Martini: «Perchè ho scelto di vivere a Gerusalemme? Qui posso dedicare molto tempo alla preghiera. Anzitutto per la Diocesi di Milano che considero ancora la mia Diocesi, la mia famiglia»

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Era la sera del 12 luglio 1959. Da Amman, attraversando il deserto e il fiume Giordano, padre Carlo Maria Martini giungeva a Gerusalemme e l’indomani, nel settimo anniversario della sua prima Messa, alle quattro del mattino, celebrava l’Eucaristia al S. Sepolcro. «Fu proprio in quel momento che ebbi una folgorazione sulla risurrezione di Cristo», ha confessato. Quell’incontro con la Città Santa fu una sorta di inizio assoluto nella vita del Cardinale perché – è ancora lui a dichiararlo – è stato come il «ricevere un’appartenenza che era un dono dall’alto», una celebrazione del primato della grazia divina.
È per questo che Gerusalemme è “in principio” nella biografia spirituale di Martini. Le altre due città della sua esistenza sono segni di una risposta: Roma è la sede dell’esperienza intellettuale nella ricerca attraverso lo studio e l’insegnamento all’Università Gregoriana, mentre Milano è il luogo dell’esperienza della carità, del ministero, della relazione con gli altri, della dedizione pastorale. Ma alla sorgente c’è sempre Gerusalemme.
«In ogni giorno del mio soggiorno a Gerusalemme – ha confessato il Cardinale – vorrei partecipare alla processione dei Francescani nel S. Sepolcro, in una specie di rimemorazione della passione, morte e risurrezione di Gesù». Sarà proprio così che la residenza in una città pur affascinante si trasformerà in “sogno”, cioè in una pregustazione della vita nella città senza morte, lutto, lamento, affanno, ove tutte le realtà sono nuove e ogni lacrima è cancellata, la città della nostra speranza e dell’intimità con Dio.

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