare correttamente il contesto storico, culturale e umano della società, in vista del loro coinvolgimento nella costruzione della convivenza umana».L’Irc, che in questi anni ha mantenuto uno stretto contatto con le trasformazioni della scuola italiana, curando di rispondere in modo adeguato alle rinnovate esigenze formative, è un insegnamento confessionale, secondo le normative, ancorché pienamente scolastico: concorre cioè al raggiungimento delle finalità della scuola di tutti, pur nelle modalità pattizie di realizzazione. Ancora oggi si discute molto su queste caratteristiche dell’Irc italiano, per le quali, ad esempio, è prevista la possibilità di avvalersi o non avvalersi da parte di genitori e studenti. Si discute anche in modo polemico, non di rado attribuendo alla Chiesa intenzioni catechistiche e di indottrinamento che francamente sono superate dalle normative e dalla storia. Senza entrare nel merito, vale però la pena di ampliare un momento lo sguardo e ricordare che proprio la modalità confessionale – sempre, ben inteso, avendo a cuore un insegnamento scolastico e non catechistico – è ampiamente diffusa e apprezzata anche in Europa, pur con significative differenze nei diversi Paesi. Lo dimostra, tra l’altro, la recente ricerca effettuata dal Consiglio delle conferenze episcopali dl’Europa e dalla stessa Cei. Non solo: sono in corso studi e approfondimenti nel nostro continente proprio sul rapporto tra confessionalità e compito educativo, con sottolineature sulla possibilità/capacità della stessa dimensione confessionale di interagire in modo efficace nei percorsi educativi.Quella che per molti è stata “l’anomalia italiana”, in realtà tanto anomala non è. E anzi, proprio la riflessione, ampia ed approfondita promossa nel nostro Paese sui temi dell’Irc, una riflessione che continua, costituisce di fatto un utile punto di riferimento anche per altre realtà e situazioni.

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